“My start was a nightmare”, “la mia partenza è stata un incubo”, si lamenta via radio Lewis Hamilton. In realtà lo è stato anche il resto della gara, ma avrebbe potuto andar peggio per l’inglese. Malgrado la giornata nera, ha preceduto Rosberg sul traguardo (rispettivamente 6° e 8°) guadagnando 4 punti in classifica, un risultato certo non disprezzabile se si pensa che l’esito più logico dopo le qualifiche – la doppietta Mercedes, con Hamilton davanti a Rosberg – avrebbe fruttato all’iridato solo 3 punti in più sul diretto rivale.
Molto peggio è andata al team di Stoccarda - giù dal podio per la prima volta in stagione -, che ha visto sfumare la probabile doppietta per i soliti problemi in partenza. A Silverstone furono le Williams a bruciare le Frecce d’Argento, stavolta è toccato alle Rosse di Maranello. Se lo start di Rosberg può essere in parte imputabile al lato sporco della pista, lo stesso non può dirsi di Hamilton, tradito ancora una volta da uno stacco frizione difettoso.
Frizione che, da Barcellona – quando fu introdotto un differente settaggio -, sta diventando il vero incubo in gara per Mercedes e ancor più per Hamilton, che ha visto sfumare al via tre possibili successi in Spagna, Austria e Ungheria. A Silverstone la partenza a handicap non compromise il risultato finale, tale fu la superiorità della monoposto tedesca; all’Hungaroring il recupero è rimasto un miraggio, complice una performance di squadra tutt’altro che ineccepibile, a riprova del fatto che la Mercedes, se messa sotto pressione, sbaglia.
Hamilton vanifica il dominio in prova con una sfilza di errori non da iridato. Il primo - come detto - in partenza, il secondo poche curve dopo quando tenta un sorpasso impossibile su Rosberg finendo dritto nella via di fuga e rientrando in 10° posizione, il terzo alla ripartenza dopo safety car (giro 48) quando sbatte contro Ricciardo rompendo l’ala anteriore: pit stop obbligatorio e drive through da scontare per la manovra poco ortodossa. Il sesto posto finale salva la leadership e raddrizza il bilancio di giornata ma non cambia la sostanza della sua gara.
Rosberg lotta per l’intero weekend col bilanciamento, prende oltre mezzo secondo in qualifica dal compagno, nel primo stint di gara lotta con le soft e un pesante sottosterzo che non gli consente di tenere il passo delle Ferrari: fino al primo pit stop Nico perde costantemente 0.4 sec. a giro dal battistrada Vettel. Nel finale, paga pegno in bagarre con Ricciardo ma l’impressione è che non sarebbe riuscito comunque a sopravanzare Vettel, non con le medie. Rosberg è rientrato al 43imo giro in regime di virtual safety car, decidendo di proseguire con le medie: in quel momento mancavano 26 giri al traguardo, 21 se si eccettuano quelli trascorsi dietro la vettura di sicurezza, mandata in pista per il collasso dell’ala anteriore di Hulkenberg. Avrebbe potuto optare per le soft? Il finale delle RedBull di Kvyat e Ricciardo ha dimostrato come fosse una strategia tirata al limite ma possibile.
La prima metà di stagione ha chiarito quale e quanta differenza corra tra i piloti Mercedes. Hamilton non ha rivali in qualifica e, al netto delle giornate di autolesionismo, resta una spanna sopra anche in gara: il passo tenuto con pista libera fino alla safety car parla chiaro.
Rosberg deve il gap contenuto in classifica generale più ai meriti della macchina (che gli ha consentito di chiudere alle spalle del rivale ben 5 volte) che all’effettiva competitività nei confronti del compagno di squadra: sotto 1-9 nel computo delle pole, 3-5 nelle vittorie, può solo sperare di restare in scia a Hamilton ed approfittare dei suoi black-out. Già a partire da Spa, tra tre settimane, quando mancheranno nove gare al termine e ogni errore peserà il doppio sull'economia del Mondiale.