Corsi e ricorsi del destino: nel 2007, alla sua prima finale a Wimbledon, battè in semifinale proprio una tennista belga. Allora era Justine Henin e la partita per lei fu tutt'altra cosa rispetto alla passeggiata di salute di oggi contro una Flipkens che, complice anche qualche problema al ginocchio, non è mai stata in grado di impensierire la francese. Anzi, al contrario, si è proprio sciolta come neve al sole, sotto il peso di una tensione che a certi livelli si fa sentire, sopratutto se certi match non sei avvezza a giocarli. La partita, un autentico one woman show griffato Marion bartoli, dura poco più di un'ora: il minimo sindacale per una partita femminile in cui in campo c'è una sola giocatrice con l'altra a farle da sparring. 6-1, 6-2 è il punteggio, con Marion che può ora gustarsi comoda in poltrona a vedere Agnieszka Radwanska e Sabine Lisicki darsi battaglia per strappare l'altro prestigioso ticket per il rendez-vous finale di sabato sul Centrale.
Super Marion - Tipa strana questa Marion Bartoli. Perchè chi si avvicina per la prima volta al tennis, difficilmente sarebbe pronto a scommettere anche un solo pound su una che a fondo campo salta come una tarantolata e colpisce l'aria con la racchetta con la stessa violenza di quando scaglia le sue bordate in campo avversario. Eppure la francese, con il fisico più da lanciatrice di peso che non da tennista, si rivela giocatrice implacabile e tremendamente efficace, dotata di un servizio che fa male - anche se spesso e volentieri foriero di doppi falli - e di una risposta altrettanto devastante, soprattutto se la Flipkens si ostina con masochistica pervicacia a mietere errore su errore in fase di prima di servizio.
Purtroppo la partita della belga, amica del cuore di Kim Clijsters che per lei si è commossa dopo la vittoria contro Petra Kvitova e che le ha fatto da allenatrice a Roma con tanto di pancione, non è nemmeno cominciata: fallosa in battuta, con una percentuale di prime in campo inferiore al 50%, incapace di tenere testa alle cannonate della francese in risposta. Come se non bastasse, il ginocchio destro, già abbondantemente impacchettato prima dell'inizio della partita, le ha dato ulteriori problemi costringendola a ricorrere all'intervento dell'onnipresente fisioterapista.
Alla brutta performance della Flipkens, fa da contraltare una Bartoli in stato di grazia: sotto gli occhi vigili di Amelie Mauresmo - l'angelo custode che le ha riaperto le porte della Nazionale, dopo che le bizze del pittoresco quanto pernicioso padre/allenatore Walter l'avevano di fatto allontanata dal giro della Fed Cup - e del nuovo sparring partner Thomas Drouet - assurto ahilui a involontaria fama dopo essere stato preso a testate da papà Tomic - con cui si vocifera ci sia anche una tenera liaison, Marion si esibisce in colpi che di norma non fanno parte del suo repertorio, fra cui azzardate discese a rete tutte premiate da successo. Capita quando si è gasati a mille e tutto gira per il verso giusto, perchè una come la Bartoli quando sente il terreno in discesa sotto i propri piedi diventa difficilmente contenibile, e l'unica avversaria da cui deve guardarsi è unicamente sè stessa.
Ma oggi non c'era tempo per emozionarsi o lasciarsi prendere dall'ansia: il treno per la finale era lì a portata di mano. Impossibile farselo sfuggire, impossibile non prendersi la seconda chance per sovvertire il destino. Nel 2007, eliminata la Henin, Marion fu travolta dalla potenza e dalla classe di Venus Williams: sei anni dopo, gli Dei del Tennis le mettono ancora davanti la Grande Occasione, vincere Wimbledon e poter iscrivere il proprio nome fra gli Eletti della racchetta. E quale posto migliore se non all'All England Lawn Tennis Club, Church Road, Wimbledon. Per tutti il Tempio del Tennis.