Quello che è successo nei primi 267 metri delle strade di Marina Bay è come se fosse da considerare “un Gran Premio a parte”, come una sorta di film dove ci sono quei 10 minuti che proprio non si digeriscono, che sembrano poco c’entrare con tutto il resto.
La differenza sostanziale è che il patatrac della prima curva, è stato strettamente legato alla gara di domenica ma soprattutto all’intero prosieguo del campionato, che a questo punto sembra aver preso un indirizzo preciso. Ma in Formula 1 non si può mai dire fino all’ultima curva e chi vi scrive, che è un osservatore della massima categoria da diversi anni, può assicurare che ci sono stati stagioni ben più indirizzate, che alla fine o hanno sovvertito il pronostico o hanno messo a dura prova le certezze di chi, in linea teorica, si sarebbe potuto sentire già con una fetta di campionato in tasca.
Prima di andare più in verticale sul fatto in questione, si vuole far intendere che l’autore di questo articolo ha volutamente deciso di prendersi del tempo per valutare le convulse fasi della partenza, staccandosi dalla “iper-necessità” di voler dire la propria, nell’era della comunicazione disintermediata e delle opinioni assolutamente legittime ma iper-rapide, scadendo molto spesso in chiacchiere da bar sport per interposto social network.
Fatta questa doverosa premessa, direi che sia giunto il momento di provare a perseguire l’obiettivo prefissato, ovvero quello di andare a fare un’analisi dettagliata delle manovre dei tre attori coinvolti, andando a valutare e smontare o avvalorare le maggiori obiezioni che molti osservatori hanno posto nel commento del fatto in questione.
Partiamo dall’inizio, ovvero dallo spegnimento dei semafori, a seguito dei quali si sarebbe dovuti partire in regime di Safety Car, per via delle condizioni della pista abbastanza critiche causate dallo scroscio di pioggia venuto giù nei minuti appena precedenti la partenza. Su questo punto ci sono diverse cose da dire, in particolare che la criticità delle condizioni della pista non era dovuto tanto alla quantità d’acqua scesa sulla pista, quanto ad un difficile drenaggio da parte dell’asfalto usato dalla viabilità ordinaria durante tutto l’anno.
Questo si è visto in maniera abbastanza acclarata, tanto che le gomme intermedie o full wet (a seconda delle singole scelte) sono state usate fin troppo vista la quantità d’acqua relativamente modesta caduta su Marina Bay, a differenza di quanto sarebbe successo su una “pista vera” dove il livello di smaltimento dell’acqua piovana sarebbe stato sicuramente più efficace. A dimostrazione di questo ci vengono in aiuto i team radio proprio di Lewis Hamilton e Daniel Ricciardo attorno al giro 20, con l’inglese che ha riferito: “La pista si sta asciugando molto lentamente”, mentre il pilota della Red Bull è stato ancor più preciso: “In alcune zone è asciutto, in altre è troppo bagnato per mettere le slick”. Tutta questa disamina per dire che effettivamente la pista era difficile nelle primissime fasi della partenza, che tipicamente avviene con vettura più pesante e temperature non sempre perfette, ma non da giustificare la partenza in regime di Safety Car. Su questo punto va inoltre rammentato come per il 2017 sia stato modificato l’articolo 39.16 del regolamento sportivo, riguardante la procedura di partenza secondo cui, dall’anno in corso, in caso di condizioni del tracciato non idonee le monoposto debbano seguire la vettura di Maylander, sino a che la pista non torni in condizioni di sicurezza, per poi posizionarsi sulla griglia e dare il via alla partenza vera e propria. Ma, concludendo su questo punto verrebbe viene da ridere pensando che siamo andati avanti per anni a dire che è ridicolo non dare la possibilità di partire sul bagnato perché i piloti non sono femminucce oppure che la Formula 1 di una volta era migliore. E adesso che si è seguito questa sorta di volere popolare, assolutamente in linea con il pensiero di chi vi scrive, non va più bene?
Andiamo adesso a valutare le tre manovre dei tre protagonisti dell’accaduto, prese per un momento singolarmente, accoppiandoci le varie “accuse” rivolte a ciascuno di loro.
