Sapete, questo è il mio primo articolo su Senna, in un giorno abbastanza triste per gli appassionati di Formula 1, visto quanto successo quel week-end a Imola nel 1994. E devo dirvi che ho ripensato più volte a come impostarlo per provare, nel mio piccolo, a renderlo meno banale e meno simile a quelli che si vedono nel giorno della commemorazione del pilota brasiliano, pur considerando che ridurre la storia del pilota paulista in un unico articolo sia quantomeno difficile.

Ai più appassionati non sfuggirà che stiamo parlando di un vero e proprio fenomeno, un genio del volante ed un pilota costante nel mettere in pista il talento a disposizione. Potrei citare il primo podio sotto la pioggia a Montecarlo nel 1984 a bordo di una Toleman, oppure la prima vittoria l’anno successivo in Portogallo, alla sua seconda gara con la Lotus in cui doppiò tutti tranne uno, per non parlare di quella ottenuta in Brasile nel 91, davanti al suo pubblico, conseguita al termine di una gara dove il cambio della sua Mclaren era andato in ferie e aveva tramortito il pilota paulista, tanto da dover essere aiutato a scendere dalla vettura e ad alzare con fatica il trofeo sul podio. E’ evidente che la carriera sportiva di Senna non può essere riassunta in queste tre gare, pur essendo dal sapore epico.

Quello che però vorrei fare è provare a capire il motivo per cui Ayrton Senna sia stato così seguito, sia stato così amato e così ricordato. Spero di non essere frainteso, ma sono convinto che tutto ciò non dipenda troppo dai suoi successi in pista né dal fatto che sia venuto a mancare durante una gara di Formula 1, in un incidente dalla dinamica “sfigata”. Sapete, Senna non è stato né il primo né l’ultimo a compiere imprese alla guida degne di nota eppure “gli altri” non sono così vissuti nel ricordo degli appassionati.

"Non sono una macchina, non sono imbattibile; semplicemente l'automobilismo fa parte del mio corpo. Quattro ruote, un sedile, un volante. E' la mia vita, dalla più tenera età"

Quello che rende nostalgico il ricordo di Senna è l’uomo, l’atteggiamento con cui si predisponeva alle corse automobilistiche, la posizione all’interno del circus che si era ritagliato. Era uno che non nascondeva e non si vergognava della sua fortissima fede in Dio e di come si rivolgesse a lui ogni volta che entrava in macchina; qualcuno dirà che forse questa suo “rapporto” gli conferisse una sorta di leggerezza di pensiero che gli consentiva di avere una guida superlativa, al di là del rischio normalmente percepito dagli altri piloti. Questo suo modo di calarsi nel ruolo di pilota, portò anche a delle critiche, specialmente dal suo rivale storico ed ex compagno Alain Prost che una volta disse: “Ayrton non si rende conto del pericolo perché crede in Dio e a quelle cose lì…

Ma questo aspetto lo rendeva “ancor più normale”, tanto che la sera del 30 Aprile del 94, nel giorno della morte di Roland Ratzenberger, Senna richiese una bandiera austriaca per poter commemorare il pilota della Simtek, da solo.

Oppure quando durante un’intervista, nel raccontare quale fosse una gara a lui particolarmente cara (e ce ne sarebbero state) molto tranquillamente ne ricordò una del campionato europeo di kart, a cui il pilota paulista associava la definizione vera ed intrinseca di corsa automobilistica, perché assente della “politica” e dei troppi soldi di cui invece era vittima la Formula 1; una dichiarazione quasi da pilota “anti-sistema”, per usare un’espressione molto usata in questo periodo.

Oppure quando durante una riunione tra la direzione gara e i piloti, in cui passò una norma di buon senso che invece l’anno precedente aveva penalizzato lo stesso Senna, quest’ultimo andò via sbattendo la porta. Sanguigno, umano, normale.

Altro momento, a detta di tutti, in cui “l’uomo” Senna è venuto fuori è in occasione del grave incidente accorso a Martin Donnelly nel 1990 a Jerez, a seguito del quale il pilota brasiliano si era portato sul luogo dell’incidente per poter vedere in prima persona l’accaduto ed aveva interloquito con lo staff medico della FIA, per poter avere informazioni in merito e porre un primo focus sulla sicurezza in Formula 1.

Oppure come dimenticare quanto accorso durante le prove in Belgio nel 1992? Erik Comas, pilota che ai più non dirà nulla, va a sbattere violentemente in uscita dal curvone Blanchimont e rimase incosciente per alcuni istanti. Ayrton Senna, accortosi della gravità dell’incidente, fermò la sua vettura e soccorse immediatamente il pilota francese, il quale dichiarò successivamente come in quell’occasione il pilota brasiliano gli avesse salvato la vita. Immagini di un’altra epoca della Formula 1, utopia oggi.

E poi aveva qualcosa di diverso: era brasiliano e significava raccogliere l’eredità di gente come Nelson Piquet ed Emerson Fittipaldi, ma non voleva dire solo questo. Non è mia intenzione quella di voler raccontare il Brasile ma, ad una attenta analisi, balza all’occhio come i brasiliani avessero quasi riposto in Senna quell’orgoglio e quella sensazione di rivalsa nei confronti del mondo. Indimenticabili sono le feste in piazza a suon di carri allegorici per i successi mondiali di Senna, come la benemeranza ricevuta dal presidente del Brasile di quel periodo.

Potrei non finire più nel raccontarvi “l’uomo” Senna. Quello che però accomuna questi episodi è il rapporto, del tutto “normale” che Senna aveva con il mondo delle corse. Non è mia intenzione addentrarmi in discorsi sociologici, ma Senna era particolarmente amato perché era l’anello di congiunzione tra un mondo “non normale” come quello della Formula 1, inarrivabile per la gran parte degli appassionati, e quelle persone che invece erano “normali”.

Vedete la Formula 1 nel passato attraeva perché vista come qualcosa di “difficile”, di non arrivabile per le persone “normali”, i piloti erano considerati come dei veri e propri eroi; ma allo stesso tempo il pilota eroe era qualcuno di “non normale”, di inarrivabile, era il rappresentante di un mondo elitario. Invece Senna affrontava questo mondo qui con una personalità assolutamente normale e quindi ha reso la Formula 1 più vicina alle persone di quanto non avesse fatto la Formula 1 stessa nella sua ottica di mercato volta a raggiungere più persone possibili.

Per questo Senna è mitico, per definizione. A seconda di dove andiate a cercare la definizione di “mito”, quello che sicuramente possiamo dire è che questo termine viene associato a chi è polarizzante delle aspirazioni di una comunità o di un’epoca, ponendosi come simbolo della stessa comunità o epoca. E’ quindi evidente che Senna sia un mito ed è per questo che è diverso rispetto a tutti gli altri piloti del passato.

E’ per questo che Senna è Senna, perchè ha lasciato qualcosa di indelebile, come solo i miti veri sanno fare

Ciao Ayrton.