Piove su New York. Tanta acqua e poco tennis. Ma la partita andata in scena sul Louis Armstrong basta e avanza per gli spettatori a tornare a casa e incorniciare il loro biglietto. Tre ore, tre lunghissime ore di spettacolo e di emozioni mozzafiato. Due gladiatrici che si danno battaglia nell'arena infuocata, dapprima sotto un tramonto da cartolina e poi sotto le luci artificiali della notte newyorkese. Finisce 6-3, 2-6, 7-6 per la Zheng, che raggiunge al terzo turno la connazionale Li, oggi agile vincitrice del suo match, uno dei pochi che Giovepluvio ha dato grazia di disputare. Passa anche Aga Radwanska, che passeggia nel primo set (6-0) e poi suda un po' di più nel secondo (7-5); ma alla fine ottiene il suo scopo, ovvero piegare la spagnola Torro Flor e proseguire la sua marcia alla conquista di New York. Ma le luci della ribalta sono tutte per Venere e la Zheng. La crudeltà dello sport vuole che alla fine ci sia una vincitrice e una sconfitta. Nel tennis il pareggio non esiste, e al bivio una imbocca la strada della gloria, l'altra assapora l'amaro calice delle delusione. Bello. Giusto così.
Cuore - Il Fuoriclasse, il Fenomeno è colui il quale ruba la scena a tutti gli altri, anche se non è il vincitore. Un teorema che si sposa benissimo a Venus Williams. Uno stadio, il Louis Armstrong, tutto per lei, ideale compagno in un due contro uno a cui la cinese deve malgrado piegarsi: lei da sola contro Venus e i tot mila del Loius Armstrong. Eppure l'inizio non è per nulla promettente per l'eroina di casa: la cinese Zheng scappa via veloce veloce, si inerpica fino al 6-3 e mette nel carniere il primo set. Venus arranca, sembra in difficoltà. Mentre Serena è baciata dal sole di una condizione straordinaria, Venere sembra arrancare sotto il peso degli acciacchi e di un'età non verdissima, delle mille battaglie combattute sui campi di tutto il mondo, che pure gli han fruttato un ben pingue bottino.
Ma non si diventa regine arrendendosi alle prime difficoltà: e così, punto dopo punto, game dopo game, la Williams costruisce il suo capolavoro. Come a Parigi, quando la minore delle Radwanska's la impegnò in un'altrra maratona, Anche quella sfortunata. Il secondo set lo vince agile, 6-2. Ci si gioca tutto nel terzo, decisivo set. Gli americani, che è gente pragmatica e non ama le lungaggini di un match che potrebbe protrarsi per ore, hanno imposto il tie break anche nel set decisivo. Ma prima del tie break cìè un intero parziale da giocare, una partita nella partita. Parte forte la Zheng, torna ad arrancare la Williams: sul 4-1 cinese qualcuno sugli spalti del Louis Armstrong comincia ad annusare aria di fine match, di fine del sogno. Tutto finito quindi? Nemmeno per sogno: perchè la leonessa dai capelli fucsia inizia a ruggire e a mettere pressione alla Zheng. 2-4, 3-4, poi la cinese riallunga controbrekkando e si porta sul 5-3 con fra le mani i dardi che possono abbattere definitivamente la fortezza nemica. Dardi che però pesano come macigni, difficili da scagliare come si deve quando il braccio inizia a tremare e la testa si riempie di cupi pensieri. Falli, doppi falli ed errori non forzati: il che significa 5 pari e un supplemento di fatica e sofferenza in più per la cinese. Ruggisce la Williams, ruggisce anche il pubblico, con il catino di Flushing che diventa una bolgia dantesca. Il silenzio religioso, che è tipico di un tempio come Wimbledon, qui dista anni luce. In mezzo, sul ring, le due pugilesse ormai allo stremo delle forze, pescano nel sarbatoio alla ricerca di quel quid di energia e lucidità necessarie a portare a casa l'incontro. Facile a dirsi, meno a farsi: entrambe mantengono il loro turno di servizio. Si arriva al 6-6 e alla lotteria del tie break: lucidità, freddezza le parole d'ordine. Al primo errore, la mannaia cala inesorabile su chi questo errore lo commette.
Altalena di emozioni - Come i calci di rigore nel calcio, ecco a cosa potrebbe essere paragonato il tie break. La cinese è infallibile nelle prime battute, e vola sul 4-1. Poi si pianta, ancora sul più bello, ancora quando il la vetta è ormai vicina e il traguardo dista solo una manciata di chilometri in discesa. Venere risale, passo dopo passo e impatta sul 4 pari al termine di uno scambio spezzagambe. Ventidue colpi, con le due che zompano da un angolo all'altro del campo manco fossero palline da flipper. La spunta Venus, la Zheng è piegata sulle ginocchia e probabilmente nel morale. Perdere uno scambio così in quel momento è come un cazzotto nello stomaco, Ma non è ancora il momento per l'arbitro di conteggiare a dieci: Zheng si rialza e si rimetta a menar di racchetta. Sul 5 pari il momento clou dell'incontro: Venus Williams sparacchia fatalmente in rete uno smash comodo comodo, con davanti la prateria spalancata, e regala all'avversaria il match point. In pratica le regala il match, perchè la sua smorfia di disappunto è un chiaro segno di resa. Lo scambio successivo è l'ufficializzazione: palla out e fine dei giochi. Vince la Zheng, ma lo stadio è ugualmente tutto in piedi: in piedi per la Venere sconfitta, ma anche per la cinese. In due han combattuto, in due han dato spettacolo, in due avrebbero meritato di passare al turno successivo. Purtroppo ciò non è stato possibile, ma è giusto che entrambe possano godersi appieno la standing ovation dell'intero Louis Armstrong.