W come Winner. Ma anche W come Williams. Serena ha dominato in lungo e in largo in una stagione assolutamente magica per la campionessa di Compton. Carattere, potenza, uno stato di forma divino ritrovato a 32 anni grazie alle cure atletiche e sentimentali di Pat Mouratoglu. L’addio al “tennsita dal cuore nero”, volato fra le braccia dell’eterna rivale Maria Sharapova, la felicità ritrovata, le avversarie spazzate via come fa un ciclone con tutto ciò che incontra sul suo cammino. Titoli su titoli su ogni superficie, due prove dello Slam (Parigi e Us Open), il Championship di fine anno e il trono del WTA messo in ghiaccio: signore e signori, benvenuti nel regno di Serena Williams.
Per le avversarie solo le briciole: Agnieszka Radwanska brucia la concorrenza nei primi tornei stagionali, Vika Azarenka si prende l’Australian Open al termine di una rocambolesca finale contro Li Na, vittima per due volte di infortunio ma sempre in grado di rialzarsi e dare battaglia. Marion Bartoli pesca il biglietto vincente nella lotteria del più pazzo Wimbledon degli ultimi anni battendo in finale la tedesca Lisicki, protagonista di un autentico psicodramma in campo. Eppure la tedesca dal viso d’angelo non aveva tremato al momento di affrontare sul ring sua Maestà Serena, abbattuta in un’autentica guerra di clavate; non aveva ceduto alla furiosa rimonta di Agnese la Polacca in semifinale. Ma in finale Sabine è stata vittima dei suoi demoni e dei suoi nervi troppo fragili, lasciando strada spianata alla francese verso il coronamento di un sogno che coltivava fin da bambina, unirsi al novero di Campionesse che hanno avuto l’onore di sollevare il Piatto della vittoria sul Centrale più prestigioso al mondo. Salvo poi annunciare il ritiro, perché “oltre al tennis c’è molto altro da fare nella vita”.
Fatte queste debite eccezioni, tutto il resto è stato appannaggio di Serena Williams: ben poche possono raccontare di averle fatto lo scalpo nel 2013. Può farlo Vika Azarenka, in due occasioni vincitrice di Serena: a Doha e a Cincinnati, sempre sul cemento. Può farlo la giovane Sloane Stephens, da molti vista come il futuro del tennis americano, che ha battuto la sua connazionale agli ottavi dell’Australian Open, approfittando delle condizioni ancora precarie di Serenona. E, come detto, può farlo Sabine Lisicki. Tutte le altre hanno potuto al massimo farle il solletico o costringerla a un supplemento una tantum al terzo set, con ben scarsi risultati.
La prima fra le umane in questa stagione è stata fuori di dubbio la bielorussa Viktoria Azarenka: un 2013 all’insegna della sfortuna per la bella tennista di Minsk, vittima di vari infortuni che ne hanno rallentato il cammino, ma l’unica in grado di impensierire veramente la dominatrice stagionale. Oltre alle già citate due vittorie, merita citazione la finale dell’Us Open, ripresa per i capelli quando tutto ormai sembrava perduto. Una grande prova di cuore e orgoglio, poi pagata nel terzo set, ma comunque da applausi a scena aperta.
Poco brillante la stagione di Maria Sharapova, che comunque vince il Nobel per il marketing: l’idea di sostituire il proprio cognome con il marchio delle caramelle Sugarpova da lei stessa lanciate è degna di un mago della pubblicità. La spalla ballerina ha complicato il programma, ma di sicuro qualche pacchetto di caramelle in più lo avrà venduto. Poca fortuna anche nelle prove dello Slam: in Australia il suo cammino è terminato al cospetto di Vika Azarenka in semifinale, a Parigi si è schiantata contro Serena Williams, a Wimbledon ha perso la battaglia delle bombarde (e dei decibel) contro la portoghese De Brito. Il tutto poi condito dalla solita spalla che fa le bizze e da un matrimonio (tecnico) lampo con Jimmy Connors: giusto il tempo di farsi buttare fuori dalla Stephens a Cincinnati e fine della comunicazione. Almeno però la bella siberiana si è consolata fuori dal campo, conquistando il cuore di Dimitrov. Per la stagione che viene sta già lavorando al riscatto: intanto con la terapia per rimettere in sesto la spalla destra logorata dal suo gioco potente, quindi affidandosi a un nuovo coach, Groeneveld, con l'obiettivo di tornare ai livelli che le competono.
All’insegna della corrente alternata la stagione di tutte le altre top ten: Radwanska, Kvitova, Wozniacki e socie hanno alternato prestazioni buone ad altre perlomeno rivedibili. Prendiamo ad esempio la polacca: partita a razzo nei primi tornei australiani, piano piano la numero 4 al mondo ha perso di efficacia, al punto che il terzo e ultimo acuto è arrivato a Seul nella fase calante della stagione. Brucia ancora la grande occasione gettata al vento a Wimbledon, dove era rimasta la migliore del lotto delle semifinaliste, ma l’ostacolo Lisicki si è rivelato insormontabile. A Parigi ha perso contro la guerriera Sara Errani nei quarti di finale, a New York si è persa nelle nebbie contro la non irresistibile Makarova. Da cancellare poi la prestazione dei Championship di Istanbul, morbido cuscino per le vittorie di Williams, Kvitova e Kerber: zero assoluto alla voce partite e set vinti, davvero un brutto modo per concludere una stagione che pareva essere iniziata sotto i migliori auspici.
Fra le giovani si sono segnalate soprattutto Sloane Stephens e Eugenie Bouchard. La statunitense ha grandi numeri e potrebbe diventare una cliente pericolosa se trovasse quel pizzico di costanza di rendimento che ancora la lascia un gradino sotto le grandi. Quanto alla biondina canadese, quest’anno ha scalato posizioni su posizioni ed è arrivata a giocarsi il torneo di Osaka contro la Stosur, mentre a Tokyo ha impegnato severamente Venus Williams per oltre tre ore di partite. La classe della vecchia leonessa ha respinto l’assalto della giovane aspirante regina, ma Eugenie ha fatto vedere grandi cose. Come grandi cose ha fatto vedere Simona Halep: non proprio una newcomer in senso assoluto, ma di certo la giocatrice che ha fatto più progressi in questa stagione. Parlano per lei i sei titoli stagionali messi in bacheca, meglio di lei solo Serenator Williams.
Il 2013 è stato anche l’anno di alcuni importanti ritorni: si sono visti sprazzi di Venus Williams, regina fiaccata da acciacchi e infortuni ma che quando è in forma incanta le platee; è tornata a danzare la sua Petkodance Andrea Petkovic, dopo un 2012 orribile fatto di un infortunio dietro l’altro e la voglia di mollare tutto e dire addio; ha brillato la stella di Flavia Pennetta, che non si è mai voluta piegare alle bizze del suo polso. Si è rivista Alisa Kleybanova, riemersa dalle sabbie mobili del linfoma di Hodgkin.
Fra due settimane si torna di nuovo in campo, la stagione 2014 bussa già prepotente alle porte: il circus del tennis femminile è pronto per un nuovo, lungo giro del mondo a colpi di racchetta.