La finale di domani degli Australian Open 2016 vedrà opposti per la trentunesima volta in carriera Novak Djokovic e Andy Murray, rispettivamente numeri uno e due della classifica Atp. Il serbo e lo scozzese scriveranno così un'altra pagina del capitolo di una rivalità che risale ai tempi in cui erano juniores, essendo nati a sette giorni di distanza l'uno dall'altro (entrambi nel maggio 1987). A ventott'anni, i due sono attualmente al top delle proprie carriere, per evoluzione tecnica e capacità di resistenza atletica, con molti scontri diretti già alle spalle. Hanno finalmente scalfito l'egemonia di Roger Federer e Rafa Nadal, nonostante lo spagnolo sia quasi loro coetaneo (ma più precoce e quindi più usurato) nella top two dei tennisti più continui al mondo. Tra i due è però è Djokovic il giocatore ad aver raccolto più successi, sia in termini di tornei dello Slam vinti (dieci contro due) che di settimane da leader incontrastato del circuito maschile.
Trenta precedenti dovrebbero costituire una buona base per una rivalità, soprattutto per due giocatori dalla parabola agonistica simile, schizzata verso l'alto dopo qualche difficoltà iniziale. Eppure si fa fatica a parlare di vera e propria rivalità, un po' perchè Nole è avanti 21-9 nelle gare già disputate, un po' perchè tra i due non c'è contrasto di stili. Troppo simile il loro tennis per orientare il pubblico da una parte o dall'altra, e ancora troppo celebrati Federer e Nadal per immaginare che Djokovic-Murray sia la finale che tutti gli appassionati attendono come esito di un grande torneo. Il loro primo match da professionisti risale ormai a dieci anni fa, sulla terra rossa di Madrid, e fu il serbo ad aggiudicarselo, così come i successivi tre incontri (Indian Wells, Miami e Montecarlo tra il 2007 e il 2008). La prima vittoria di Murray è datata invece agosto 2008, quarti di finale a Toronto.
I loro incroci nei tornei dello Slam prendono il via nel 2011, anno di grazia per Nole, che comincia la sua strepitosa annata strapazzando il rivale in finale proprio a Melbourne, con il punteggio di 6-4 6-2 6-3. Molto più combattuta la semifinale della stagione successiva, una maratona durata cinque set e finita con il serbo a braccia alzate dopo ore e ore di scambi durissimi da fondo campo. La prima rivincita per il britannico giunge però pochi mesi più tardi nel torneo olimpico di casa e, soprattutto, nell'atto conclusivo degli US Open 2012, dove è Andy a spuntarla al quinto e a sollevare il primo trofeo Slam della sua carriera. Il bilancio nei Major rimane in bilico anche nella prima parte del 2013, con Djokovic a trionfare ancora in Australia e Murray a coronare il sogno di una vita vincendo sull'erba londinese di Wimbledon. Da quel successo, datato luglio 2013, sono stati giocati altri undici incontri tra i due, dei quali dieci finiti con una vittoria del serbo, a testimonianza della crescita esponenziale di RoboNole nelle ultime due stagioni. L'unico successo di Murray in quasi tre anni di scontri diretti è quello della finale dello scorso agosto a Montreal, mentre in mezzo ci sono stati tre trionfi di Djokovic in prove dello Slam (quarti a New York nel 2014, finale a Melbourne nel 2015 e semifinale a Parigi pochi mesi più tardi), oltre a vittorie assortite nei vari Masters 1000 disputati da entrambi.
La supremazia di Djokovic su Murray, testimoniata anche dai numeri, ha reso dunque una rivalità che già faticava a decollare praticamente zoppa, con uno dei due contendenti regolarmente sconfitto dall'altro. Troppo più continuo, solido mentalmente e sicuro dei propri mezzi il serbo, laddove lo scozzese sembra ancora vivere con soggezione ogni sfida contro tutti i componenti dei Fab Four. Eppure il buon Andy non perde ormai dallo scorso novembre, quando fu sconfitto da Wawrinka nelle Atp Finals di Londra, avendo inanellato una serie di successi consecutivi iniziati in Coppa Davis a Gand e tuttora in corso dopo la semifinale vinta ieri contro Milos Raonic. Domani assisteremo all'ennesimo scontro tra i due, con un canovaccio tecnico facilmente pronosticabile: grandi corse da fondo campo, scambi prolungati, gioco praticamente a specchio e sporadiche discese a rete. Il favorito d'obbligo è Djokovic che, come detto, non ha un gioco così diverso dal suo rivale, ma fa tutto meglio. Più continuo il servizio (anche se con meno aces), migliore il rovescio (nonostante quello di Murray rimanga un colpo eccezionale), meno ballerino il diritto, ancora più incisiva la risposta. Solo nel gioco di volo lo scozzese si lascia preferire al serbo, ma si tratta di una supremazia marginale, dato lo svolgimento delle gare tra i due. Dalla parte di Murray resta l'orgoglio e la voglia di capovolgere pronostici e trend negativo, armi necessarie ma non sufficienti per avere la meglio sul padrone assoluto del tennis maschile.