Cominciamo con chi partiva in prima posizione, ovvero Sebastian Vettel al quale viene contestato di aver stretto troppo la traiettoria. Va detto che la manovra del tedesco ha sicuramente contribuito a generare il patatrac, perché ovviamente va a togliere spazio sia a Verstappen che a Raikkonen. Quello che però a molti sfugge, è che stiamo in Formula 1 e non in macchina la domenica mattina per andare a fare il pic-nic a Pinarella o dove volete voi. Chi parte in prima posizione, può decidere se spostarsi o tirare dritto e soprattutto ha il sacrosanto diritto di “intimidire”, sportivamente parlando, chi cerca di ingaggiare un duello con quest’ultimo. E’ il motorsport signori, non esistono gli stop, le multe, gli indicatori di direzione e i vigili urbani.
A questo, inoltre va aggiunto un aspetto che non tutti i commentatori conoscono, visto che può risultare poco intuitivo. Gli specchietti retrovisori non consentono di avere una panoramica di tutto ciò che succede dietro, perché ci sono delle zone d’ombra. E guarda caso, viene impossibile vedere chi ti parte subito dietro in griglia, perché “troppo laterale” rispetto a quello che si riesce a vedere. Non è un caso che nel 99 % dei casi, in particolare chi parte davanti, nei primissimi metri tende sempre a spostarsi (in maniera più o meno accentuata) verso il lato opposto della pista, anche solo per poter vedere cosa sta facendo il primo concorrente diretto, per poter prendere coscienza delle intenzioni dell’avversario per potergli rispondere.
Va anche considerato che Vettel non ha fatto una partenza perfetta con Verstappen che è riuscito ad avere un minor pattinamento dunque ad avere uno start migliore, che gli ha consentito di affiancare subito il tedesco, il quale continuando a non vederlo negli specchietti, ha stretto ancor di più, con la sicura intenzione che questo scartamento verso sinistra sarebbe terminato quando l’olandese si fosse trovato “molto schiacciato verso l’interno”. Purtroppo però c’era anche Raikkonen (autore di una partenza monstre), che però per lo stesso motivo di prima degli specchietti retrovisori, il suo compagno di squadra non ha potuto vedere e, probabilmente, non si aspettava che il finlandese si inserisse in quella linea di pista.
E guardate un po' chi ha preso le difese di Vettel? Proprio quel Lewis Hamilton che al tedesco sta contendendo il titolo mondiale, il quale nel post gara ha rilasciato delle dichiarazioni assolutamente interessanti su queste dinamiche di partenza: “È successo anche a me a Monza e mi sono reso conto che non vedevo l’avversario dietro in griglia (Stroll, ndr) dagli specchietti perché era nell’angolo cieco. Per cui appena parti ti viene istintivo andare comunque verso l’interno a coprire la traiettoria per evitare di lasciare un varco. Tu non sai bene se il tuo avversario è partito meglio di te e ti sta per affiancare oppure se hai preso un certo vantaggio. Fai la manovra di copertura e basta”. È quello che ha fatto Vettel.
Passiamo adesso alla manovra di Max Verstappen, accusato di non aver frenato per evitare l’incidente. E niente, si rimane basiti anche su queste tesi. Cioè, ma dite sul serio? Un pilota di Formula 1 deve alzare il piede? Ma in quale film? L’olandese, vedendosi stretto da Vettel, giustamente ha piegato verso sinistra, in cerca un varco per insinuarsi dove possibile, sino al momento in cui si è accorto della Presenza di Raikkonen, partito a razzo. Dunque Verstappen si è ritrovato a panino tra le due Ferrari e mica può scomparire di colpo per evitare una collisione!
C’è anche bisogno di un minimo di senso critico e di saper valutare e leggere i dati. Noi vediamo tutto più volte, sulla calma del divano di casa, al rallentatore più volte, con tutti i punti di vista e di diversi camera car contemporaneamente, ma in gara tutto accade in un attimo. A quel punto del crash le macchine erano già in quarta marcia e viaggiavano a oltre 150 km all’ora. A quella velocità in un secondo si fanno 41 metri, vale a dire che in due decimi, tempo di reazione normale di un essere umano, si percorrono più di otto metri. E le auto distavano fra di loro meno di un metro… Quindi non c’era il tempo fisico per una manovra di reazione una volta capito che la situazione era compromessa.
