Vi sarete accorti che quella di domenica non è stata una gara “normale”, visto quel mega parapiglia al via che ha eliminato le due Ferrari, la Red Bull di Max Verstappen e la Mclaren – Honda di Fernando Alonso. In pratica in poco più di 500 metri sono spariti 7 titoli mondiali ripartiti tra Sebastian Vettel, Kimi Raikkonen e lo spagnolo del team di Woking, seppur quest’ultimo ha “potuto” alzare bandiera bianca dopo qualche giro a causa dell’incidente avvenuto in curva 1.

Ma l’obiettivo di questo articolo è quello di andare a fare l’analisi della gara, per quanto possibile vista la mancanza dei dati di quella che sembrava essere la vettura da battere tra le stradine di Marina Bay. Infatti, seppur giustificati “dall’evento” negativo che ha coinvolto la scuderia italiana, quello di Singapore è stato un Gran Premio che ha detto molto sotto il profilo dei passi gara e della gestione di una gara che era cominciata sul bagnato. L’analisi dell’incidente verrà quindi posticipata in un altro articolo.

Fatta questa premessa d’obbligo, possiamo addentrarci più nello specifico nei valori in campo che si sono potuti notare “da quel che è rimasto” dei protagonisti.

Una prima annotazione da fare riguarda la partenza dei due piloti della Mercedes, i quali hanno scelto di partire in seconda marcia, invece della prima come molti colleghi. Questa è stata una mossa vincente, al netto dell’incidente, Lewis Hamilton alla prima curva è giunto sino alla seconda posizione, dalla quinta da cui partiva, scartando senza troppi problemi un Daniel Ricciardo che invece ha sofferto parecchi problemi di pattinamento, così come Sebastian Vettel.

Il partire con una marcia più alta, a posteriori, è risultata la strategia migliore per diversi motivi. Questo perché scegliere un rapporto più alto ha consentito di avere un’accelerazione meno brusca ma con meno pattinamento che, evidentemente, su una pista particolarmente bagnata e scivolosa ha pagato di più rispetto ad avere una coppia iniziale maggiore. Se andiamo a considerare anche le caratteristiche del circuito (di cui vi abbiamo parlato qui) improntate sulla motricità, è lecito pensare che la mappatura per la gestione della potenza messa a disposizione dalla componente ibrida della power unit fosse impostata sulla fase di trazione invece che su quella della potenza massimale, visto che di rettilinei ce ne sono pochi e “abbastanza corti”. Dunque, su questo circuito, le accelerazioni delle vetture sono “più violente”, così come allo spegnimento dei semafori. Quindi va dato merito una volta di più ai piloti Mercedes per aver applicato questa scelta.

Da registrare anche una magistrale partenza di Fernando Alonso che, partito ottavo, prima di essere coinvolto nell’incidente, si era trovato in terza posizione con una manovra di “gran carriera”. Dal lato interno dello starting grid ha trovato il varco per buttarsi all’esterno ed impostare curva 1 a velocità quasi doppia rispetto agli altri.

Prima di andare sui passi gara va annotata la scelta del motore per le vetture della stella a tre punte. Infatti pare che sulle monoposto di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas sia stata montata la power unit numero 2 e non la numero 3 come ipotizzato prima del week-end di gara. Questo è importante da sottolineare perché tale motorizzazione presentava 25 CV in meno rispetto all’ultima evoluzione sfornata da Brackley ma soprattutto aveva sul groppone già 5000 km, dunque i tecnici delle Frecce d’Argento non avranno consentito l’utilizzo “a pieno” di questa evoluzione. Infatti, secondo molti osservatori, questa condizione ha fatto pagare nelle fasi salienti della qualifica di sabato circa 4 decimi, che ha impedito di fatto di lottare per le prime file ai due alfieri della Mercedes.

Va anche detto che una scelta del genere è assolutamente capibile da parte della scuderia anglo – tedesca. A sentire le parole di Toto Wolff ancor prima che cominciasse il week-end, quello di Singapore sarebbe dovuto essere una pista dove “correre in difesa”, vista l’attesa e poi verificata miglior condizione della Ferrari. Se a questo aggiungiamo il fatto che per le stradine di Marina Bay l’importanza del motore è relativamente bassa, con una velocità media della pista più alta solo di Montecarlo, ecco giustificata tale scelta.

Detto questo possiamo addentrarci ancor di più nell’analisi vera e propria della gara, che riguarderà in maniera preponderante il passo tenuto dai due alfieri della stella a tre punte e da Ricciardo, vista l’impossibilità del confronto con la Ferrari per i motivi sopra citati.

Come si è potuto vedere, la gara può essere divisa in due tronconi: la prima parte, circa 25-28 giri su gomme intermedie o da bagnato viste le condizioni critiche della pista, ed il secondo spezzone in cui si è corso in condizioni di asciutto.

Nella prima parte della corsa va ammessa la superiorità netta di quel campione del mondo che si chiama Lewis Hamilton, il quale sembra aver fatto un altro mestiere, anche nei confronti del suo compagno di squadra, dunque a parità di macchina. L’inglese è riuscito a trovare subito il ritmo sin dai primissimi giri, quando si girava ancora sul passo dei 2 minuti e quattro secondi.

