Raccontare Gilles Villeneuve è difficile, specialmente per me che seguo questa competizione da molti anni pur non avendo vissuto direttamente il periodo del pilota canadese. Io che sono cresciuto con le gesta di Schumacher e Hakkinen, sentivo spesso trapelare da amici “più grandi” e parenti una certa forma di nostalgia nei confronti di Villeneuve. Questo avveniva mentre stavo alle scuole elementari, a quel tempo c’era ancora Windows 2000 professional, i computer erano dei mammasantissima che occupavano metà scrivania e non c’erano ancora le informazioni gratuite che troviamo adesso. Allora io, nella mia incompetenza di quel periodo andai a fare una banalissima ricerca sull’albo d’oro della Formula 1, con l’obiettivo di stilare i vincitori dei mondiali di Formula 1 dal 1950 ad oggi. E niente, Villeneuve non c’era. E quindi dopo un po' che amici parenti insistevano con questa cosa io, dall’alto della mia competenza in materia di 12enne in carriera, la contestavo appellandomi al fatto che questo loro fantomatico mito fosse soltanto nelle loro teste, tanto da cominciare a pensare che fosse solo un modo per scimmiottare la mia adorazione, in quel momento, di un tedesco che stava facendo grande la Ferrari.

Poi sono cresciuto, è arrivato internet nel pieno delle sue forze, così come i video ed ho iniziato a documentarmi. Allora comincio a vedere alcuni “numeri” di Villeneuve e, molto sinceramente, ancora c’era qualcosa che mi sfuggiva.

Poi un giorno, nelle mie letture spasmodiche, incontrai la definizione di mito, che mi fece riflettere. Allora ho cominciato ad associare a uomini e donne dello sport e più in generale ai “VIP” la definizione che ancora ho in testa, per cercare di capire come e perché si diventa tali. Allora provai ad applicare questo ragionamento a quella competizione che seguo da molti anni, e giunsi ad una conclusione, prima per Schumacher, poi per Senna.

Devo dire infatti di non aver trovato molta difficoltà nel capire il perché questi due siano considerati ancora oggi dei miti, seppur per epoche e stili completamente diversi. Ma su Villeneuve ancora non capivo, forse perché mi mancava ancora “l’occhio” per giudicare certe cose. Certo ha corso per la Ferrari, era ben voluto dal Commendatore ma il canadese era mitico non solo per i ferraristi.

Penso allora di aver fatto l’errore di vedere gli spezzoni delle gare dell’epoca con gli occhi di chi è abituato a quelle di adesso. Allora ho provato ad immedesimarmi negli spettatori di quel tempo, consci di cos’era e cosa non era la Formula 1 in quegli anni e capii: Villeneuve racchiudeva la sintesi di genio e sregolatezza. Attenzione però, non vorrei crearvi confusione. Molto spesso quando associamo queste due parole ad una persona, sottintendiamo che la genialità sia confinata nel campo di calcio, nella pista, mentre la sregolatezza sia un qualcosa che caratterizza la vita privata di quel personaggio, quasi a compensare la genialità messa in mostra nel suo mestiere.

Getty images
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Invece Villeneuve era genio e sregolatezza quando guidava, la curva prima era capace di trovare aderenza in punti impossibili, la curva dopo per lo stesso motivo si insabbiava o montava su un pilota o sulla recinzione del circuito. Allora tutto mi tornò, Villeneuve era imprevedibile, era bello vederlo guidare, si rendeva ancor più particolare in una competizione già considerata elitaria. E non era importante che vincesse o che dominasse, per gli appassionati era già un successo vederlo semplicemente in macchina.

Mi immagino Gilles nella tomba (o in cielo per chi ci crede), vedendo la Formula 1 di oggi con i passi gara, la gestione delle gomme, la mappatura del motore, i soli 4 motori all’anno, farci una sonora pernacchia e pensare “quello che voi usate in un anno io lo facevo durare massimo 2 gare”.

Villeneuve era velocità, sotto qualsiasi forma, che fosse con le motoslitte, in bicicletta o con una vettura di Formula 1 poco importa, il suo obiettivo era correre al massimo delle possibilità sue e del mezzo, anche se la macchina si trovava su tre ruote come avviene a Zandvoort durante il gran premio d'Olanda, dove si rende protagonista di un episodio che farà discutere ma che comunque ci consegna l'idea del suo spirito di indomito combattente. Villeneuve è al comando ma si rende conto che le gomme si stanno usurando e che una, in particolare, sta cominciando a sgonfiarsi. Gilles continua e attaccato da Alan Jones, compie uno spettacolare "testa-coda". Non si ferma ai box, come sarebbe stato logico, per cambiare i pneumatici ma prosegue e finisce nuovamente fuori pista con il pneumatico posteriore sinistro che comincia ad afflosciarsi. Deve praticamente compiere un intero giro per rientrare ai box e lo compie con la smania di non perdere troppo tempo. Fila come un razzo tanto che il cerchione comincia a strisciare sull'asfalto fino a quando non si rompe completamente anche la sospensione. Villeneuve continua imperterrito con il troncone posteriore quasi divelto che sprizza scintille ed ondeggia paurosamente; si ferma ai box ed è l'amara conclusione di una gara che ha acceso l'entusiasmo dei tifosi ma che, al tempo stesso, accende anche infuocate polemiche.

Ecco questo episodio, forse, è di quanto più esplicativo che si possa trovare per definire Villeneuve e capire il perché sia rimasto così saldamente nella testa degli appassionati.

Io posso solo essere dispiaciuto di essere vissuto in un’epoca diversa e di non averlo “vissuto” da appassionato come invece ho fatto gli ultimi 15 anni. Ciao Gilles.