"Quando perdi, non perdere la lezione". E' una delle celebri frasi del Dalai Lama, che racchiude in un certo senso tutto il suo essere. Per una sera,  la Lazio ha preso in prestito questa semplice locuzione, dal significato ed insegnamento deciso, per andare avanti verso la propria strada. La scena conclusiva della serata dell'Olimpico, è stata a tratti commovente, altamente toccante. La squdra, sotto la curva, battuta e ferita nell'orgoglio, a ricevere gli applausi dei propri sostenitori. Un popolo biancoceleste che ha apprezzato l'ardore con cui i propri beniamini si sono battuti, valorosamente, non solo nell'atto conclusivo della competizione nazionale, ma in generale in tutto l'arco della stagione. Cori, applausi scroscianti. Un tributo, il giusto premio ad una sensazionale annata, e pazienza se questa non è culminata con la conquista di un titolo. Una stagione che ha segnato la rinascita della Lazio.

Grande merito, va attribuito all'allenatore Simone Inzaghi, che ha ricostruito dalla macerie, ridando credibilità al progetto biancoceleste. Una piccola premessa: quando il minore degli Inzaghi è stato convocato per essere contrattualizzato come tecnico della Lazio, in molti hanno storto il naso, preferendo a lui, il nome altisonante, quello del Loco Bielsa. I suoi fantasmi, aleggianti sulla panchina laziale, sono però scomparsi via in un battibaleno, non appena la squadra ha iniziato ad ingranare le marce alte, e a far divertire i tifosi. Inzaghi è riuscito a tirar sù un gruppo granitico, le vittorie sono sopraggiunte con regolarità, la Lazio ha iniziato a sorprendere un pò tutti.

Certo, la sconfitta in Coppa Italia pesa come un macigno, è una macchia nera in un'annata davvero lucente, culminata con la qualificazione in Europa League, seppur il quarto posto sia ancora da difendere, dagli assalti, veementi, della sorprendente Atalanta di Gian Piero Gasperini. L'aver sfiorato il trofeo, lascia in eredità una sensazione tediosa, che incute un profondo fastidio, ma proprio da questa delusione, bisogna ripartire. L'insuccesso registrato pochi giorni fa, deve essere l'apripista di un nuovo ciclo, di cui Inzaghi ne è l'espressione giusta. Un tecnico giovane, preparato, dall'ottimo senso pratico, buonissima duttilità tattica, capacità di lettura a partita in corso e buon rapporto con lo spogliatoio.

Per ciò che concerne la rosa, le basi ci sono tutte. Restano da valutare sole le attuali situazioni inerenti a De Vrij e Keita Balde, che potrebbero lasciare la stuzzicante creatura biancoceleste. Per il resto, le radici piantate in terra sono vigorose, baliose. Una rosa dall'età media piuttosto bassa - 26.4 anni - che nel prossimo mercato estivo necessita solo di piccoli ritocchi, per essere allargata e permettere alla Lazio di affrontare, signorilmente, tre competizioni. L'infortunio di Marchetti, ha comportato il decollo del giovane portiere albanese Strakosha, che insieme al regista Biglia, in questi giorni dovrebbero rinnovare. La difesa, colabrodo durante lo scorso campionato, è ritornata ad essere assai competitiva, grazie all'apporto dei vari De Vrij, Hoedt, Bastos e Wallace. Il giusto mix tra esperienza (Biglia, Parolo) e gioventù (Milinkovic-Savic) è stato il reale motore della squadra. Un centrocampo da 'mille e una notte', che ha anche beneficiato della sveltezza dei motorini di fascia (Basta, Patric, Lukaku, Radu). Poi, l'attacco, mai stato così produttivo nella gestione di Claudio Lotito: 22 gol per Immobile, coadiuvato dai fidi Keita Balde e Felipe Anderson, che hanno assicurato alla prima linea laziale spruzzate di imprevedibilità, effervescenza. Davvero un bel materiale. Dulcis in fundo, i giovani in rampa di lancio, che già hanno lasciato intravedere ottime qualità. Murgia e Lombardi su tutti, testimonianza diretta che alla Lazio, il futuro appartiene per davvero.