Arrivano le sorelle Williams ed è inevitabile che un brivido scorra lungo la schiena delle azzurre. I sentimenti si intrecciano, dal fascino di una sfida stellare all'incubo di una possibile retrocessione. Partiamo in seconda fila, perché gli Stati Uniti, al completo, fanno paura. Serena, la più forte giocatrice al mondo, reduce dalla “passeggiata” nella sua Miami, dopo il timore per il problema al ginocchio accusato a Indian Wells, e Venus, di nuovo giovane, eterea, bellissima.

Di stampo italiano il fattore campo. Brindisi e il Sud, la terra rossa e il calore del pubblico. Un campo lento, prevedibile, per attutire la forza delle sorelle a stelle e strisce, un campo che costringa le Williams a stare lì a lungo, a sudare, in attesa di un calo, non impossibile, se non di Serena, almeno di Venus. L'età conta e nelle recenti apparizioni, la Venera nera si è spesso mostrata intoccabile per metà partita, salvo poi accusare il colpo col passare dei minuti.

Riske e McHale completano il quartetto di Mary Joe Fernandez, spettatrici non paganti, perché anche in doppio tocca alle Williams, “costrette” ad indossare la divisa nazionale per coltivare il sogno olimpico.

Barazzutti mostra realismo, difficile fermare Serena e Venus, ma occorre provarci, con le armi a disposizione. La Fed Cup è fonte di sorprese e imprese, ne sa qualcosa l'Italia della racchetta. Il passato è fatto di trionfi e colpi di teatro, l'ultimo, purtroppo, a danno della spedizione azzurra. La sfida con gli Stati Uniti giunge dopo la debacle con la Francia. Un'Italia disattenta subisce la rimonta da 2-0 e si arrende alle transalpine, gettandosi in un dirupo da cui si può risalire solo fermando l'armata americana.

Manca Roberta Vinci, il gomito rende impossibile la presenza della tarantina, un problema soprattutto in chiave doppio. Errani, Pennetta, Giorgi e Knapp. Favorite le prime due, per storia, tradizione, affidabilità. La Pennetta invecchia e migliora, solida, decisa, aggressiva. Gioca alla pari con le migliori al mondo, è a tutti gli effetti una top ten, aldilà della classifica. Più dubbi su Sarita. La Errani vive una stagione difficile, alterna buone prestazioni a fermate improvvise. In questi giorni, a Charleston, dimostra di non essere ancora al top, vince ma non convince, fatica al servizio, e spesso lancia segnali poco incoraggianti dal punto di vista mentale (emblematico il secondo set con la Cepelova).

Contro una squadra più forte, occorre una carta che possa sparigliare il mazzo, perché allora non rischiare Camila Giorgi? La Giorgi è tutto e il contrario di tutto, croce e delizia, cruccio e estasi, spara, a tutto braccio, senza guardare palcoscenico e avversaria. Può vincere e perdere, sempre. Contro Serena e Venus non si può scendere in campo con un normale programma di gioco, serve un pizzico di follia, serve Camila Giorgi.