Vince Janowicz, ma questo è un dettaglio. Vince la Polonia, che piazza un proprio rappresentante anche nelle semifinali maschili dopo che ieri Agnieszka Radwanska, Aga per tutti, è entrata nelle prime quattro del Torneo dei Sogni. Vince lo sport e l'amicizia, con i due connazionali che si danno il cinque prima della partita e si scambiano la maglia alla fine, come fanno i campioni del calcio, come fanno i Campioni in qualsiasi sport. Ci sono le lacrime di gioia di Jerzy che si fondono con l'amarezza di Lukas, che a 31 anni suonati vede sfumare un'occasione che proabilmente non ricapiterà mai più nella vita.
E' la favola che si concretizza invece quella del giraffone di Lodz, 91 chilogrammi di potenza e agilità spalmati sul suo corpaccione di 203 centimetri: lui che non più di tardi di diciotto mesi fa girava l'Europa in auto (che usava anche come stanza cusa mancanza di fondi per pagarsi l'hotel) di Challenger in Challenger, facendosi le ossa in tornei dove centinaia e centinaia di giovani promesse della racchetta scalpitano e sgomitano per salire nel Tennis dei grandi, quello con la T maiuscola. Quello che da fama e gloria e che ripaga di tutti i sacrifici e le rinuncie fatte, da lui e da tutte le persone che in lui hanno creduto. E così, partita dopo partita, con merito e con anche un po' di fortuna visto che i Big si sono disinnescati da soli lungo il cammino, Jerzy ha centrato un traguardo storico, il miglior risultato mai ottenuto in uno Slam, da lui e da un tennista polacco in genere. Perchè Wojciech Fibak, nel suo anno di grazia 1980, non andò mai oltre i quarti di finale, che centrò a Parigi, a Wimbledon e a Flushing Meadows.
Guerra di servizio - La partita in sè è stata giocata prevalentemente sul servizio: da una parte Lukas Kubot, doppista per vocazione e per questo votato al serve and volley; dall'altra Jerzy Janowicz, forza bruta applicata al tennis e per questo dotato di un servizio che brucia l'erba di Wimbledon, capace di scagliare autentici missili a oltre 220 Km/h su cui Kubot prudentemente non abbozza nemmeno l'intervento. Meglio attendere qualche passo falso dell'avversario, che ogni tanto arriva. E' chiaro che in una partita di questo tipo, brekkare equivale a mettere in cascina il set e, alla fine dei giochi, la vittoria; ed è altrettanto chiaro che sprecare le occasioni che ti vengono porte è esiziale. Sta tutta qui la differenza fra i due giocatori: perchè Kubot le occasioni per strappare il servizio all'amico-avversario ne ha, ma sul più bello si inceppa. Nel primo set, avanti 5-4 servizio Janowicz, ha addirittura la possibilità di conquistare l'intera posta con un'unica pallina ben concretizzata, ma spreca. Non spreca invece Jerzy sul 5 pari: break, 6-5 e fuga decisiva verso il 7-5 finale. Il copione degli altri due set è il medesimo, con Jerzy che è sempre più freddo del collega nei momenti che contano: basta infatti un break per parziale per staccare il biglietto per la semifinale, dove troverà ad attenderlo il vincitore della battaglia in corso sul centrale fra Murray e lo spagnolo Verdasco.
Ridurre però il gioco di Janowicz alla semplice fase di battuta è riduttivo: perchè come detto prima a una potenza straripante, il ragazzo unisce anche agilità e buone soluzioni di gioco, caratteristiche che a Roma avevano già messo in difficoltà Roger Federer, prima che lo svizzero riuscisse a venire a capo del rebus in due set combattuti. Assieme al bulgaro Dimitrov, che però funziona troppo a corrente alternata e rischia di venire travolto dalle chiacchiere mondane che nascono attorno alla sua relazione con Maria Sharapova, è uno dei nomi più caldi sui taccuini degli addetti ai lavori: accada quel che accada venerdì, il ragazzo ha già fatto vedere di che pasta è fatto. Si parrà lì la sua nobilitate tennistica: la favola di Jerzy da Lodz è appena all'inizio e la sua volontà è quella di scrivere il più bel finale che sia possibile...