L'ultima chiamata. Nel panorama tennistico mondiale, infarcito di tornei, a volte minori, a volte di prestigio, ci si ferma quattro volte, lungo l'arco di una faticosa stagione per allungare l'impegno a due settimane. Quattro volte l'anno il tennis si alza a un livello superiore. Si confronta con i punti cardine del suo calendario. Dall'Australia, Melbourne, fino a qui, Flushing Meadows, per l'ultimo appuntamento di cartello, prima del Master di fine anno. Il cemento americano, dopo il giardino di Wimbledon. Il sorteggio si è divertito, beffardo, come solo il caso sa essere, a regalarci un altro, possibile, Nadal-Federer nei quarti di finale. Il mancino di Manacor si presenta qui con tutti i favori del pronostico. Rientrato, dopo i problemi al ginocchio, ha domato ogni avversario. Una serie infinita di vittorie. Indian Wells, Montreal, Cincinnati. Si sono sciolti al sole di dubbi tecnici e tennistici tutti i suoi principali avversari. Djokovic e Murray si interrogano sui perché di alti e bassi reiterati. Il Nole 2011 è lontano anni luce. A Montreal ha perso la maratona con Rafa, a Cincinnati è crollato con Isner. Una serie di rovesci affossati in rete hanno sancito la condanna del serbo. Andy sembrava aver spiccato il volo verso l'Eldorado della racchetta, dopo l'oro olimpico tra le mura amiche. Da lì, fino all'incredibile titolo proprio qui all'Us Open, targato 2012, in quella magica finale con Djokovic, strappata al quinto, dopo aver subito la rimonta da due set a zero avanti. Da lì invece si è spento il britannico e non ha più trovato il colpo vincente. Appannati Murray e Djokovic albergano in una parte di tabellone ricca di insidie, con Del Potro e Berdych pronti ad approfittare delle incertezze di due big dalla mente offuscata. Il n.1 e il n.3 del mondo alla mercè del n.2. Nadal, il migliore nel 2013, prova a completare la scalata al ranking. Simili per certi versi i tre. Straordinari oppositori. Ribattitori come pochi. In gergo calcistico gente capace di “ribaltare l'azione”. Nadal, Djokovic e Murray ti costringono a un colpo in più, quello spesso che decide un punto e la partita. Semplicemente Rafa oggi lo fa meglio di ogni altro, perché è mentalmente in fiducia. La mina vagante ancora una volta è allora Roger Federer. Che strano veder quel n.7 al fianco del suo nome! Quanto lontano appare lo scorso anno, quando ancora era in grado di vincere Wimbledon e sfiorare l'Olimpiade. Montreal ha lanciato segnali luminosi. Roger è stato in partita con Rafa. Si è risvegliato dal torpore con Haas, quando il sole pareva essersi spento sul suo impero, poi ha vinto il primo set con lo spagnolo. Alla distanza è uscito Nadal, ma che bello rivedere Federer! E alla fine non resta che ringraziare il tabellone di Flushing Meadows. Ancora una volta ci lascia la possibilità di sognare. Ancora una volta ci concede Roger contro Rafa. Trenta e più volte. Il tennis. L'arte di Federer, il colpo che non sembrava poter esistere, l'eleganza del movimento, il pertugio introvabile. Di là la corsa infinita, il recupero che ti strappa un “oh” di meraviglia, “l'uncino” di Nadal. Due nemesi, due dei più grandi. Il bello di questo sport. Nessuno come Roger e Rafa. Sperando di gustare il loro spettacolo un'altra volta, sperando non sia l'ultima.
Non molto ottimismo in casa azzurra. Seppi, dopo un buon inizio di stagione è incappato in una serie di ripetute sconfitte (ultima quella a Winston Salem). La formica Andreas capace di costruirsi una buona classifica, grazie all'ottima continuità di rendimento, si è via via persa lungo l'arco della stagione. Qui, testa di serie n.20, affronta al primo turno l'esperto belga Malisse. Un avversario abbordabile, un approccio soft, come quello che aspetta il n.1 Fognini, n.16 del tabellone. Lo statunitense Ram non dovrebbe creare problemi a Fabio, uomo, tennista, dalle mille sfaccettature. Da cicala del circuito improvvisamente era diventato stella, conquistando Stoccarda, Amburgo, la terra rossa. Poi l'improvviso dietro front al cospetto del cemento. Il riaffiorare di limiti mentali, più che tecnici. La testa che di colpo scompare e costa cara a un talento che rischia di bruciarsi ancor prima di assurgere alla nobiltà tennistica. Possibili per entrambi due ottavi da grande palcoscenico contro Murray e Djokovic. Meno fortunati Lorenzi e Volandri. Per loro due confronti proibitivi con Berdych e Isner, lanciato dall'ottimo torneo disputato a Cincinnati.
Due sorprese in campo femminile. Maria Sharapova non solo non si trasformerà in Sugarpova, una sorte di eroina delle caramelle, in nome di marketing e denaro, ma non prenderà nemmeno parte all'ultimo Slam della stagione. Sono tornati gli annosi problemi alla spalla a tormentare la bella russa. Una borsite la costringe al forfait. Non è riuscito il completo recupero dopo Wimbledon. L'addio a Jimmy Connors, rapido, dopo una sola sconfitta, par dovuto anche a questo. Gli allenamenti del nuovo coach hanno peggiorato la situazione fisica di Maria. Senza la Sharapova, tutto facile per Serena Williams. Non è detto, perché qui arriva la seconda sorpresa. Cincinnati ha mostrato che anche Serenona può essere battuta. Un'ottima Azarenka ha sconfitto la dominatrice del circuito femminile, candidandosi anche qui al ruolo di seconda di lusso.
Con l'assenza di Maria Sharapova, Sara Errani diventa testa di serie n.4 e scendendo nella parte bassa del tabellone, evita incroci pericolosi. Al primo turno trova la giapponese Morita, poi un possibile derby con la Pennetta. L'altra azzurra di spicco, Robertina Vinci parte contro l'ungherese Babos. Ipotetico scontro tra le due compagne di doppio negli ottavi. Karin Knapp sfrutta un bye al primo turno, mentre la leonessa Schiavone, vittima di un sorteggio sfortunato, incrocia Serena Williams. Impresa difficile quella di casa Italia. Tenniste di talento, ma in difficoltà su superfici veloci. La brutta sconfitta a New Haven di Sara, contro la russa Makarova, non lascia buone sensazioni in vista del debutto a Flushing Meadows. Stessa discorso per la Vinci. Gli annosi problemi al servizio, la mancanza di potenza da opporre alle “bestie” del circuito, qui sul veloce si fa sentire più che da ogni altra parte. Superficie e stanchezza potrebbero giocare un brutto scherzo alle azzurre. La speranza è che ancora una volta il tennis in gonnella sorprenda e lanci l'Italia nel gota del racchetta.