Un altro tassello dell'Inter del Triplete sta per appendere le scarpe al chiodo. Si parla di Julio Cesar, portierone brasiliano passato in pochi mesi dall'essere una riserva del Chievo Verona e dell'Inter al diventare il portiere numero uno del panorama calcistico internazionale. A suon di miracoli, Julio Cesar ha conquistato da protagonista l'agognata Champions League, entrando nella storia del club meneghino. Intervistato in esclusiva da La Gazzetta dello Sport, il brasiliano ha parlato del tributo che riceverà sabato: "Un omaggio: non a me, ma a chi ha permesso che succedesse tutto questo. Il Flamengo, i suoi tifosi: mi hanno preso che ero un bambino e mi hanno accompagnato finché sono diventato un uomo, pronto per il calcio europeo. Sarò io che ringrazierò loro".
Il portiere del Flamengo ha poi parlato proprio della sua esperienza trimestrale in Brasile: "Tre mesi, ma me li sono goduti tutti. Mi sono rivisto ragazzino del Flamengo, a 38 anni me ne sono sentiti addosso 17 come loro. Come Vinicius, che qualche tempo fa mi ha fatto stringere il cuore. Mi ha detto: 'Ho chiesto di restare al Flamengo fino al termine di questa stagione anche perché qui ci sei tu, per imparare qualcos'altro da te". Qual è uno dei momenti più emozionanti della mia carriera? La prima, Campeonato Carioca 2001, Flamengo-Vasco: dovevamo vincere con due gol di scarto, Dejan Petkovic segnò il 3-1 su punizione a due minuti dalla fine. La seconda è ovviamente Madrid, la Champions: di sicuro il punto più alto della mia carriera. La terza, Mondiale 2014: i due rigori parati contro il Cile negli ottavi di finale".
Inevitabile, poi, il passaggio su quel maledetto 7-1 subito dalla Germania ai Mondiali 2014, disputati in Brasile: "Perché fatico a parlarne? Perché faticai a capire cosa successe, ancora oggi non lo so bene. La Germania conosceva i nostri punti deboli, ma noi glieli mostrammo come un libro aperto. Giocammo molto male. Ero in campo e pensavo: ‘Dai Julio, è solo un incubo: adesso ti svegli’. E poi Thiago Silva nell’intervallo: era già 5-0, provava a scuoterci. Ma in quello spogliatoio c’era un silenzio irreale, in realtà non stava parlando nessuno. Il calcio è così, è come la vita: non ti abbraccia sempre e a volte ti fa affrontare, anzi ti impone, cose inimmaginabili. È lì che devi dimostrare di essere una persona forte dentro".
Julio Cesar ha poi parlato delle dichiarazioni di Buffon dopo la sconfitta contro il Real Madrid: "Quel rigore lo puoi dare o non dare, ma se sei l’arbitro ad un certo punto puoi anche girarti dall’altra parte e non espellere Buffon. Detto questo: è stato Gigi a riconoscere che poteva esprimere gli stessi concetti in un altro modo. Ma quando hai tanta adrenalina in circolo, dici cose di cui poi ti puoi pentire. Arrabbiato così? Non in momenti così importanti. Dissi di tutto a Rocchi (Inter-Napoli 0-3, ottobre 2011) quando parai un rigore di Hamsik e lui non si accorse che Campagnaro entrò in area in netto anticipo per segnare sulla respinta. E me la presi molto con Rizzoli (Inter-Milan 4-2, maggio 2012) che mi fischiò un fallo da rigore su Boateng che non c’era. Infatti poi disse pubblicamente di aver sbagliato".
In ultimo, l'estremo difensore ex Inter ha parlato di Handanovic e di qualche segreto per reggere la pressione così a lungo: "Samir? Io non mi sono mai sentito l’erede di Toldo, con cui ho avuto un rapporto bellissimo, e Handanovic non è stato il mio erede: lui è un grande portiere, ma l’Inter sarà sempre più importante di qualunque suo giocatore. Il mio segreto? Ero arrivato all’Inter da poco: seconda di campionato, Palermo-Inter. Mancini in settimana mi fa: ‘Corini lo conosco bene, se sulle punizioni gli sistemi la barriera al contrario lo mettiamo in difficoltà’. Ero perplesso, ma gli dico: ‘Tu sei il boss, faccio come mi dici’. Il sabato, punizione di Corini e palla all’incrocio. Tre settimane dopo andiamo a Torino a giocare con la Juve. Mancini: ‘Con Nedved ho giocato, occhio che le punizioni le tira basse sul tuo palo’. Punizione di Nedved: sopra la barriera e 2-0. I giornalisti iniziano a martellare: che scarso Julio Cesar sulle punizioni. Alla ripresa prendo il Mancio da una parte: ‘Boss, facciamo così: se sbaglio, sbaglio io, ma d’ora in poi scelgo io. Ok?". conclude simpaticamente Julio Cesar.