Da qualche anno sul mercato in Italia si è creato un forte legame fra due società: l'Inter e la Sampdoria. In entrata e in uscita, le due compagini si "scambiano" giocatori praticamente in ogni sessione da ormai quattro anni. L'Inter, in quanto a materiale umano, ne ha sempre giovato: Icardi, capitano dei nerazzurri con 87 gol all'attivo in 155 presenze; Eder, panchinaro di lusso che ogni allenatore ha ritenuto fondamentale ai fini dello svolgimento della propria stagione, in particolare Spalletti vede in lui il primo sostituto in ogni ruolo dell'attacco; infine Milan Skriniar, arrivato questa estate e diventato a tutti gli effetti il leader difensivo dell'Inter, un gol e prestazioni di una solidità che nella Milano nerazzurra non si vedevano da un po', tanto da valergli l'epiteto di "the new wall".
Il nuovo muro, il nuovo Samuel: fisici diversi, diversa nazionalità, ma stessa grinta, stessa coriacea attitudine in campo e fiuto per il gol. Come Samuel, anche Skriniar difatti, nonostante sia un difensore, vede bene la porta sia con i piedi che con la testa. Paragoni finiti? Beh sì, ma Samuel forse non impostava così bene. E' un dato di fatto che il centrale slovacco sia un regista arretrato, l'uomo a cui l'Inter si affida per avviare l'azione, capace di verticalizzazioni non proprie di un difensore e abbastanza sicuro da non buttare mai via la palla. Numeri che lo portano ad essere il difensore in Italia ad aver toccato più palle fino ad ora.
Sul conto di Mauro Icardi le parole ormai si sprecano. Una delle migliori punte in Europa. Uomo d'area infallibile, capace di trasformare in oro anche l'unica occasione che gli viene concessa, sempre pericoloso. Quest'anno il suo lavoro "oscuro" per la squadra è aumentato rispetto agli anni passati, unico difetto che gli si poteva attribuire era quello di sparire quando l'Inter faticava a trovarlo in area di rigore. Spalletti ci ha lavorato e ci sta lavorando e in particolare nelle ultime due gare si è visto quanto l'argentino si muova anche senza palla. Per adesso sono 9 gol su 9 partite in campionato, con la certezza che non si fermerà di certo qua. Paragone dal passato? Inevitabile quello con Diego Milito per fame di gol e per nazionalità.
Eder, l'uomo che può spaccare ogni partita grazie alle sue doti tecniche e atletiche, ma soprattutto grazie alla sua voglia e alla sua grinta, che lo contraddistinguono da tanti calciatori. Se c'è qualcosa che ad Eder non può essere contestato è certamente l'impegno. Lotta in ogni situazione e su ogni palla. Basti ricordare il rigore guadagnato contro il Bologna, valso poi all'Inter il pareggio in una gara difficilissima per i nerazzurri. Ricorda El Jardinero Cruz per attitudine, mancano i gol che l'argentino faceva a palate nonostante partisse quasi sempre dalla panchina. Ma l'importanza di Eder, l'importanza di un gregario del genere è sotto gli occhi di tutti, una risorsa indispensabile per l'Inter di Spalletti, un'arma letale come Crespo, per scombussolare i piani degli avversari a partita in corso.
Chi ha fatto invece il percorso inverso? Tanti. Ranocchia, Dodò, Caprari, Bonazzoli, Alvarez, Silvestre e menzioniamo anche Viviano, formatosi nell'Inter, ma che poi all'Inter non ha mai giocato praticamente.
Ranocchia è tornato alla base dopo una stagione di riscatto vissuta all'Hull City e dopo quella trascora, per l'appunto, a Genova fra alti e bassi. La Samp non ha voluto confermarlo forte probabilmente di avere uno come Skriniar a far coppia con Silvestre. Proprio Silvestre che arrivò all'Inter dopo delle fantastiche stagioni in Sicilia fra Catania e Palermo, con i nerazzurri non ha mai realmente convinto. Il cambio di squadra gli ha fatto più che bene, facendolo diventare il perno della difesa blucerchiata, inamovibile sia per Montella che per Giampaolo.
