Le storie di sport talvolta si perdono tra la leggenda e la verità e proprio per questo sono bellissime; al loro interno inoltre troviamo spesso determinati elementi che ne accrescono sensibilmente il fascino. Ieri è stata scritta una pagina importante di sport, di quelle che vale la pena vivere per poi raccontare: la domenica del Mugello sarà ricordata a lungo come onirica per tutti gli appassionati delle due ruote, essedoci stato un italiano trionfante in ognuna delle tre classi. In questo quadretto perfetto che ha come sfondo le colline toscane, vogliamo mettere in evidenza il trionfo di Mattia Pasini in Moto2, con il romagnolo tornato alla vittoria sulla stessa pista dove nel 2009 aveva colto la sua ultima grande gioia. Da quell'edizione del Gran Premio d'Italia sono passati otto anni, in cui per Pasini ci sono state più ombre che luci, tanto che nel 2015 era rimasto senza moto e molti all'interno del mondo del motorsport lo davano per finito, citandolo spesso come il classico esempio di giovane dalle buone speranze che però non riesce a compiere quel passo in avanti necessario per poter competere ad alti livelli. In questo 2017 dopo il quarto posto di Jerez ed il quinto di Le Mans, risultati più che discreti, la vittoria nella gara di casa forse farà ricredere più di qualcuno sul valore del pilota riminese: parlare di rivincita del Paso sarebbe però riduttivo, perchè c'è molto di più da dire, e per farlo dobbiamo fare riferimento alla sua storia personale.
Mattia Pasini, figlio di Luca Pasini, anche lui pilota, fin da piccolissimo dimostra una passione notevole per le due ruote e la sua storia fin qui è del tutto simile a quella di molti suoi conterranei, essendo la Romagna una regione geografica dove quasi per natura un bambino è portato a saltare il passaggio dal gattonare al triciclo, per fiondarsi subito sulla minimoto. Le sue vicende personali però si complicano quando, poco più che ragazzino, riporta un grave incidente in motocross, che ha come conseguenza lo schiacciamento permanente di un importante nervo del braccio destro. Da allora, il pilota romagnolo non ha più forza nel braccio, tanto che a fatica riesce a stringere la mano. Eppure, la sua determinazione è tale che vuole continuare a correre nonostante il suo impedimento fisico, anche se si pone un grande problema: il braccio e la mano destra sono fondamentali in moto non tanto per accelerare quanto per frenare, essendo il freno anteriore posizionato sulla destra del manubrio. Per consentirgli di correre è stata dovuta modificare ogni moto che ha avuto, spostando il freno sulla sinistra del manubrio, al posto della frizione, che viene aggiunta come piccola leva sempre sulla parte sinistra, ma è ovvio che guidare una moto in questo modo diventa più difficile. In pratica Pasini può solo frenare o usare la frizione, cose che invece andrebbero fatte contemporaneamente, specialmente in Moto2 dove molti piloti fanno dell'uso della frizione un punto di forza in curva. Detto ciò, è chiaro che tutto deve essere riconsiderato: inoltre, come ha detto nel post-gara Valentino Rossi, grande amico del Paso, la vittoria di Mattia assume grande valore per il modo in cui è arrivata, con un sorpasso ad Alex Marquez alla Casanova-Savelli, ed un altro ai danni di Luthi all'Arrabbiata, che dimostrano come ci sia assolutamente del talento in Pasini, altrimenti cose del genere nemmeno puoi immaginare di metterle in pratica all'ultimo giro. Tenendo presente il problema permanente che ha, la sua vittoria è più di un capolavoro e non si può rimanere impassibili di fronte a quanto fatto dal pilota riminese.
Infine, la menomazione con cui è costretto a convivere Pasini riporta la memoria ad un'era passata del motociclismo, quasi leggendaria, in cui diversi piloti che avevano riportato incidenti sono riusciti ad ottenere risultati importanti, quasi incuranti della loro condizione. La storia ci propone un esempio riminese come Mattia, cioè Renzo Pasolini, che dovendo indossare gli occhiali da vista a causa della miopia era costretto a correre con il casco jet per non appannare gli occhiali. Poi ovviamente bisogna citare la leggenda Mick Doohan, che ha conquistato cinque mondiali consecutivi in 500 con la gamba sinistra completamente martoriata dopo un incidente nel quale aveva rischiato l'amputazione. Due episodi invece più vicini ai giorni nostri sono legati a Loris Capirossi, che nel 2002 conquistò il terzo posto quattro ore dopo essersi rotto il polso destro, ed a Troy Bayliss, che nel 2007 dopo una rovinosa caduta in gara 1 in Superbike, che gli provocò il distaccamente della seconda falange del mignolo, chiese immediatamente al dottore del centro medico di amputargli il dito per poter disputare gara 2; la richiesta del pilota fu ascoltata in parte, perchè l'operazione fu fatta ma non gli fu concesso di tornare in moto quel giorno, ma ciò è rimasto comunque simbolo di coraggio e sprezzantezza del pericolo, caratteristiche intrinseche al pilota nell'immaginario collettivo.