Ultimo giro di valzer per Wimbledon 2013 al femminile. Sul grando palcoscenico del Centre Court non ci saranno le tanto attese étoiles (Serena Williams e Maria Sharapova in testa), che si sono perse per strada nel lungo e faticoso cammino che dal primo turno conduce alla finalissima, ma ballerine di seconda fila che con bravura si sono ritagliate la loro occasione per la gloria.
Perchè a Sabine Lisicki e Marion Bartoli va dato il merito di aver sfruttato gli incredibili buchi nel tabellone creatisi dopo la prima folle settimana, allorchè le favorite sono uscite con le ossa rotte dai loro incontri, chi metaforicamente (Maria Sharapova) chi quasi letteralmente (Vika Azarenka, che nella caduta rimediata al primo turno ha rimediato una contusione ossea all'altezza del ginocchio). 
Le due approdano al rendez-vous finale dopo due cammini totalmente differenti: perfetto quello della francese, che non ha concesso nemmeno un set alle avversarie, un po' più travagliato quello della tedesca di Polonia, che ha dovuto venire a capo di due autentiche battaglie contro Serena Williams e Agnieszka Radwanska, uscendo vincitrice da entrambe quando ormai tutto sembrava perduto.

Seconda chance - A tutti nella vita è concessa una seconda chance. Molto probabilmente è questo il pensiero che ronza di più nella testa di Marion Bartoli. Lei, che il Piatto dei campioni (o per meglio dire, delle Campionesse) lo aveva sfiorato già nel 2007 e lo aveva visto finire nelle mani di Venus Williams, implacabile nel porre fine alla favola del brutto anatroccolo francese proprio quando si trattava per quest'ultima di scrivere il lieto fine. Sei anni dopo eccola di nuovo qui, Marion la francese, per prendersi un trofeo che mai come in questa edizione è alla sua portata. Perchè l'avversaria di oggi, per quanto temibile, non è uno scoglio arcigno come lo sarebbe stata Serena Williams; perchè il tennis espresso dalla Bartoli durante tutto l'arco del torneo è stato di un'efficacia incredibile, come dimostra lo zero alla voce set perduti; perchè, soprattutto, Marion sembra aver acquisito grande fiducia nei propri mezzi -tanto da permettersi anche una serie di discese a rete con percentuale di successo del 100% - e quando una come lei gioca libera dai fantasmi che spesso l'hanno condannata a sconfitte al limite dello psicodramma, non c'è nulla che possa fermarla. Quanto sono lontani i giorni di Parigi, in cui una Bartoli irriconoscibile venne presa a pallate da Francesca Schiavone... Ad ogni buon conto, Lisicki avvisata, mezza salvata: i paurosi black-out palesati dalla tedesca contro Williams e Radwanska - da cui però è sempre uscita alla grande - non sono ammessi contro la Bartoli. Sarebbe come far sentire a uno squalo l'odore del sangue.
Alla Francia una regina in terra inglese manca dal 2006: l'ultima fu Amelie Mauresmo, che regolò in una finale che profumava molto di tennis d'altri tempi, la belga Henin. Due ricamatrici di gioco, due poetesse della racchetta che a rivederla oggi sembrano uscite direttamente dal tennis delle pioniere. Amelie oggi sarà come al suo solito nell'angolo della sua connazionale, lei che ora la allena e a cui ha riaperto le porte della squadra di Fed Cup che le si erano chiuse causa bizze del padre Walter; il quale, per l'occasione, tornerà a vedere una partita della figlia. Fra i due ci sono state storie tese e anche un allontanamento da parte di Marion, desiderosa di sentirsi finalmente una donna libera dall'assillante presenza di un genitorie-allenatore che, per tutta la sua vita, l'ha tirata su a pane e tennis ma soprattutto con allenamenti massacranti e a volte al limite del ridicolo, sebbene da parte di Monsieur Bartoli ci fosse l'ardire di definirlo "metodo scientifico".
Amelie-Marion: sette anni dopo, la Francia tennistica si sente matura per il passaggio del testimone. Ma fra il dire e il fare, c'è di mezzo Sabine Lisicki.

L'eredità di Steffi - Sabine l'ammazza Williams. Sabine viso d'angelo ma dal braccio d'acciaio. Ma anche Sabine Giano bifronte, per la sua masochistica pervicacia nel complicarsi all'inverosimile match che vanno solo condotti in porto. E' stato così con Serena Williams, dove è dovuta precipitare sino allo 0-3 nel terzo set, è stato così contro la Radwnaska dove è riuscita nell'impresa di subire cinque break in altrettanti turni di servizio. 
Eppure la biondina di origine polacca ne è sempre uscita bene: ha carattere e grinta da vendere e in campo non molla un centimetro. In questo è del tutto speculare alla sua avversaria francese, un'altra che se c'è da metterla sulla battaglia dura non si fa pregare. Sarà molto probabilmente questo il tema della partita: una lunga battaglia di logoramento dove vince chi sbaglia meno. 
Per la tedesca, chiamata a rinverdire i fasti di Steffi Graff qui regina sette volte, sarà fondamentale non commettere troppi errori in fase di servizio, altrimenti l'arma che per lei può essere decisiva potrebbe rivelarsi il più classico dei boomerang: le risposte di Marion, da fondo campo e a due mani, sono cannonate che se ben assestate sanno fare male.
Ma soprattutto deve curare l'aspetto piscologico: se infatti, come detto, la Bartoli più diventa sicura di sè più diventa ingiocabile, l'abilità primaria a cui Lisicki dovrà aggrapparsi sarà proprio quella di non permetterle di acquisire questa certezza. Una condotta di gara come quella tenuta contro Williams e Aga Radwanska vorrebbe dire concedersi alle folate dell'avversaria. Se, al contrario, Sabine riuscirà a non cedere all'emotività di cui le stessa dice di soffrirne troppo e giocare il tennis scintillante visto in alcuni momenti chiave dei match sopra citati, sono alte le possibilità che, dopo Steffi Graff, la Germania possa tornare ad avere una regina incoronata al Gran ballo di Wimbledon.

Precedenti - Quello di oggi sarà il quinti incrocio di racchette fra le due. Nei precedenti quattro incontri, il borsino recita 3-1 Lisicki. Due di questi quattro precedenti incontri sono stati giocati proprio sull'erba di Wimbledon, con una vittoria a testa. Nel 2008, primo turno, la francese si impose in due set  (6-2, 6-4) su una allora diciannovenne Lisicki. L'altro precedente sull'erba londinese risale al 2011, dove le due si trovarono ai quarti di finale: stavolta la vittoria arrise a Sabine, che la spuntò in tre set (6-4, 6-7, 6-1) e centrò la semifinale poi persa contro Maria Sharapova. 
Diffiicile fare un pronostico, un po' per la particolarità della partita, un po' perchè questo Wimbledon di sorprese ne ha già riservate così tante che sbilanciarsi a favore dell'una o dell'altra contendente assomiglia tanto a un azzardo. Alle 14 ora ingelse, le 15 in Italia, il tempo delle chiacchiere da bar sarà finito: a parlare, emettendo la sua sentenza inappellabile, sarà solo il campo, giudice supremo di ogni contesa sportiva.