La notizia che nessuno voleva sentire è arrivata questa notte. Per qualcuno è stato un fulmine a ciel sereno, qualcun altro se lo aspettava. Jules Bianchi ci ha lasciati dopo nove mesi di coma. Dall’incidente dello scorso 5 ottobre a Suzuka non si è più ripreso e oggi ha perso la sua battaglia. Il dolore della famiglia è condiviso con tutti gli appassionati ed i tifosi e potrà forse essere meno atroce, ma quel vuoto incolmabile che li accompagnerà per sempre, dopo aver lottato a fianco dello sfortunato figlio, non potranno dividerlo con nessuno. L’impotenza di fronte ad un destino infausto distrugge, ma da oggi Jules è libero. Il pilota che ha dato orgoglio all’allora Marussia è rimasto intrappolato per nove mesi in un tunnel dal quale a volte si vedeva una luce, ma che il tempo ha fatto affievolire, fino a spegnerla del tutto.
Proprio pochi giorni fa Philippe Bianchi, il padre di Jules, aveva rilasciato delle dichiarazioni a France Info, in cui si riteneva sempre meno ottimista. I segnali inviati qualche mese fa erano forse dei riflessi incondizionati, forse quella voglia di aggrapparsi alla vita, quella vita frenetica, fatta di giri per il mondo e giri di pista a velocità folli. “Guidare era la sua vita”. Queste le parole di papà Bianchi, che ricorda un figlio brillante. Ma non solo i suoi cari: l’intero motorsport si stringe intorno alla famiglia. Dai suoi colleghi ai piloti delle due ruote, ognuno ha voluto ricordare a modo suo un giovane che prima di essere una promessa della Formula 1 è stato un ragazzo dal grande cuore. “Non sarà dimenticato”: l’affetto dimostrato oggi dagli appassionati di tutto il mondo contribuirà ad alleviare, anche se in parte, il pesante fardello della famiglia Bianchi.
Parole di ringraziamento arrivano dal suo team, l’attuale Manor, l’allora Marussia: “Le parole non riescono a descrivere la grande tristezza del nostro team oggi, dopo aver saputo della pedrita di Jules. Ha lasciato un segno incredibile nelle nostre vite e sarà sempre parte di tutto quello che abbiamo ottenuto e tutto quello che faremo d’ora in avanti. Jules era un talento brillante. Era destinato a fare grandi cose nel nostro sport. Era inoltre una persona magnifica. Oltre ad essere un grande pilota, era anche una persona calorosa, umile e piacevole, che ha illuminato le nostre vite. Siamo immensamente grati per aver dato a Jules l’opportunità di far vedere cosa fosse capace di fare con una monoposto da Formula 1. Sapevamo di avere un pilota molto speciale nelle nostre mani già dalla prima volta che ha guidato la nostra macchina nei test pre-stagionali nel 2013. È stato un onore aver avuto la possibilità di considerarlo come nostro pilota, compagno di squadra e nostro amico. I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno alla splendida famiglia Bianchi, che si è fatta forza per Jules durante questi nove mesi. Infine, vorremmo ringraziare tutti coloro che ci hanno sostenuto dall’incidente in Giappone lo scorso ottobre. Il vostro sostegno è stato di grande conforto per la sua famiglia e per noi, il suo team. Conteremo sul vostro continuo sostegno durante i prossimi giorni ed i prossimi mesi, in cui continueremo a correre per Jules”.
È proprio grazie all’impresa di Montecarlo di Jules Bianchi che la Manor è riuscita a rientrare tra i team schierati in griglia in questa stagione: merito di Jules quei punti conquistati sul tracciato monegasco. Si era fatto notare, faceva parte del progetto Ferrari e aveva firmato poco prima dell’incidente un contratto con la Sauber. Una carriera in ascesa, che sarebbe indubbiamente culminata con l’approdo a Maranello. Ma non era questo il suo destino e quel Gran Premio del Giappone ha portato via i suoi sogni come un’onda si tira dietro tutto ciò che incontra, distruggendolo. Proprio l’acqua, la pioggia…tante polemiche attorno all’incidente di Suzuka nei giorni immediatamente successivi a quel 5 ottobre.
Si poteva evitare? Perché la direzione gara non ha preso quella decisione? Di chi è la colpa? Qualcuno si assumerà le responsabilità di quanto accaduto? Sono domande a cui molti trovano una risposta, ma non un senso. Perché una morte come questa non ha senso. Dito puntato contro una direzione gara rea di non aver messo in sicurezza i piloti che in quel momento si trovavano in una situazione pericolosa. Ma oggi quel senso di giustizia non serve. Continuare a cercare il colpevole non riporterà indietro Jules. Oggi la famiglia chiede silenzio, rispetto della propria sfera privata e un ricordo di quel figlio tanto amato che non c’è più.