"Ora sono più consapevole dei miei gol da infarto. Ci ho sempre creduto, il lavoro e il sacrificio pagano sempre. Mi sento completo, non desidero più nulla". Parola di Felipe Caicedo, attaccante trentaduenne della Lazio.
Caicedo è arrivato alla corte di Simone Inzaghi il 2 agosto 2017 proveniente dall’Espanyol. Due reti in ventisette partite nella Liga. Costo dell’operazione 2,5 milioni. Nessun tifoso all’areoporto, nessuna sciarpa o servizio su Sky Sport, nessuna asta faraonica al fantacalcio. Niente. Eppure adesso il buon Felipe da Guayaquil (Ecuador) è sulla bocca di tutti.
La zona Cesarini è diventata zona Caicedo in onore delle sue, decisive, reti negli ultimi minuti. La Juventus ed il Torino le ultime due vittime nel personalissimo Derby della Mole del Panterone. Due punti persi dai bianconeri e addirittura bottino pieno contro i granata di Giampaolo.
Reti pesanti come i punti che portano. Ma anche reti di pregevole fattura come quella in Champions League nella trasferta di San Pietroburgo. Un sinistro in corsa ad incocciare il preciso assist di Acerbi che non ha lasciato scampo all’estremo difensore.
Questo giusto per parlare della stagione corrente perché anche la scorsa stagione seppe essere decisivo come a Cagliari quando una sua rete al minuto 98 chiuse una partita decisamente rocambolesca.
Ma quindi Caicedo è l’uomo dell’ultimo minuto? Riduttivo. Proviamo a fare un passo indietro e ad allargare il nostro punto di vista.
Caicedo arriva come vice Immobile in una squadra che gioca per esaltare le caratteristiche della sua prima punta. Caicedo sa che giocherà poco e dovrà farsi trovare pronto per non far rimpiangere Ciro. Accetta questa situazione senza battere ciglio, senza fare mai alcuna dichiarazione fuori posto, anche quando dopo le prime prestazioni si capisce subito che non è uno qualsiasi.
Nella stagione 2017/18 colleziona due presenze in Coppa Italia, nove in Europa League condite da tre reti e ben 22 in Serie A. Tre reti, un assist e 698 minuti giocati il bilancio al termine della stagione con una media di mezz’ora di media a partita.
Nella stagione successiva le presenze in Europa League diventano 5, come quelle in Coppa Italia. Le reti 1 oltre a 2 assist per competizione. In campionato però le presenze schizzano a 28, le reti si avvicinano alla doppia cifra (8) e gli assist sono 2. I minuti giocati sono raddoppiati: 1374 per la media di 49 a partita.
Infine la scorsa stagione la definitiva consacrazione. Una presenza in Coppa Italia senza lasciare il segno, sei in Europa League con soltanto un assist all’attivo ma 30 presene, 9 gol e 5 assist nella Serie A. 1411 minuti giocati. Felipe, adesso non è più soltanto l’alternativa ad Immobile ma molto di più. Simone Inzaghi può farlo partire titolare senza abbassare il livello di gioco e competitività dei biancocelesti, subentrare e risultare decisivo come prima punta ma anche in un attacco a due vicino a Correa. Dentro che ci sia da difendere la vittoria o attaccare a testa bassa per provare il ribaltone o chiudere la partita. Ne sa qualcosa la Juventus sconfitta 3-1 all’Olimpico. Indovinate chi ha segnato la rete che ha chiuso definitivamente la gara.
Caicedo nel giro di un paio di stagioni è passato quindi dall’essere un punto interrogativo ad una costante. Un gol ogni 157 minuti che assieme ai 36 della Scarpa d’oro Immobile portano la Lazio in Champions League dopo 13 anni dall’ultima volta. Quella Champions dove Felipe ha già segnato come in campionato dove, per adesso, in 5 presenze ha già timbrato il cartellino 3 volte. Difficile che sbagli la partenza.
Quindi no, Caicedo non è soltanto l’uomo dell’ultimo minuto ma è molto di più. E’ il profilo di attaccante che ogni grande squadra dovrebbe avere. Silenzioso, mai polemico e decisivo. Si siede in panchina e quando viene chiamato in causa segna. Quando la domenica successiva va ancora in panchina non rilascia dichiarazioni polemiche perché vorrebbe giocare dall’inizio. Non è un egoista, capisce la forza e l’importanza del gruppo e capisce il ruolo che ne ha all’interno.
Ha 32 anni. E’ maturo. Non ha bisogno di sentirsi una prima donna ma alla lunga lo è diventato, con i fatti.
Adesso chiudete gli occhi e fate un salto indietro. Stagione 2003/2004, l’Inter acquista dal Bologna una punta centrale argentina per 9,5 milioni. Alta, elegante, forte di testa ma niente male anche con i piedi. Il suo nome è Julio Ricardo Cruz. "El jardinero".
Julio non sarà sempre titolare, del resto in quegli anni i nerazzurri alternano davanti gente del calibro di Vieri, Adriano, Martins, Recoba, Crespo, Ibrahimovic, Balotelli, giusto per citarne alcuni ma nonostante tutto “El jardinero” in sei stagioni collezione 197 presenze e 67 reti con una media di una rete ogni tre partite. Età di arrivo di Julio all’Inter? Ventotto anni.
Certo, caratura, percorsi, stipendi e palmarès diversi ma stesso modo di saper essere decisivi a prescindere da quello che dicono gli undici iniziali.
Adesso viene la parte più difficile ossia quella di confermarsi e mantenersi nonostante adesso Caicedo sia un profilo conosciuto, qualcuno da tenere d’occhio. Vedremo al termine della stagione quali saranno i suoi numeri certo è che dalla rete segnata contro la Juventus sembra sulla buona strada.