Questo, a parere di chi vi scrive, assume una connotazione ancor più importante per via di un aspetto generale che è parso durante questa fase di gara. Nei primi 10 giri, dalle lotte al centro gruppo, si è potuto notare come i gommati full wet (banda azzurra) avessero una miglior trazione nelle zone bagnate della pista, mettendo sotto pressione chi invece aveva scelto le gomme intermedie (banda verde), sintomo quindi che i primissimi giri non fossero “adatti” per una scelta di pneumatici dai tasselli meno profondi. Aldilà che questo possa amputarsi al fatto che l’asfalto fosse poco drenante, visto che comunque non è che fosse caduto chissà quale quantitativo di pioggia nei minuti precedenti la partenza, va a sottolineare una volta di più la criticità con cui Hamilton, Ricciardo e Bottas si sono dovuti confrontare, con l’inglese che ha messo in fila i due colleghi come dimostra il grafico sottostante, con l’italo-australiano della Red Bull che al nono giro si ritrovava a 5 secondi dal tre volte campione del mondo. Ma quello che “fa scalpore” nelle valutazioni di chi vi scrive è l’abisso, in termini cronometrici, che l’inglese della Mercedes poneva fra sé ed il suo compagno di squadra, con Bottas incapace di tenere il ritmo, in ritardo di 3.3 secondi sul passo gara fino al primo ingresso della vettura di sicurezza.

Al giro 12 l’ingresso della Safety Car per via dell’incidente di Daniil Kvyat, così la Red Bull fa rientrare Ricciardo per montare un set di intermedie nuove, per provare a sfruttare la freschezza delle coperture nuove per attaccare Hamilton una volta che la vettura di sicurezza fosse rientrata, con l’inglese che invece permane sul set di pneumatici scelti in partenza. Come si può vedere dal grafico sotto, invece, pur con delle coperture più vecchie di quelle di Ricciardo, quest’ultimo ha continuato a perdere terreno nei confronti del leader della gara.

Se a questo aggiungiamo il fatto che la velocità di punta allo speed trap tra la RB13 e la W08 fosse assolutamente confrontabile, se non addirittura identica, si capisce come il vantaggio di Hamilton fosse nella vera e propria guida, dimostrando ancora una volta di avere qualcosa in più degli altri su pista bagnata.

In questa fase, come potete vedere dal grafico appena sopra, Ricciardo e Bottas pagavano rispettivamente 7 decimi e 2 secondi abbondanti al campione inglese.

Da annotare al giro 25 il pit stop “più importante” della gara, ovvero quello fatto da Kevin Magnussen, il quale per primo ha montato le gomme da asciutto, in particolare le ultrasoft. Quando il pilota danese della Haas ha fatto segnare appena uscito dai box un tempo di ben 7 decimi al di sotto di quello migliore fatto registrare da Hamilton nel suo ruolino personale sino a quel momento, è dunque scattato il valzer dei pit stop, con tutti i concorrenti che nel giro 4 tornate avevano già montato le gomme slick.

Quello che c’è da sottolineare in questo spezzone di gara asciutta è il nuovo ed indiavolato ritmo che il pluricampione della Mercedes ha inflitto ai diretti inseguitori, con Ricciardo che nulla ha potuto nel confronto diretto e con Bottas che, rinsavito dopo una prima parte di gara brutta da un punto di vista cronometrico, è riuscito a marcare i tempi della Red Bull che gli era davanti, pur avendo entrambi un ritardo di 6 decimi sul passo gara nei confronti del leader della corsa.

Va dunque detto che per quanto la fortuna abbia girato dalla parte della Mercedes e dell’attuale leader della classifica generale, non si può non considerare che Hamilton abbia legittimato, cronometro alla mano, quanto di positivo gli si è prospettato dopo le primissime curve.

Conclusa la parte relativa alla lotta al vertice del campionato del mondo, qualche parola va spesa sulla gara “degli altri”. Protagonisti in positivo i due uomini del mercato delle ultime settimane, ovvero Carlos Sainz Jr su Toro Rosso e Joylon Palmer su Renault. Lo spagnolo, autore di una gara consistente, ha saputo gestire al meglio un compound più duro, visto che aveva montato le supersoft al contrario dei suoi diretti concorrenti. Infatti ha dovuto comunque gestire il ritorno nelle fasi finali della Force India di Sergio Perez, giocando al decimo senza che quest’ultimo fosse mai in grado di sferrare un vero e proprio attacco.

Buona anche la prestazione del pilota inglese, al centro delle polemiche interne con la sua scuderia che vorrebbe appiedarlo ancora a stagione in corso, proprio a favore del giovane pilota spagnolo della scuderia di Faenza. Palmer, sotto le luci di Marina Bay, ha fatto una gara aggressiva nelle prime fasi, grazie anche alle gomme full wet che, come detto più su, sono state meglio performanti nei primissimi giri, per poi gestire al meglio la sesta posizione che gli è valsa il primo gruzzolo di punti in carriera. Peccato per il suo compagno di squadra Nico Hulkenberg, il quale è rimasto vittima dell’ennesimo problema di affidabilità della vettura francese, forse da ricercare nell’impianto pneumatico per quanto siamo riusciti a percepire.

A punti anche Esteban Ocon con l’altra Force India, la Mclaren con Stoffel Vandoorne, la Williams con Lance Stroll, anche se dovrebbe spiegarci il motivo secondo per cui si è tenuto Felipe Massa fuori con le gomme full wet quando la pista stava cominciando ad essere performante con le intermedie. Menzione anche per le due Haas con Grosjean e Magnussen per averci regalato nelle fasi centrali su pista bagnata delle belle battaglie con il coltello tra i denti da parte di entrambi i piloti, pur dovendo registrare il ritiro del danese per problemi di affidabilità.

Alla prossima gara!

 

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 Oreste Sicilia
Studente di ingegneria, appassionato di Formula 1 e comunicazione. Potete trovarmi qui https://www.facebook.com/oreste.sicilia