L'edizione 2017 della 24 Ore di Le Mans sarà ricordata come una delle più calde, non solo per le insolite alte temperature registrate nello scorso weekend nella regione della Loira, dove invece è più comune trovare pioggia e fresco se non freddo, ma anche per quanto accaduto tra le ore 15 del sabato e le 15 della domenica. Durante le 24 ore preferite dagli amanti del motorsport è accaduta una tale serie di eventi che fa capire come questa sia la corsa più affascinante al mondo per chi è spettatore, mentre per chi corre è la più dura che esista, non solo per la sua durata che impone cambi di pilota e ritmi al limite dell'umana sopportazione, ma anche per i suoi crudi risvolti che talvolta può avere.
Parlando di questa edizione, è impossibile non trattare dello psicodramma nipponico firmato Toyota. I giapponesi erano arrivati in terra francese con il favore del pronostico, vogliosi di prendersi un'importante rivincita dopo l'immane batosta subita nel 2016 con il ritiro a pochi minuti dalla fine mentre erano in testa: quest'anno schieravano 3 vetture nella classe regina LMP1 contro le due della Porsche, unica vera sfidante per la vittoria. Anche solo per un dato statistico, avere 3 macchine può garantire maggiori chance di vittoria, e del resto l'atteggiamento dei tedeschi era sembrato remissivo, tale da far pensare quasi ad una sconfitta annunciata. Al via della gara la Toyota #7, che nel frattempo aveva conquistato la pole al venerdì abbattendo il precedente record della pista, inizia a fare il suo ritmo da subito e prende il largo, facendo avere buone sensazioni agli uomini nel box giapponese, che però non potevano sapere ciò che il destino aveva riservato per loro nelle ore successive.
Agli appassionati del mondo dei motori piace pensare che ci sia a volte un'influenza esterna nelle gare, capace di volgere la buona sorte dall'una o dall'altra parte in alcune situazioni, come potrebbero essere un sorpasso o un pilota in grado di rinviare una caduta mentre la moto lo sta per lanciare in aria. Premesso ciò, la 24 Ore di Le Mans si carica per il suo fascino di una sacralità tale che si deve immaginare uno scenario in cui su di essa vigilino come degli dei, in grado di aiutare l'uno o l'altro team a seconda del proprio volere, richiamando quasi le figure divine dell'epica classica. Lo scontro Toyota vs Porsche non è paragonabile di certo ai duelli contenuti nell'Iliade o nell'Eneide, ma come in quei poemi sono eventi fortuiti a fare la differenza nel bene o nel male tra la vittoria e la sconfitta.
Avevamo lasciato il nostro racconto in sospeso con la vettura numero 7 in testa, che una volta sopraggiunta la notte sui 12 km del circuito de La Sarthe manteneva saldamente la leadership, seguita dalla sua sorella #8 in seconda posizione. Nella letteratura è stata frequentemente usata come sfondo la notte, della quale a volte sono esaltate le qualità positive, come la quiete ed il riposo, mentre altre volte viene sottolineato il suo aspetto oscuro, che incute paura. Per la Toyota la notte tra le curve della Loira ha la seconda fisionomia tra le due presentate, ed è una vera e propria disfatta, con due ore nerissime che iniziano dalle 23 per i giapponesi. L'idillio di avere due macchine davanti a tutti si spezza infatti sul finire della settima ora di gara, quando la TS050-Hybrid #8 inizia a fumare copiosamente dalla ruota anteriore destra: una volta rientrata ai box, viene diagnosticato un problema al sistema elettrico, che per essere risolto richiede molto tempo e la vettura verrà rimandata in pista con un ritardo notevole di giri dall'altra Toyota. C'è dispiacere tra i tecnici giapponesi perché una doppietta sarebbe stato il modo migliore di celebrare un'eventuale ritorno alla vittoria a Le Mans dopo l'ultima affermazione datata 1985, ma perdere una macchina è un rischio che ogni team tiene in conto data la durezza della corsa. Tuttavia, i patemi non erano appena che all'inizio.
