Piccola premessa; questo articolo non ha l’intenzione di “sfruttare” quanto di brutto capitato in settimana a Billy Monger a Donington Park, non troverete video o foto per “impressionare” o per parlare dei piloti più famosi che hanno voluto dimostrare pubblicamente la loro vicinanza al 17enne inglese per le conseguenze riportate.
Se siete in cerca di questo, potete uscire dall’articolo, andare su google, su youtube ed impressionarvi quanto volete. La riflessione che vorrei proporvi, nei limiti delle competenze di ognuno, riguarda la differenza dei livelli di sicurezza nelle varie categorie del motorsport a 4 ruote.
Prima che possiate trasformarvi in dei Capitan Ovvio, posso assicurare che in qualsiasi tipo di competizione dove c’è di mezzo qualcosa che raggiunge certe velocità NON E’ POSSIBILE AVERE IL RISCHIO ZERO, anche nella categoria regina quale la Formula 1, almeno ad oggi.
Quanto avvenuto a Donington Park è solo l’ultimo degli incidenti “spettacolari” e gravi nella magnitudo del danno, in cui sono coinvolte vetture delle categorie minori; non che in Formula 1 negli ultimi anni non ci siano stati incidenti “di livello” soprattutto nella dinamica. Vi ricordate Robert Kubica nel 2007 in Canada? O Mark Webber nel 2010 a Valencia? Per non parlare di Fernando Alonso nel 2016 in Australia o di Magnussen in Belgio lo stesso anno. Soltanto qualcuno con i paraocchi può anche solo pensare che questi tre incidenti siano stati meno gravi nella loro dinamica rispetto a quanto successo a Monger. Eppure, di questi 3 incidenti, Kubica riportò un trauma cranico ed una lieve distorsione della caviglia, e saltò il Gran Premio successivo per una gestione accurata del pilota da parte dei medici della FIA che, giustamente, tendono ad essere conservativi. Webber decollò ad oltre 300 km/h su una vettura più lenta, ricadde a testa in giù ed andò a finire nelle gomme di protezione; risultato? Uscì da solo dalla vettura e tornò ai box con le sue gambe. Alonso? Violenta botta contro le barriere in un punto in cui si frena dai 270 km/h, ribaltamenti vari con mezza macchina praticamente sparita; il pilota asturiano uscì dall’abitacolo da solo, e tornò sulle proprie gambe pur avendo accusato una lieve incrinatura di una costola, che fece decidere ai medici FIA di tenerlo fuori per le successive 2 gare. Come potete vedere, quindi, in F1 di incidenti ce ne sono stati (e questi non sono gli unici degli ultimi anni ovviamente) ed anche con delle conseguenze. Quello che però si nota è come la sicurezza della vettura sia completamente diversa.
Possiamo altresì appurare come la dinamica dell’incidente di Monger non sia minimamente paragonabile a quella degli incidenti che siamo abituati a vedere, per chi segue la Formula 1; eppure ha riportato conseguenze gravissime, visto la successiva e “permanente” operazione a cui si è dovuto sottoporre il 17enne inglese. Oppure quanto successo in Formula 3 lo scorso anno a Spielberg, che ha portato i piloti coinvolti a subire fratture alle vertebre e ai talloni, pur non potendo non considerare come “si sono ridotte” le vetture, volendo fare un’analisi fredda sulla dinamica dell’incidente stesso.
Sento già la reazione da Capitan Ovvio che vi sta venendo in mente; ma la sicurezza costa, e quindi nelle categorie minori ci sono meno soldi da spendere, non è un mondo “ricco” come la Formula 1. Vero anche questo, lo so anche io! Basta infatti farsi un giro sui requisiti tecnici e di sicurezza che l’abitacolo e la cellula di sopravvivenza devono avere, per vedere l’enorme differenza che intercorre tra le varie categorie: per la Formula 1 c’è un testo estremamente dettagliato fino allo sfinimento, sui materiali e come questi devono essere costruiti e prodotti, sui crash test e chi più ne ha più ne metta. Per la Formula 3 già si nota una importante degradazione, considerando che proprio in questa categoria c’è stato un upgrade proprio per le vetture di quest’anno. Per non parlare della Formula 4, in cui correva lo sfortunato Monger, che ai requisiti dello chassis e della sicurezza presentano in totale 34 parole e basta!
A questo punto sono io a trasformarmi in Capitan Ovvio. Tutte queste competizioni sono sotto giurisdizione della FIA e, pur non dimenticando gli eccezionali investimenti fatti negli ultimi 20 anni (in particolare in Formula 1) che hanno portato degli innegabili benefici in termini di magnitudo del danno a seguito di incidenti, i fatti raccontati in questo articolo (e non solo) fanno sorgere una domanda legittima, seppur retorica: non si può fare di più? In particolare per le categorie minori? Possiamo chiedere un maggior sforzo alla Federazione Internazionale, magari con un investimento sia economico che tecnico proveniente dalla categoria regina?
Perché se è vero che in pochi (giustamente) arrivano alla classe regina, elite di piloti di livello, non possiamo accettare che la sicurezza e la vita dei piloti sia una prerogativa della bravura di un pilota che (giustamente) si trova in una categoria più di livello.