Milano. Corso Vittorio Emanuele 9. Sono le 3.20 del mattino di un torrido 29 agosto. I telefoni degli intermediari sono davvero bollenti ma, dopo mesi di tira e molla, il Wolfsburg si è deciso ad allentare la presa: Ivan Perisic è nerazzurro! L'esterno offensivo arriva in Italia dopo un lunghissimo corteggiamento, durato un'estate intera, che ha portato nelle casse dei Lupi di Germania una cifra vicina ai venti milioni di euro. Il croato è l'ennesimo investimento di una campagna acquisti importante che ha visto, tra gli altri, l'arrivo di illustri talenti del calibro di Jovetic, Ljajic e Miranda. Ivan Perisic è la punta di diamante del mercato estivo dell'Inter che, dopo esserselo trovato contro in Europa League, ha fatto follie per riuscire ad acquistarlo. Il croato non ha grande esperienza a livello internazionale, ma è già un giocatore maturo (ha appena compiuto 28 anni) e i dirigenti nerazzurri lo sanno, tanto da volerne fare un perno del nuovo corso meneghino.
Le chiacchiere e le parole, nel calcio soprattutto, appaiono superflue e scegliere come punto di inizio l'atterraggio di Perisic a Milano vuol dire partire dall'apice della sua finora onesta carriera. Un giocatore che calca l'erba di San Siro all'età di 28 anni ha due possibili reazioni: indifferenza o esaltazione. Indifferenza perché a ventotto anni si è già sportivamente 'vecchi', per il calcio di oggi. Esaltazione perché ogni tuo singolo movimento, ogni tua giocata è accompagnata dai sospiri di migliaia di persone che sembrano sostenere la tua cavalcata impavida. Chissà cosa avrà pensato, il nostro Ivan, quando per la prima volta ha avuto l'occasione di guardare dal basso verso l'alto l'imponenza di San Siro. Non che fosse abituato male, chiariamoci, poiché il WestfalenStadion (che a noi italiani evoca sempre dolci ricordi) non può passare come un impianto di provincia. Ma la 'Scala del calcio' sceglie con cura i suoi attori e con molta più discrezione i suoi protagonisti. Il talento, la classe, la spensieratezza e la follia sono le uniche armi per difendersi da un mondo spregiudicato come quello del calcio.
Genio e sregolatezza, vita o morte, senza mezze misure. Il derby pre-pasquale, in salsa cinese, ci ha consegnato l'immagine nitida di un'Inter a tratti sensazionale ma al tempo stesso irritante. La sensazione nel vedere un bambino calciare per la prima volta il suo pallone di cuoio, la speranza di vederlo segnare, la paura che possa cadere e farsi male. Questa è l'Inter, la 'pazza e folle' Inter, e questi sono i suoi giocatori, eclettici e impazziti allo stesso modo. Le due metà si chiudono meravigliosamente in un cerchio senza imperfezioni, senza punti di rottura, non esiste il bianco senza il suo nero, non esiste una giocata da fuoriclasse senza un banale stop sbagliato.
"E se l'attesa del talento fosse essa stessa il talento?"
Non diciamo idiozie. La giovane promessa che sembra non sbocciare mai è quanto di più irritante e fastidioso possa esserci su questo pianeta. Eppure, qualche entità sovrannaturale ha dato agli esseri umani il palato e il gusto per apprezzare coloro che non saranno mai apprezzati fino in fondo, coloro che avranno sempre un rimpianto da portare sulle spalle. Ma chi vive di rimpianti, non potrà mai assaporare per davvero ciò che la vita gli ha messo in mano. Perché non è importante sapere che Ivan Perisic sbaglierà quel passaggio di ritorno dopo un semplice fallo laterale. Non è importante sapere che sbaglierà il tiro a giro di destro, dopo l'ennesima sgroppata. E' importante che acceleri per davvero e ci delizi con i suoi doppi passi, è importante che non perda mai il coraggio di sbagliare.
Eclettico, entusiasmante, fulmineo ma anche svogliato, irritante e pigro. L'impressione costante di poter spaccare il mondo, la noiosa irriverenza nel non rincorrere il terzino avversario che crossa dal fondo. Ivan Perisic è semplicemente questo, prendere o lasciare. Lo sapevano Mancini e Ausilio a suo tempo, lo sanno ancor di più Pioli e Zhang. D'altronde la Serie A ha sempre esercitato un fascino particolare nei confronti dei talenti impossibili. Parliamo di quei giocatori con una classe pura ed evidente, ma dall'atteggiamento e dalla professionalità discutibili. Parliamo dei vari Balotelli, Di Canio, Brozovic o semplicemente lo Jovetic di turno. Piccolo dettaglio: la maggioranza di questi è di origine slava. Una coincidenza? Difficile dirlo, fatto sta che i paesi dell'ex Jugoslavia hanno ultimamente partorito una carrellata di giovani promesse incomprese e incomprensibili. Basti pensare allo stesso Ljajic, che pareva destinato ad un futuro roseo e invece sembra arenarsi di più ogni stagione che passa. Per carità, magari tra qualche anno sbarcherà in Italia il nuovo Alen Boksic ad incantarci tutti, ma tra i piedi di Perisic e dei suoi fratelli si nota facilmente la spensieratezza di chi non ha nulla e ha tutto da perdere.
La vita di questi talenti a metà è quanto di più interessante possa mostrarci il semplice gioco del calcio. La loro è un'esistenza tribolata, che passa dalla gioia al dolore quasi fosse un pendolo schopenhaueriano. La discontinuità e la sregolatezza non saranno mai apprezzate fino in fondo, perché l'essere umano ha paura di tutto ciò che non può essere controllato. Se Ivan Perisic ha la palla tra i piedi, magari nella trequarti avversaria, magari nell'uno contro uno con il terzino avversario, chiunque sa già le sue intenzioni, ma si vive costantemente in una situazione di 'pericolo'. Punterà il diretto avversario, lasciandolo sul posto e crossando per Icardi che comodamente appoggerà in porta oppure cercherà un cambio di gioco inspiegabile per l'accorrente Candreva dall'altro lato? E' quasi impossibile prevedere cosa passi nella mente, in quegli attimi, a un calciatore così ambiguo e affascinante, sarebbe come poter osservare il futuro, ma siamo certi che con Ivan Perisic non ne varrebbe la pena. E in fondo in fondo, per dirla alla Christopher Nolan, sappiamo tutti che Ivan Perisic è il giocatore che l'Inter merita, ma probabilmente non è quello di cui l'Inter ha davvero bisogno.