Ore 00.37. La vettura n°7 è sempre prima, ma ecco che arriva l'imponderabile a modificare le cose, ed il modo è assai beffardo. Kobayashi rientra per il pit stop durante il regime di slow zones, causato da una Ford finita nella ghiaia, per il quale viene disposto subito dopo l'ingresso delle pace car: la regola vuole che ci si debba accodare dietro una di esse, motivo per cui il giapponese è in attesa del loro passaggio alla fine della pit lane. E' qui che si manifesta l'avversione delle divinità della 24 Ore alla Toyota: mentre è fermo, Kobayashi vede una figura vestita di arancione nell'oscurità a bordo pista, del tutto simile ad un commissario, che gli fa un gesto che lui interpreta come segnale di via, motivo per cui lascia la frizione e parte. In realtà quella persona è Vincent Capillaire, pilota dell'Algarve Pro Racing, che si sta complimentando col giapponese per la sua gara, ma lui non può saperlo: dai box fermano subito Kobayashi via radio, che effettivamente si arresta, ma, quando vede che da bordo pista i segnali di incitamento continuano, riparte per poi fermarsi ancora. Si accoda infine alla pace car, ma l'uso eccessivo della frizione, elemento molto sensibile, crea un grave danno alla sua macchina: alla chicane Dunlop inizia a rallentare, è dunque costretto ad impostare la modalità esclusivamente elettrica, ma è poi costretto a parcheggiare la TS050, beffardamente, proprio all'uscita delle curve Porsche, col team tedesco che prende la guida della gara.
Cala il gelo nel box Toyota: la sfortuna è piombata di nuovo su di loro, ma stavolta sembra un colpo ancora più duro da incassare. La 24 Ore di Le Mans sta ancora una volta presentando un conto salatissimo ai giapponesi, manifestandosi nel suo lato più crudele e oscuro, come la notte francese, rischiarata solo dai fanali delle auto che passano. Ma come se ciò non fosse ancora sufficiente, la disfatta Toyota non è finita qui: la vettura #9, della quale finora non avevamo parlato perché rimasta più attardata rispetto alle altre due, nel superare una LMP2 subisce un contatto che porta alla foratura di una ruota posteriore ed al danneggiamento della macchina, da cui nasce anche un principio di incendio. Il fuoco si spegne da sé, ma la macchina è in condizioni pessime: Lapierre imposta la modalità elettrica per cercare quanto meno di raggiungere i box a 60 km/h, e quando ormai sembra che ce la stia facendo la sua auto si arresta definitivamente a poche centinaia di metri dall'ingresso della pit lane. Alcuni tra le file giapponesi non trattengono le lacrime, altri sono fermi e ammutoliti, sperando che sia solo un brutto sogno da cui sia possibile svegliarsi; purtroppo per loro è la realtà, una realtà durissima da accettare che vede due macchine su tre ritirate per il colosso nipponico, mentre l'unica ancora in gara, la #8, ha un distacco incolmabile di 29 giri.
Anche chi scrive stenta ancora a credere che sia possibile che tutto ciò sia avvenuto nell'arco di appena due ore e che la sfortuna si sia ancora una volta accanita contro i giapponesi. Resta il fatto che, analizzando a mente lucida il tutto, l'affidabilità delle Toyota non è sembrata adeguata ad una corsa lunga e faticosa per la meccanica delle vetture come è la 24 Ore, mentre la velocità c'era. Ma quando in due anni si collezionano due ritiri mentre si è in testa è anche sfortuna, dal momento che la 24 Ore ha mostrato nel 2016 e nel 2017 il suo lato più aspro alla Toyota, lasciando allibiti i nipponici ma anche ogni spettatore, ammutoliti da una simile crudeltà.