Una farsa. Una volta tanto pure Bernie Ecclestone azzecca termini propri e opportuni e ben delinea lo status avvilente, in cui versa la massima competizione motoristica mondiale a quattro ruote.
Il primo appuntamento stagionale della Formula 1, appena chiusosi a Jerez tra rotture e sorrisi forzati, lascia infatti senza parole o, meglio, con troppe, agitando e preoccupando, soprattutto mortificando e sconcertando. L’agognata rivoluzione verde, di fatto avventata e precoce per quanto sensata, si è rivelata un buco nell’acqua e ha lasciato soltanto la sensazione amara e triste di un mondo affascinante persosi nel caos. Non fossero bastate le furbate e gli imbarazzi degli anni passati e i recenti tentativi di ridicolizzazione, tra punti jolly e pit stop obbligatori, la quattro giorni spagnola non fa così che assestare un ulteriore colpo alla credibilità di un “circus”, che, fedele al proprio nome, gli appassionati faticano a non percepire quantomeno grottesco.
Un campionato giocato sull’affidabilità e non sulla bravura di scuderia o pilota offende e boicotta i principi base dello sport, dove sono l’agonismo, il talento e il rapporto paritario a dare valore. Un confronto iniquo e troppo suscettibile agli eventi esterni annulla e svuota di significato qualsiasi successo, per quanto effettivamente alcuni protagonisti sorridano e godano orgogliosi del proprio lavoro. Il problema non è una velocità inferiore o un rumore meno assordante, ma una serie di scelte e cambiamenti che attualmente rendono la competizione irregolare e poco veritiera, stravolgendo meriti e demeriti.
E se per il buon Ecclestone, che giusto un’uscita poteva cogliere, il bicchiere mezzo pieno sta in un incremento di imprevedibilità e dunque in una maggior spettacolarizzazione con annesso interesse (vedi barcata di soldi), noi innamorati di motori rombanti e di sfide memorabili soffriamo, combattendo la rassegnazione. Perché la causa dell’impoverimento della Formula 1 è racchiusa proprio nell’osservazione del suo patron: soldi, ancora soldi e ancora soldi, a scapito di tutto e di tutti. Rimpiangendo i tempi di De Coubertin e dannando il “dio” denaro, che snatura e riduce ogni cosa in farsa. Appunto.