Il talento non ha età. Soprattutto se limpido come quello di Tommy Haas. Può essere talvolta offuscato da condizione e infortuni, ma non può certo venir meno. Torna a splendere la stella del tedesco, più luminosa del folle genio di Ernest Gulbis, lettone dai colpi da campione, ma dalla rivedibile tenuta mentale. Nel Master 250 di Monaco, la sfida più affascinante premia il vecchio guerriero, trentacinque primavere, figlio di un'epoca in cui il tennis era ancora imprevedibilità e colpi sopraffini. Non ha l'atletismo di Nadal, la corsa senza sosta di Djokovic, ma colpi infiniti da fuoriclasse. Prevale in tre set, dominando il terzo e decisivo parziale. Vince 6-4 il primo, deciso da un break finale, dopo un sostanziale equilibrio, fino al 4-4. Paga un passaggio a vuoto nel tie break del secondo, concedendo al rivale, che la mamma, stanca dei vari alti e bassi, dovuti alla scarsa attitudine a regole e allenamento, vorrebbe lontano dai campi di gioco, di tornare nel match, ma nel terzo scappa via subito. 4-1 veloce, fino alla facile chiusura. Un affresco con la racchetta. Nei quarti, altra passeggiata, contro Florian Mayer. Inizio sonnolento, e turno di servizio che scappa via. Poi entra in partita impatta e chiude il set, usufruendo di una serie di errori del connazionale. Nel secondo non c'è storia e arriva la qualificazione alla semifinale (6-4 6-1). Sulla strada del n.14 Atp Ivan Dodig. Favoloso finora il torneo del croato, capace di sconfiggere prima il regolarista Davydenko, poi il connazionale Cilic (6-4 6-2) e infine un tennista di indiscusse qualità come l'ucraino Dolgopolov.

 

Nella parte alta del tabellone ancora Germania protagonista, con Philippe Kohlschreiber che batte Victor Troicki in due set, 6-3 7-6. Il suo avversario per un posto in finale sarà un altro alfiere di casa, Daniel Brands. Il venticinquenne di Deggendorf ha ragione in tre set del n.1 del torneo, Janko Tipsarevic. Altra delusione sulla terra rossa per il serbo, dopo l'eliminazione di Bucarest. Primo set per il tedesco, che sul 4-4 pari del secondo sente però un minimo di pressione e deraglia, perdendo il parziale. Quando la partita sembra svoltare verso l'istrionico Janko, arriva invece il break in apertura del teutonico, che si rileva poi decisivo per il 6-4 finale.

 

WTA Oeiras. Talento. Nel 2006, quando Romina Oprandi era semisconosciuta si presentò a Roma. Forma fisica imperfetta, estasiò il Foro italico. Sconfisse gente di livello assoluto. Kuznetsova, una capace di vincere al Roland Garros, Zvonareva, costantemente tra le prime dieci del mondo. Ma non furono tanto le vittorie, quanto il modo di giocare, a conquistare l'esigente pubblico romano. Varietà, sfacciataggine, un tennis mai visto fino a quel momento e francamente insospettabile. Un concerto di palle corte, lob, smorzate, accelerazioni. Incomprensibile per avversarie non abituate a quel tipo di gioco e spesso portate all'esasperazione. Da quel momento l'italo-svizzera si è persa un po' per strada, nei meandri del circuito tennistico, poi d'improvviso è riapparsa qui, a Oeiras, Portogallo. L'avversaria, la stessa di allora, Svetlana Kuznetsova, meno forte di allora. E d'incanto è tornato quel meraviglioso compendio di creazioni. Doppio 6-2, senza concedere palle break, senza concedere nulla. Un monologo. Ancora una volta però la sua corsa si ferma in semifinale, come a Palermo nel 2010, contro la Kanepi, e a Hertogenbosch, nel 2011, quando un problema fisico la mise out dal confronto con la Dokic. Qui è la russa Pavlyuchenkova a stopparne il percorso. La testa di serie n.3 rischia nei quarti con la connazionale Vesnina. Avanti un set e un break si fa rimontare fino al 2-0 del parziale decisivo e deve ancora salvarsi sotto 6-5, prima di chiudere al prolungamento. Contro la Oprandi parte malissimo, stordita dal solito incedere della svizzera, poi gira il match. Prende in mano la situazione e domina i due set successivi, 6-3 6-1.

 

Kaia Kanepi-Carla Suarez Navarro. Una semifinale, molto di più. La memoria corre allo scorso anno. Stesse protagoniste, allora di fronte nell'ultimo atto prima di alzare il trofeo. Spagnola avanti 6-3 5-3, con due match point nel tie-break del secondo, poi ancora un break sopra sul 4-2 del terzo, prima di cedere, dopo un'infinita battaglia, 6-4 al terzo. Incredibile. Indimenticabile. Nei quarti, per lei, vittoria agevole con la portoricana Puig (6-2 6-4), mentre l'estone ha superato Ayumi Morita 6-4 6-3, dimostrando di aver superato i problemi al tendine. Poi l'atteso confronto. La rivincita. Faccia a faccia, un anno dopo. E stavolta è Carla Suarez Navarro ad esultare. C'è equilibrio solo in avvio, poi l'iberica domina l'incontro. Finisce 6-4 6-1. La vendetta è servita.