La sconfitta subita ieri contro Dominic Thiem nei quarti di finale del Roland Garros ha chiuso un cerchio per Novak Djokovic. Dalla Coppa dei Moschettieri alzata per la prima volta nel 2016, con tanto di Career Grand Slam completato, al terzo set contro l'austriaco. Un 6-0 che completa un anno da incubo, proprio là dove tutto era cominciato. Già, perchè, da Parigi a Parigi, in dodici mesi il mondo del campione serbo si è ribaltato.
Solo una stagione fa Nole era l'indiscusso padrone del tennis. Poi, proprio il trionfo al Roland Garros ha cambiato l'atteggiamento del serbo, parso sempre meno affamato e concentrato sugli obiettivi di gioco. Eliminazione al terzo turno di Wimbledon contro Sam Querrey, k.o. alle Olimpiadi con Del Potro, finale persa agli US Open con Wawrinka, prima posizione nel ranking ATP e Finals di Londra lasciate ad Andy Murray, Australian Open da comparsa (eliminato da Denis Istomin). Un bilancio horror per chi aveva dominato in lungo e in largo gli ultimi anni del circuito maschile. In mezzo qualche squillo isolato, come i successi a Toronto e Doha, ma mai quella continuità che aveva caratterizzato i trionfi del cannibale. Calato atleticamente, Djokovic ha perso via via fiducia in se stesso, nei suoi colpi da fondo campo, una ragnatela insuperabile divenuta improvvisamente un cedevole muro contro cui gli avversari hanno imperversato. Neanche un doppio cambio di staff tecnico (prima fuori Boris Becker, poi Marjan Vajda e gli altri storici componenti) sono stati d'aiuto. L'arruolamento part-time di Andre Agassi per il Roland Garros è parsa più un'operazione di training autogeno che una convinta svolta tecnica. Dall'equilibrio al caos, dunque. Ora spetta a Nole rimettersi in carreggiata, perchè la strada da percorrere è ancora lunga. Il diretto interessato non si nasconde, anzi parla in maniera chiara in conferenza stampa: "Fidatevi - le sue parole dopo il k.o. con Thiem - negli ultimi mesi ho pensato a diverse soluzioni. Ora cercherò di fare ciò che è più giusto per me. Come tutti sapete, ci sono stati molti cambiamenti all'interno del mio team. Sono entusiasta di lavorare con Andre (Agassi, ndr) e con nuovi collaboratori, ma allo stesso tempo ho una responsabilità nei confronti del gioco e delle altre persone che mi seguono".
Pausa e nuovo coach sono due delle prospettive che aleggiano sul futuro a breve termine di Djokovic. Difficile che si concretizzi la prima, mentre sulla seconda rimane l'ombra di Agassi, consulente part-time della cui collaborazione nessuno ha ancora ben compreso la portata. "Vedremo, fermarsi non è una decisione facile da prendere - ha proseguito Nole - ora ho intenzione di capire davvero come mi sento. Dopo la fine del Roland Garros tirerò le somme e deciderò il da farsi. Ma non provate a inserire Andre nei miei problemi. Il terzo set contro Thiem è dipeso solo da me, francamente non mi sarei aspettato di poter giocare così male. No, non avrei mai pensato a una conclusione del genere. La realtà è che ho perso solidità, consistenza nei risultati, ed è una sensazione che continuo ad avvertire. Ogni tanto gioco una o due grandi partite, e poi ricasco in prestazioni di segno opposto. E' esattamente ciò che è accaduto oggi (ieri, ndr) con Thiem. Ma si tratta di momenti che vanno e vengono, come atleta devo essere capace di accettarli e di utilizzarli da stimolo per svoltare". Lo stesso Djokovic ha fatto presente alla stampa che sarebbe difficile prendersi una pausa in un momento così delicato della stagione, in cui la fase del tennis su erba è imminente, con il torneo di Wimbledon al via il prossimo 3 luglio. Nole non ha mai preparato in maniera specifica i Championships, saltando spesso gli appuntamenti tedeschi (Halle, ora anche Stoccarda) e inglesi (Queen's) sui prati verdi. Quest'anno non dovrebbe fare eccezione, a meno che la sua tipica sosta dopo Parigi non si trasformi in una pausa di riflessione, in cui ricaricare le batterie e decidere quale direzione tecnica prendere.