Provaci ancora Andy! Potrebbe essere questo il titolo della finale di domenica. Djokovic contro Murray, il numero 1 al mondo contro il numero 2 che da anni vive con la spada di Damocle che pende sul suo capo di dover riportare la Coppa dorata del Championship in terra d'Albione, dove manca dal 1936. Fu quello l'anno in cui Fred Perry, regolando in tre set il tedesco Gottfried Von Kramm, vinse il suo terzo Wimbledon di fila. Ma fu anche quello l'ultimo trionfo di un britannico sul Centre Court per antonomasia. Nemo propheta in patria, recita un famoso adagio latino: un detto che sembra appiccicarsi su misura al buon Andy: il quale in realtà un'affermazione a Wimbledon la vanta, e che affermazione, perchè si tratta dell'oro Olimpico conquistato nell'ultima edizione dei Giochi. Ma il championship è un 'altra cosa, e quel sogno era evaporato qualche settimana prima al cospetto di sua maestà Roger Federer che, in quello che avrebbe dovuto essere il grande giorno di Andy, iscrisse definitivamente il suo nome nel Libro della Leggenda centrando la settima personalissima affermazione sull'erba londinese. Furono lacrime amare per Murray e per l'intera Gran Bretagna. Ma domenica c'è la possibilità di rifarsi e scacciare definitivamente la maledizione di Fred Perry. Di fronte c'è l'ostacolo però più duro: quel Novak Djokovic, già vincitore qui nel 2011, numero uno al mondo, oggi uscito vincitore da una partita palpitante contro l'argentino Del Potro. 

Partita double face - E' la partita della verità per Janowicz, il test d'esame che potrebbe certificare il passaggio da rivelazione a certezza di un futuro da campione. E' la grande occasione per lo scoto Andy Murray di giocarsi la seconda chance di mettere in bacheca il trofeo dei Championships. Il pubblico è naturalmente tutto per lui, pronto a esplodere in boati da stadio calcistico a ogni quindici messo a segno dall'enfant du pays. La cui partita però si complica al cospetto di un avversario che non sembra temere l'importanza delle posta in palio nè soffrire la lunga attesa precedente la discesa in campo: perchè sul 5-4 Murray si salva da una palla break, che avrebbe significato anche set per il britannico, costringe l'avversario alla roulette del tie break e lo regola con un netto 7-2 che raffredda gli entusiasmi del popolo di Andy. E' una partita in cui il servizio diventa una fase fondamentale del gioco, con entrambi i giocatori che non si fanno troppi complimenti a spararsi addosso fucilate a oltre 220 Km/h e con molti errori dall'una e dall'altra parte. Sbaglia di meno l'inglese, che porta a casa il secondo set con il punteggio di 6-4. La chiave del match però è tutta nel terzo set: il polacco brekka e sembra veleggiare tranquillo verso la vittoria della frazione ma... il diavolo ci mette lo zampino. Nel corso del settimo game infatti, con Janowicz avanti 4-2 e servizio, il nastro è benevolo per Andy, che dal possibile 15-40, impatta a 30 pari. Una pugnalata per Jerzy, che da quel momento in poi non ne imborccherà più una e concederà all'avversario un parziale di 4-0 nel computo dei games, che di fatto significa 6-4 e partita in discesa.
A provare a dare un po' di pepe ci pensa la direzione arbitrale: troppo buio per giocare, bisogna chiudere il tetto. Non ci sta Murray, secondo cui si sarebbe potuto giocare ancora per almeno 45 minuti, gongola Janowicz, che già nei set precedenti approfittava di ogni cambio campo per caldeggiare la soluzione indoor. Ma la solfa non cambia: nella quarta, decisiva frazione, il polacco si disunisce e comincia a perdere efficacia anche in quella che è la susa arma migliore, ovvero il servizio, compiendo una quantità industriale di doppi falli. Esemplare il nono game del set: due doppi falli consecutivi e una seconda di servizio che offre a Murray il più delizioso dei cioccolatini per chiudere il conto.
E così sia: standing ovation per l'eroe di casa, applausi comunque per Janowicz, autore di un torneo da pagella coi fiocchi. Ma adesso per Andy arriva l'ultima montagna, quella più difficile: la Coppa della gloria è lì, in cima a quel GPM hors categorie chiamato Novak Djokovic.