Come abbiamo più volte detto, il dualismo al vertice tra Ferrari e Mercedes ha senza dubbio riavvicinato il pubblico, vista la reintroduzione di una sorta di indeterminatezza del risultato venuta meno negli ultimi anni.
A gennaio, quando ancora le squadre erano impegnate con le presentazioni al mondo delle vetture, abbiamo avuto la prima svolta epocale per quanto riguarda invece la gestione della massima competizione automobilistica, ovvero l’acquisizione del pacchetto di maggioranza detenuto da Bernie Ecclestone da parte di Liberty Media per la cifra monstre di sette miliardi di dollari.
Inutile dire che le prime mosse di natura comunicativa si sono già viste, come l’inserimento dei “numeroni” per una miglior comprensione da parte degli spettatori sugli spalti, l’aggiunta dell’indicazione delle velocità di punta sul teleschermo in miglia/h a fianco a quella solita in km/h con l’intento di colmare un certo gap informativo col pubblico americano e la realizzazione di interviste davanti alle tribune, così da fornire una sorta percezione di apertura da parte di un mondo che nella gestione di Mister E sembrava troppo autoreferenziale.
Dunque, il primo imprinting dato da Chase Carey e compagnia è sicuramente in rottura con la passata gestione, ma il bello deve ancora venire. Inutile girarci intorno, il grosso del rapporto tra chi gestisce il “giochino” della Formula 1 e chi assume oneri e onori nella pratica della stessa, ovvero le squadre, passa attraverso il famoso Patto della Concordia, che è quel contratto che i team firmano con chi gestisce gli introiti della massima serie automobilistica. Premesso che attualmente è in vigore l’ultimo patto firmato nell’era Ecclestone sino al 2020, dall’anno successivo dovrebbe prendere piede il primo dell’era Liberty Media. Come vi abbiamo dimostrato in questo articolo, in cui vi abbiano fatto vedere i numeri del giochino degli introiti derivanti dai diritti televisivi, da decenni questo tipo di accordo crea indubbiamente una Formula 1 spaccata in due, da un lato i top team che continuano ad incassare parecchio mentre dall’altro “i piccoli” che continuano a guadagnarci poco.
Se nelle scorse settimane abbiamo cominciato già a sentire i primi distinguo e le lamentele dei vertici delle piccole scuderie in ottica 2021, purtroppo sul Patto della Concordia non pensiamo che possa andare diversamente da quanto fatto sino ad oggi, ma questo meriterebbe un altro articolo a parte.
Quello che vogliamo discutere riguarda quanto dichiarato da Chase Carey (che trovate qui) nei giorni scorsi, sulla possibilità di cercare un accordo con l'intenzione di colmare questa enorme differenza. Nello specifico, il nuovo patron della Formula 1 ha parlato di budget cup, che, per chi segue questa competizione da diversi anni, è uno strumento che non è la prima volta che viene proposto all’interno del circus.
Per essere poco diplomatici, l’inserimento di un tetto di spesa comune nella massima competizione automobilistica è una mera stupidata. Il motivo? Semplicemente perché verrebbe meno la definizione stessa della massima serie del motorsport a quattro ruote.
A proposito, cos’è la Formula 1? Ok, tutto molto bello, Vettel contro Hamilton o Mercedes contro Ferrari, ma che vuol dire Formula 1?
La Formula 1 è la MASSIMA CATEGORIA IN TERMINI PRESTAZIONALI DELL’AUTOMOBILISMO MONDIALE. Dunque dovrebbe rappresentare il non plus ultra delle monoposto a quattro ruote, il massimo della ricerca per miglioramento delle prestazioni. Le squadre sono prima di tutto dei centri di ricerca, di sviluppo, di informazioni con sfera d’influenza sull’intero globo. Come anche solo si può pensare di inserire un tetto di spesa ad una categoria del genere? E poi a quanto dovrebbe ammontare? La Formula 1 non è mai stata solamente una competizione sportiva, ma anche e soprattutto una sfida industriale, di know how, i piloti sono “solo” gli esecutori finali di tutto un processo che avviene dietro al mondo mass mediatico che ora sono diventati i week-end di gara. Tra le altre cose, ma questo è un ragionamento più lungo e complesso che dipende molto dai singoli costruttori e dalle loro organizzazioni interne, c’è la possibilità che alcune tecnologie sviluppate in questi laboratori di caratura mondiale possano avere ricadute industriali e commerciali anche sulle auto “normali” che guidiamo tutti i giorni.
Nel corso degli anni, già si sono andate a tagliare diverse spese che potevano permettersi solo i top team, come ad esempio l’inserimento del parco chiuso di cui vi abbiamo parlato in questo articolo, che già va in antitesi con la visione della Formula 1 per definizione della stessa, ma almeno non va ad ingabbiare la possibilità di spesa e di ricerca da parte dei team.
Ci sarebbe da parlare su cosa non va da questo punto di vista, ma ci vorrebbero altri articoli. L’obiettivo di questo pezzo voleva essere quello di discutere lo strumento del budget cup che a noi non va giù.