Una squadra costruita sin dal 2010, periodo in cui la Mercedes acquisì una delle anomalie più “interessanti” sotto ogni aspetto della Formula 1, che portava il nome di Brawn GP, ponendo le basi prima in fabbrica e poi in pista, di quel mostro di team che sta dominando nell’era turbo-ibrida.
Numeri da capogiro quelli mostrati in questi quattro anni dalla scuderia della Stella a Tre Punte, e non ci riferiamo “solo” ai mondiali vinti, praticamente tutti. Ad oggi per fare l’en plein serve la non ancora presente certezza matematica del titolo piloti, che porta la firma di quello che il fenomeno lo fa in pista, quel Lewis Hamilton “mai forte come quest’anno” per usare le parole di Toto Wolff, il capitano dell’armata argentata.
Un team che però in questa stagione non ha avuto vita facile, perché si è avuta un po' di mischia e di bagarre grazie ad una Ferrari e ad un Sebastian Vettel mai domi, fregati dalla mancanza di affidabilità nelle gare cruciali, forse a causa di uno sviluppo troppo esagerato, perché quelli di Brackely erano veramente forti.
“Voglio ringraziare tutti i membri del team presenti in pista e in fabbrica. Abbiamo svolto un lavoro incredibile come mai visto in passato e siamo stati unici come mai prima. Siamo riusciti a mantenerci al vertice nonostante il cambio regolamentare e questo dimostra la forza del nostro team. Sono fiero di far parte di questa squadra”. Queste le parole del dominatore dell’ultimo Gran Premio degli Stati Uniti, che però vanno insieme a quelle di colui che può essere considerato uno dei migliori manager nella storia della Formula 1. Già, perché la massima categoria del motorsport a quattro ruote non è fatta “solo” di piloti, ma di altro, di tutto quello che “non si vede” o che “viene prima” di quello spettacolo che siamo in grado di vedere dal nostro comodo divano di casa.
Quel Toto Wolff che ha dovuto gestire negli anni precedenti una lotta intestina tra l’inglese e Nico Rosberg, capace di contendere e poi vincere l’anno scorso. Un 2016 al termine del quale il Campione in carica abdicò, con Hamilton a rapporto tra le montagne svizzere, nella cucina del capo della scuderia a capire e tirare fuori tutto ciò che era andato storto. Quello che in quel momento aveva perso la corona di Re della Formula 1, per quello che ci ha dimostrato nel corso degli anni, avrà avuto in serbo un “o io o vado via”.
Wolff è riuscito a farlo restare, a incentrare il progetto 2017 su di lui, affiancandogli un pilota costante, veloce, ma che sposasse la causa Mercedes, che poi era la stessa di Hamilton. A posteriori la scelta migliore, visto che il duello con la Ferrari è stato bello ed intenso, ed eventuali perdite di punti per lotte interne, quest’anno avrebbero potuto costare caro, ma così non è stato.
Il tutto condito da un Hamilton fantastico, che ha abbinato al suo straordinario talento una buona dose di maturità, costruita anche con diverse boiate fatte in passato, come tutti i grandi tra l’altro. Capace di spingere come un dannato, ragionare quando era il caso di farlo, prendendosi pochi rischi, per quanto possibile per un pilota di Formula 1. Un mostro sotto ogni aspetto.