Come avete potuto notare, negli ultimi giorni è impazzita la polemica sul sistema Halo, a seguito di una “forzatura” voluta dalla FIA in sede di Strategy Group. In realtà è ormai da diversi anni che si discute per perseguire una maggior sicurezza per quanto riguarda “la zona della testa del pilota”, da molto più tempo rispetto a quanto si immagini.
Ma volendo circoscrivere la questione nell’ultimo periodo e in particolare a quel sistema provato già l’anno scorso, che avrebbe dovuto esordire in questa stagione prima di rinviarne l’utilizzo, c’è molto da essere in disaccordo con l’intenzione da parte della Federazione.
Sul tema, gli appassionati si sono divisi in primo luogo sull’aspetto estetico, oggettivamente orrendo, che nulla ha a che fare con “il disegno” di una monoposto, con quella forma che oscilla tra un infradito del bangladino in riviera ed un indumento che merita certamente altri luoghi ed altri protagonisti del genere umano.
Ma questo è secondario quando si parla di sicurezza, dove quindi l’obbiettivo da perseguire non deve essere di tipo estetico ma verso quello che gli esperti di sicurezza del lavoro chiamano misura di protezione, quindi si deve porre l’accento su quello che comporta l’utilizzo di un dispositivo di questo tipo. Ed è infatti su questo che vogliamo focalizzarci, suddividendo la questione in diversi punti.
Cominciamo con l’aspetto della visibilità ridotta, come potete vedere dall’immagine di sopra in cui si vede la prospettiva che ha il pilota di ciò che avviene avanti a sé. Già solo la presenza di questa “forma” strana crea dei disturbi “agli occhi” dei piloti, che devono confrontarsi con gli avversari, farsi sotto per prendere la scia, che sono sotto pressione. Dunque, già solo questo aspetto dovrebbe far riflettere.
In secondo luogo, ma non di importanza, ragioniamo sul tema della sicurezza per la testa del pilota vero e proprio, che è l’aspetto principale per cui si vuole inserire un dispositivo di questo tipo. L’idea (corretta) è quella di evitare che in incidenti “particolarmente sfortunati” ci possa essere “qualcosa” che vada ad incrociare il casco di un concorrente. Su questo punto ci sono da fare diverse considerazioni, la prima della quale riguarda il capire quanto sia in grado di resistere questo elemento posto in quella zona della vettura. Ci vuole un numero! Quanti Newton di forza può reggere quel dispositivo? Per quale velocità massima, di qualsiasi oggetto che possa interferire con il casco del pilota, è progettato? Fino a quando non sapremo questo sarà difficile ragionare in termini di sicurezza vera e propria che, per chi non lo sapesse, è una disciplina di tipo ingegneristico, dove quindi le idee si devono tradurre con dei numeri e dove le opinioni contano fino ad un certo punto.
Il dubbio che però sovviene riguarda il comportamento di tale sistema in incidenti “più frequenti” ma che attualmente hanno una magnitudo del danno relativamente bassa. La domanda da porre è se per questi avvenimenti un siffatto sistema possa produrre un reale vantaggio o il contrario, pur considerando che nella maggior parte di essi la presenza o meno dell’Halo può risultare assolutamente indifferente. In una Formula 1 in cui le gomme non “si staccano” più per via incidentale (se non per espliciti problemi di montaggio al pit stop) per la presenza del cavo di ritenzione, assolutamente proficuo ed intelligente come dispositivo di sicurezza, viene da chiedersi in quale occasione espleterebbe la sua utilità questo “infradito di carbonio”.
Andando a memoria, e non si ha neanche la certezza, forse l’unico incidente in cui Halo avrebbe potuto fare la differenza riguarda quanto accaduto a Fernando Alonso alla partenza del Gran Premio del Belgio del 2012. Se andate direttamente alla fine del video potete notare dall’on board camera della vettura dello spagnolo, come la Lotus di Romain Grosjean sia andata molto vicina al casco del due volte campione del mondo. Va da sé il pensiero che se la vettura del pilota francese fosse passata mezzo metro più “in qua” staremmo a parlare di ben altro. Ecco in questo caso Halo avrebbe potuto fare qualcosa sicuramente, ma non sapendo “i numeri” di cui sopra il condizionale è d’obbligo. Inoltre, di incidenti del genere francamente ne ricordo pochi.
Quello che sicuramente si può dire è che, nello stesso periodo considerato, gli incidenti in cui Halo sarebbe potuto essere più un problema che una soluzione, oppure non avrebbe avuto alcun effetto, siano maggiori in termini di numero. Si sarebbe evitato l’impatto tra il casco di Felipe Massa e la molla impazzita persa dalla Brawn GP di Rubens Barrichello durante le qualifiche del Gran Premio d’Ungheria nel 2009? Avrebbe salvato Jules Bianchi? Avrebbe aiutato Fernando Alonso nell’incidente di Melbourne del 2016 o Daniil Kvyat a Suzuka nel 2015? Nel ritiro di Lewis Hamilton in Malesia lo scorso anno, per via della power unit Mercedes che ha letteralmente preso fuoco, seppur circoscritto e che non ha minimamente intaccato la seduta del pilota, un tale sistema non avrebbe reso difficile la fuoriuscita del pilota stesso dall’abitacolo? E senza fare riferimento a chissà quali tragicità, il mezzo cappottamento di Pascal Wherlein quest’anno a Montecarlo, con la presenza di questo elemento, quanto tempo in più avrebbe richiesto per “liberare” il pilota e di conseguenza quanti giri in più di Safety Car sarebbero dovuti essere necessari, togliendo quindi una quota parte in più alla valenza agonistica della gara? Francamente le risposte a queste domande sono particolarmente difficili da fornire e, considerando che in una simulazione effettuata dalla Ferrari sull’estrazione del pilota in caso di incidente questa sia durata ben 12 minuti, si pongono degli ulteriori dubbi sulla questione.
Per quanto questo sistema sia a modesto parere di chi vi scrive un errore, nessuno vuole bloccare lo sviluppo di idee innovative volte al miglioramento della sicurezza della zona della testa dei piloti. Bisogna però che questo non vada a snaturare la concezione di vettura di Formula 1, che rimane pur sempre una competizione motoristica, dove il rischio zero al momento non esiste e continuerebbe a mancare pur con questo sistema.
Che si continui a lavorare in questa direzione ovviamente, ma prima di imporre scelte del genere si rifletta senza essere affetti da “psicosi” relative alla eccessiva sicurezza, in una competizione in cui comunque si va oltre i 300 km/h.