L'alba della Santa Pasqua del Signore non è meno amara del tramonto di un derby qualsiasi, giocato alle 12.30. Il primo derby 'made in China' racconta di un'Inter a due facce, che aveva incantato nel primo tempo e irritato negli ultimi venti minuti. La capacità di cambiare volto (nell'arco della stessa partita!) racconta molto delle qualità ma anche della mancanza di criterio con cui questa squadra è stata costruita. Rabbia, malinconia, tristezza, sgomento. In una parola: rassegnazione. La rassegnazione è la madre di tutti i peccati, poichè non c'è via d'uscita se non la paura. La paura di non essere mai all'altezza. Paura che puntualmente si tramuta in realtà, nel momento in cui bisogna dimostrare qualcosa a qualcuno, quel qualcuno che perfino nei momenti di difficoltà si dimostra presente. Quel qualcuno che non ha esitato a riempire gli spalti di San Siro, in un derby qualsiasi giocato alle 12.30, dopo l'addio di un presidente qualsiasi come Silvio Berlusconi. La stagione perde progressivamente il suo significato. Dopo ogni partita il cuore del tifoso interista è più pesante, aumentano i rimpianti, aumenta la consapevolezza di aver sbagliato qualcosa, senza sapere mai cosa...
Quel derby qualsiasi, che non dimenticheremo facilmente, si apre senza aspettative, ricalcando l'onda (e l'onta) degli ultimi anni. Un'Inter priva di carattere affronta un Milan povero tecnicamente ma dal cuore grande così. Ci sono tutti gli ingredienti per un'appassionante sfida tra la sesta e la settima, in lotta per un posto nell'outlet dell'Europa.
I nerazzurri hanno l'obbligo di riscattare le ultime due prove contro Samp e Crotone, il Milan mette nel mirino l'Atalanta con la consapevolezza di essere già andato oltre le più rosee aspettative.
Il 4-2-3-1 interista si incastra perfettamente col 4-3-3 dei cugini rossoneri, con quest'ultimi che dopo un avvio gagliardo si lasciano ingabbiare dalla pressione alta dei nerazzurri. Sosa e Deulofeu i più in palla tra gli 'ospiti', ma dopo i primi venti minuti emerge la qualità di Joao Mario, vera chiave di volta del match almeno per un'ora. L'inserimento del portoghese cambia l'interpretazione classica del ruolo, dopo le ultime deludenti apparizioni del 'Tanguito' Banega. Pressione alta, aggressività, riconquista immediata del pallone e verticalizzazioni in serie. Miranda e Medel, con i piedi sulla linea di metà campo, fanno sentire il fiato sul collo ai centrocampisti rossoneri, giocandosi senza timori reverenziali l'uno contro uno con i tre attaccanti. Suso pare soffrire la marcatura di Nagatomo, rispolverato da Pioli memore della via crucis di Ansaldi nel derby d'andata. Gagliardini e Kondogbia sembrano la coppia migliore per sopperire al gap fisico che crea la presenza di Kucka e per relegare Mati nel ruolo di semplice interdittore. Il 'Principito' Sosa sembra l'unico in grado di accendere la luce e innescare l'indiavolato Deulofeu, salvo finire la benzina dopo neanche cinquanta minuti. Perisic e Candreva si divorano De Sciglio e Calabria negli ultimi trenta metri, il risultato del primo tempo è lo specchio di questa situazione. Il gol dell'esterno ex Lazio è frutto della scarsa concentrazione di De Sciglio e Donnarumma, il secondo è sintomo della grande intesa tra Perisic e Icardi.
La ripresa sembra continuare sulla falsariga del primo tempo, con le diverse (facili) occasioni fallite dai vari Perisic, Candreva ed Eder. Proprio l'italo brasiliano ha finito per subire le pesanti accuse di essere entrato senza mordente, prerogativa costante delle sue ultime apparizioni. Pioli non era soddisfatto, sapeva che il Milan è una squadra con nove vite, pretendeva il terzo gol ma non è stato accontentato. Anzi. La rete improvvisa di Romagnoli è un lampo nel buio, costellato da qualche accelerazione di Deulofeu, eccessivamente egoista in più di un'occasione. Anche Pioli è finito nel tritacarne mediatico, dopo che le ultime due sconfitte sembravano averne vanificato tutto il grande lavoro. Il cambio Joao Mario-Murillo è probabilmente sinonimo di paura, paura o rassegnazione. La rassegnazione e la paura di avere una squadra incapace di gestire e incapace di soffrire 'a dovere'. Il risultato finale di un derby, tendenzialmente mediocre, è firmato da un protagonista 'occasionale', che mai si sarebbe aspettato di far saltare di gioia la nuova proprietà rossonera e dare il colpo di grazia ad un'Inter ferita, il tutto in un colpo solo.
Restano sul piatto le lacrime amare di capitan Icardi, riuscito a sbloccarsi dopo nove derby di digiuno. Restano sul piatto le presunte colpe di Pioli, che non ha mai smesso di credere nella sua rosa dal derby d'andata, ma che sembra aver alzato definitivamente bandiera bianca. Restano i rimpianti per l'ennesimo grande appuntamento mancato, perchè anche la vittoria di un derby qualsiasi giocato alle 12.30 avrebbe avuto un sapore diverso. Resta la poca personalità di un'Inter volenterosa, ma incapace di esprimere pienamente il suo potenziale e gestire i singoli momenti di una partita. Se questa è davvero l'Inter, come questo è sembrato davvero il Milan del futuro, allora siamo condannati ad avere altri derby qualsiasi (probabilmente alle 12.30) in cui pregi e difetti, meriti e demeriti, non saranno mai chiari fino in fondo e un alone di amarezza costeggerà perennemente le tribune del glorioso San Siro.