Come spesso accade, nei periodi tra la fine di un campionato e l'inizo del successivo, si parla poco di gare vere e proprie, con molte indiscrezioni sulle "nuove" vetture e qualche pillola di politica del motorsport a quattro ruote. Su quest'ultimo aspetto, bisogna dire che è stato particolarmente presente per buona parte della stagione scorsa, passando quasi in secondo piano perchè "coperto" dall'affascinante dualismo Ferrari - Mercedes che ha un po' monopolizzato la comunicazione della Formula 1 del 2017.
In realtà il vertice dell'automobilismo mondiale, insieme ai costruttori, sono stati autori di diverse riunioni interessanti, a cui hanno partecipato anche futuri (forse) attori della classe regina, in ambito motoristico, regolamentare e, immancabile, per la firma del nuovo Patto della Concordia che dovrà entrare in vigore dal 2021. Proprio oggi, il Presidente della FIA Jean Todt ha riproposto un'idea riguardante la possibilità di far utilizzare anche ad altre categorie le power unit della Formula 1, in particolare quelle che vedremo nel campionato 2018, provando a compiere un progetto di lungo periodo di cui furono poste le basi nel lontano 2000.
A quel tempo, periodo in cui la massima competizione automobilistica viveva un'altra epoca tecnica, sportiva, commerciale e politica, il concetto che si voleva mettere in pratica, riguardava mettere al centro un propulsore che potesse adeguato anche per altre categorie, con tanto di Patto tra i costruttori e instaurazione di una commissione ad hoc che aveva proprio l'obiettivo di valutare la fattibilà di tutto ciò.
Il rapporto del 2009 proponeva che le serie che andavano dalla F.1 e alla IndyCar e alle altre categorie di monoposto nonchè delle macchine turismo e dei prototipi potessero usare versioni diverse dello stesso motore. Tutto molto bello, ma l'idea morì tra lo scetticismo circa i costi di sviluppo sia per il fatto che le singole categorie avevano paura che si snaturassero con il rischio di "confondersi" con altre, anche con conseguente travaso di pubblico e relativi proventi commerciali.
Il massimo esponente dell'automobilismo mondiale dei giorni nostri, nella persona di Jean Todt, proprio in questi giorni prova a rilanciare il progetto e dichiara quanto segue: "Al momento ogni categoria ha le sue singole regole, quindi dovremmo vedere se fosse possibile avviare delle sinergie. In futuro sarebbe logico prevedere per il campionato endurance questa sinergia visto che le unità coprirebbero lo stesso tipo di chilometraggio".
Il motivo della citazione del campionato endurance da parte di Todt è presto dimostrato dal fatto che con le power unit di Formula 1 del 2018, scese a tre per l'intero campionato, ogni singola motorizzazione dovrà durare per circa 7 Gran Premi, che insieme formano una quantità di chilometri superiore alla 24H di Le Mans, quindi risulta "automatica" la connessione.
Ma perché viene riproposta adesso questa ipotesi se anni fa venne rispedita al mittente? Facciamo chiarezza, dal punto di vista di Todt e di quello che rappresenta, il momento che sta vivendo la massima serie sarebbe più indicato rispetto a quello di qualche anno fa. La motivazione risiede nel fatto che l'era turbo - ibrida della Formula 1 ha richiesto enormi investimenti ai costruttori, proprio per la messa in opera di componenti che insieme riescono ad arrivare ad oltre 1000 CV di picco, con una durata non indifferente per un motore da competizione della classe regina. Quindi, secondo il Presidente FIA, questo potrebbe essere il giusto compromesso tra gli sviluppi messi in piedi dai principali costruttori e la spinta tecnologica che si vuole dare a tutto il mondo del motorsport a quattro ruote, dove prestazioni, durata e consumi relativamente ridotti, devono far parte dello stesso cammino.
Onestamente parlando, questa idea ha delle potenzialità e delle criticità. Tra le prime possiamo intravedere il fatto che costruendo una "base comune" da un punto di vista motoristico tra diverse categorie, si può estendere la possibilità dello sviluppo di un propulsore con le caratteristiche delle attuali power unit da Formula 1, con le dovute differenze, anche a quelle case che nella massima serie non ci sono, ma che hanno grande impatto nell'industria automobilistica mondiale, da Ford ai colossi tedeschi, fino ad arrivare a quelli giapponesi, non dimenticando quanto si sta facendo in Cina.
Le criticità però, a parere di chi vi scrive, potrebbero essere le medesime che hanno rigettato il progetto anni fa ed oggi potrebbero essere, paradossalmente, ancor più avvalorate. Infatti il rischio della perdita delle singole caratteristiche della varie categorie è un problema vero. E in questo, come e dove si cala la competizione, vero motivo per cui i fruitori finali vanno in circuito o accendono la televisione? Non che non si possa trovare un compromesso in tal senso intendiamoci, ma questa è la domanda a cui bisognerebbe rispondere.