Roger Federer ed Andy Murray sono alle prese con il game più bello degli ultimi anni visti sul Centrale di Wimbledon: il decimo game del secondo set è di quelli che verranno scritti nelle pagine di storia del gioco, dello sport. Vincente da una parte, rovescio dall'altra, dritto in passante di Federer, rincorsa pazzesca di Murray in recupero. Apoteosi. Il pubblico è in visibilio, Andy tiene il game, impatta a quota cinque nel secondo parziale, non vuole mollare la presa di una partita che lo vede in gioco anche se dietro nel punteggio.
Undicesimo gioco, la testa di Federer dovrebbe sprofondare dopo cinque palle del 2-0. Qualsiasi tennista accuserebbe il colpo, lui no. Tiene il gioco a zero, impassibile, ma non è tutto. Il break del dodicesimo gioco racconta di una sofferenza interiore del Re, che gioca un tennis celestiale, in barba a chi per due o tre anni lo ha dato, alquanto erroneamente a vederlo scintillante sull'erba londinese quest'anno, per finito. Break, secondo set. Delirio.
"Mi ero detto di non avere rimpianti: avevo tre palle break e ho rischiato. Forse è stato un errore, ma al tempo stesso magari questo mio atteggiamento gli è rimasto impresso ed ha dato i suoi frutti più tardi: Andy sapeva che sui punti importanti sarei stato aggressivo. In ogni caso è stato un game fantastico: lui ha giocato dei colpi stupendi, sono felice di aver partecipato a un momento simile. Dopo sono riuscito a non farmi condizionare e ho tenuto il servizio a zero".
Non è finita. Roger ne ha ancora, concentrato come mai nella sua carriera. Più si va avanti con gli anni, più si matura. Certo, lo era anche a 23 anni, ma questo Federer, con il fisico di un ventenne gioca assieme ai robot del tennis come fosse un giovane rampante alle prime armi. Si è adattato, è cambiato. Ha sofferto. Tanto. Poi quel gesto. Armonioso, libero, poetico. Roger Federer è il tennis. Murray s'inchina ad un passante in corsa che raramente ha visto su un campo da tennis, per lo più giocato da un trentaquattrenne prossimo al pensionamento. Chapeau, Roger.
La spiegazione del colpo è, come il passante stesso, esemplare, spaventosa per lucidità, eseguita dopo due ore di gioco: "Non potevo giocare in back perché Andy era troppo vicino a rete, e se avessi fatto un lob avrebbe chiuso con uno smash. L’unica chance che avevo era di indirizzarla col polso. Quando si è in fiducia e si è lucidi, è possibile tirar fuori soluzioni del genere".
"Non si possono paragonare giorni, superfici e avversari diversi - dirà un Federer sereno ma soddisfatto a fine gara -. Bisogna solo essere felici di riuscire a giocar bene più volte in carriera, o magari poche volte ma nei momenti importanti. Un set in sé e per sé non fa differenza: giocarne uno fantastico non serve a niente se poi si perde. Oggi sono riuscito a giocare bene fin da subito. Sapevo che l’inizio sarebbe stato cruciale: ho dovuto salvare una palla break, e solo dopo ho iniziato a non avere problemi nei miei turni di servizio. Sì, è stato sicuramente uno dei migliori match che ho giocato in carriera, e anche il primo set è stato molto convincente".
In conferenza stampa si parla del servizio di Roger che ha condizionato l'andamento della gara. Lo svizzero è stato pressocché perfetto per due ore alla battuta, concedendo una sola palla break nel primo gioco dell'incontro. Questa la sua analisi, che parte dalla considerazione di servire sempre in vantaggio di punteggio: "Dipende da come uno si sente. Forse era nei suoi piani farmi servire per primo, e stava anche funzionando: ha avuto una palla break nel primo gioco. Voleva mettermi pressione fin da subito: ho messo otto prime su otto e nonostante questo ha avuto la palla break. Ha iniziato molto bene, e io sono stato bravo a stargli attaccato e a entrare in partita, diventando pericoloso in risposta. Sì, ho servito molto bene: una percentuale molto alta di prime, in più ottenuta forzando. Senza dubbio una delle mie giornate migliori con questo colpo".
Questa partita ripaga Federer di tutti gli sforzi fatti, dei sacrifici per cambiare il suo gioco e resistere alle numerose critiche. L'elvetico numero due del mondo risponde così: "Direi di sì. Io ho sempre saputo perché continuavo a giocare, non devo sempre spiegare tutto. Giocare mi piace: lavoro duro in allenamento e in match come questi posso mettere in campo grandi performance. Ed è senza dubbio bellissimo quando alla fine della partita tutti sono felice per te: anche dal Royal Box mi hanno applaudito finché non sono entrato negli spogliatoi. Non mi era mai successo, se non forse per una volta in cui ho vinto il titolo. Sono tutti sono molto felici per me, e io sono molto felice di come sto giocando. Devo continuare così ancora per un altro match però perché siano due settimane perfette".
Infine, si passa alla finalissima. Federer non trema, anzi. E' eccitato dall'idea di tornare a giocare per la conquista del torneo, e parla così della sfida contro Djokovic: "Giocare contro Novak è sempre fantastico, in ogni torneo, perché è un grande giocatore. Ha avuto successo lungo tutta la sua carriera, ma negli ultimi anni ha dominato il circuito, iniziando dal cemento per poi arrivare a migliorare anche sull’erba. Anche sulla terra rossa è uno dei migliori, se non il migliore. E soprattutto è molto competitivo, fa sempre la sua parte. Batterlo è difficile, e sicuramente uno come lui fa bene a questo gioco. Personalmente non penso molto alla partita dello scorso anno: ricordo solo che è stata molto emozionante e che il pubblico si è sentito molto coinvolto. Sono solo contento di essere nuovamente in finale, indipendentemente dall’avversario: che si tratti del numero 1 del mondo è una ciliegina in più".