Valutiamo ora la posizione di Kimi Raikkonen, scattato maledettamente bene dalla quarta posizione, il quale viene accusato di non doversi buttare da quella parte. E dove sarebbe dovuto andare? Verso destra non sarebbe potuto scattare perché avrà evidentemente percepito l’intenzione di Vettel di stringere e a quel punto l’unica possibilità era di andare alla sinistra di Verstappen. Se proprio volessimo trovare il pelo nell’uovo, potremmo dire che il finlandese si sarebbe potuto allargare un po' verso il muretto dei box, guadagnando spazio invece di chiudere troppo su Verstappen, ma non scherziamoci neanche.
Detto tutto ciò, questo episodio è da annoverare tra i più classici incidenti di gara. A questo punto mi preme fare una breve parentesi linguistica. Incident = episodio; Accident = incidente. Nella comunicazione ufficiale della Direzione Gara in cui si classificava questo evento con Race Incident, definizione coniata apposta quando in una collisione non c’è un errore chiaro di uno dei piloti in particolare, ma l’incidente è frutto dell’agonismo, di un concorso di circostanze e dello spirito essenziale che anima le corse automobilistiche, che è quello di tentare di mettere le ruote davanti all’avversario. Certi incidenti fanno parte della dinamica delle corse, c’è poco da scandalizzarsi. Sono sempre successi e sempre accadranno. Specie in partenza quando le macchine sono tutte vicine. Quindi niente processi sommari. Né moralismi eccessivi e atteggiamenti da chirichetti.
In tutto questo forse l’unica obiezione condivisibile, sempre in un contesto di gente che vede una gara di Formula 1 dal divano di casa, è stata quella secondo cui Sebastian Vettel avrebbe dovuto ragionare di più, visto che è un pilota in lotta per il titolo mondiale mentre il diretto concorrente no, vuole solo vincere la corsa. Avrebbe potuto essere più tranquillo e lasciar passare Verstappen, con il quale si sarebbe potuto ingaggiare un duello “più tranquillo” nei pit stop o comunque cedergli anche la vittoria rischiando il minimo e portandosi a casa la pagnotta. Però ripetiamo, sono dei piloti di Formula 1 e vogliono sempre cercare il massimo come giusto che sia anche se, quel “Sorry” rilasciato nel team radio appena dopo il ritiro fa pensare che Vettel abbia voluto sottintendere che forse un minimo di ragioneria avrebbe fatto comodo. Ma troppo facile parlare a posteriori.
Prima di concludere vorremmo anche fare un breve discorso sul confronto che si sta facendo nelle ultime ore con quanto successo nel Gran Premio di Germania nel 2003, con un incidente al via molto simile nella dinamica, con la differenza che a stringere a quel tempo fu la Williams Bmw di Ralf Schumacher, con esterna la Mclaren Mercedes di Kimi Raikkonen, con la Ferrari di Rubens Barrichello stretto da entrambi. A quel tempo la Direzione Gara diede una penalità al pilota tedesco di 10 posizioni sulla griglia di partenza per la gara successiva e 50.000 dollari di multa. A parere di chi vi scrive quella del 2003 fu una scelta sbagliata di Charlie Withing, a differenza di quanto deciso in occasione del Gran Premio di Singapore.
Concludiamo dicendo che purtroppo o per fortuna, la Formula 1 è una competizione ricchissima di sfumature, e bisognerebbe capire che in realtà “vediamo più cose noi” dalla televisione che un pilota quando è in macchina, che noi abbiamo diversi punti di osservazione, mentre i piloti no, che noi possiamo analizzare le cose con calma con i replay, mentre i piloti nella stessa frazione di secondo in cui noi decidiamo che mutande indossare, devono gestire una vettura ad altissime velocità nello spazio, spesso, di pochi metri per via di duelli, senza i quali, una competizione del genere perderebbe gran parte del suo interesse.