Discorso simile per Dodò e Viviano. Dodò arrivò desiderato da Mazzarri all'Inter, fece un impressionante pre-campionato e poi si perse negli stessi errori che commetteva alla Roma. Una buona fase di spinta, ma tante lacune difensive, poca personalità e i problemi fisici avuti sin dagli inizi in Brasile, lo portarono ai margini della rosa dell'Inter. Poi nel 2016 l'arrivo alla Sampdoria, una prima buona stagione e poi purtroppo il ritorno degli infortuni, che tutt'ora lo tengono fuori dal calcio giocato. Anche ai blucerchiati è ormai chiuso con gli arrivi in estate di Murru e Strinic. Le similitudine con Viviano si fermano alle poche occasioni avute con l'Inter e agli infortuni. Il portiere toscano ne è tormentato ormai dalla scorsa stagione, quest'anno neanche una presenza in campionato, l'anno scorso solo 17. A Genova lo aspettano e Giampaolo continua ripeterlo: "il titolare è lui", ma nel frattempo Puggioni guadagna punti su punti dopo ogni giornata.
Luci ed ombre anche per Ricky Alvarez, arrivato dall'Argentina all'Inter come un sicuro investimento, una promessa solo in attesa di esplodere. Ricky Maravilla quell'esplosione non l'ha mai avuta, nonostante il suo sinistro educato e le sue innate doti tecniche. In molti hanno detto che il suo modo di intendere il calcio, è un modo troppo "vecchio" per i tempi odierni, bello, ma lento. Dopo l'Inter il Sunderland, parentesi infelice in cui gioca poco e non segna mai. Poi i problemi legali fra Inter e Sunderland, con gli inglesi che provano a non pagare il giocatore nonostante la clausola inserita nel trasferimento in prestito. Tutto si risolve in meglio per l'Inter e anche per Alvarez, che trova casa a Genova, sponda Samp è chiaro. Arriva a Gennaio 2016 e mette in cassaforte 13 presenze e un gol, niente male per uno che era stato dato per finito. Il secondo anno parte da titolare come supporto dietro Muriel e Quagliarella. Dovrebbe essere l'anno del riscatto, ma le stelle di Praet e Schick lo offuscano e finisce in panchina più spesso di quanto si pensasse, incidendo poco e niente sulla stagione della Samp. Solo due gol in ventuno presenze. A quasi 30 anni ora Ricky Maravilla non è mai esploso, e da pedina importante si ritrova ad essere la terza scelta per il posto da trequartista dopo Ramirez e dopo un altro giocatore di cui parleremo.
Gianluca Caprari. Il destino è strano, arrivi in A con il Pescara da titolare che è già un sogno, poi l'Inter decide di comprarti come investimento futuro e di lasciarti un anno in Abruzzo per crescere. Nonostante la retrocessione della tua squadra, la tua stagione è buona e sogni il salto di qualità in una big. Poi però l'Inter cambia dirigenza, allenatore e priorità, una di queste è vendere per rientrare nel fair-play finanziario. E allora 15 milioni per il tuo cartellino diventano un ottimo modo per raggiungere quell'obiettivo e senza neanche mai vestire la maglia nerazzurra, ti ritrovi "rifiutato", ma pronto a vestire blucerchiato. E a Caprari quei colori addosso vestono bene, sei presenze e tre gol e una duttilità offensiva che a Giampaolo serve e anche molto.
Infine Bonazzoli, bomber della primavera nerazzurra venduto alla Samp senza avere troppe opportunità all'Inter e mandato in prestito dai blucerchiati nella serie cadetta per due anni di fila. Adesso cerca il riscatto a Ferrara con la Spal, compito però arduo visto l'affollamento nell'attacco della squadra di Semplici.
Nuove storie si scriveranno sulla strada che porta da Milano a Genova e viceversa. Due sono già nell'aria e bisbigliano riguardo a Torreira e Praet. In particolare del primo, con l'Inter pronta a pagare la clausola rescissoria da 25 milioni di euro, nel caso in cui la trattativa con Ferrero non dovesse andare a buon termine. Il secondo è attentamente monitorato, in attesa della definitiva affermazione in questa stagione. L'Inter per adesso non si è mai sbagliata pescando dai blucerchiati, chissà che già a Gennaio qualcosa non si possa muovere.