Il Gran Premio del Messico ha definitivamente spento le residue speranze mondiali di Sebastian Vettel e della Ferrari, incoronando campione per la quarta volta nella sua carriera Lewis Hamilton. Ci potrebbero essere tante immagini simbolo di questa stagione dalla difficile lettura per chi non ha seguito attentamente l'evolversi degli eventi, ma probabilmente i fotogrammi che rendono meglio l'idea di come essa sia stata sono quelli di Hamilton che festeggia agitando la bandiera del Regno Unito, alternati dalla regia internazionale a Vettel che torna nel suo box a piedi con la visiera abbassata, chiuso nella sua delusione. Avrebbe meritato davvero questo titolo, come lo avrebbe meritato la Ferrari per l'enorme lavoro svolto nello sviluppo della monoposto sin dallo scorso inverno e poi per tutta la stagione, ma alla fine chi vince ha sempre ragione nello sport e perciò è giusto tributare doverosi e dovuti applausi a Hamilton, che, è bene ricordarlo, ha disputato la sua miglior annata in Formula 1.
Parlavamo prima di una stagione dalla difficile comprensione per chi ha seguito solo a tratti il 2017 della Formula 1: non è facile infatti spiegare a costoro come il più delle volte la SF70H di Maranello sia stata la macchina migliore in pista sulla distanza di gara, per poi vederla alzare bandiera bianca a due gare dalla fine contro una W08 veloce, ma dalle prestazioni mutevoli in fretta al variare delle condizioni. Ma in fondo questo è il paradosso che strugge i Ferraristi, che hanno visto in poco più di un mese naufragare violentemente un mondiale per la cui realizzazione finalmente c'era la giusta accoppiata pilota-macchina, da ormai troppi anni assente. Il trittico asiatico Singapore-Malesia-Giappone è stato per la Ferrari un mix di sfortuna e mancanza della necessaria affidabilità, proprio quando le prestazioni della vettura sembravano essere cresciute rispetto alla Mercedes: in almeno due di queste gare potevamo tranquillamente assistere ad una doppietta rossa, che avrebbe portato via tanti punti a Hamilton, e in questo finale la Red Bull sarebbe stata ago della bilancia del mondiale con la sua ritrovata competitività.
Purtroppo non avremo mai la controprova di quanto supposto, ma le premesse per riportare il titolo mondiale a Maranello dieci anni dopo l'ultima vittoria targata Kimi Raikkonen c'erano tutte. Rimarranno indelebili in negativo nelle menti dei Ferraristi la partenza di Singapore, il turbo della Malesia e la candela di Suzuka, come nel 2006 il motore rotto da Schumacher sulla stessa pista giapponese, o come l'errore di strategia di Abu Dhabi 2010 che fece perdere il titolo ad Alonso. Lo stesso weekend messicano potrebbe essere un'efficace metafora della stagione della Rossa: straordinaria pole di Vettel al sabato con uno dei giri migliori della sua carriera, ma poi alla prima curva il contatto con Verstappen, che ha come conseguenza il danneggiamento dell'ala anteriore della Ferrari numero 5, che poi va a forare la posteriore destra di Hamilton. E' mancato talvolta quel quid che sarebbe servito a far la differenza, probabilmente fortuna, perché alla squadra divisa tra Maranello e la pista non si può rimproverare nulla, ma c'è solo da battere le mani per il recupero effettuato sulla Mercedes.
Probabilmente nessuno prima di Melbourne avrebbe potuto immaginare una Rossa in testa al mondiale per due terzi del campionato, che a Monaco era arrivata al massimo distacco di 25 punti sulla Mercedes di Hamilton, così come pochi poi vedendo l'andamento della stagione, caratterizzata da una lotta punto a punto, si sarebbero aspettati di veder risolta la contesa con due gare di anticipo. Il motorsport può infatti essere tanto bello quanto crudele, e nei momenti in cui tutto gira storto offre spesso un'occasione successiva per rifarsi: per la Ferrari quest'occasione si chiama 2018, un anno che ora si carica di notevoli aspettative e l'inverno che ci dividerà dal prossimo campionato non sarà dei più facili per il team di Maranello, dovendo lavorare con i fari puntati addosso, come invece non era stato nel pre-season di quella che ormai volge al termine. Ora è importante cogliere almeno una vittoria nelle due gare rimanenti per lanciarsi bene verso il 2018, per dimostrare ancora una volta che quest'anno solo una serie di imprevisti repentini ha impedito a Vettel di giocarsela fino all'ultimo gran premio.