Nella piovosa e scura (non solo a livello di meteo) gara di mezzogiorno di ieri, a San Siro contro la Sampdoria, il Milan potrebbe aver pescato un nuovo, ingombrante problema. Nonostante le parole e le scuse di circostanza all’indomani, la scenata di Carlos Bacca dopo la sua sostituzione (una scarica di parole tutt’altro che carine indirizzate verso il suo allenatore) non avrà sicuramente lasciato tranquilli gli addetti ai lavori di Milanello, così come non lo ha fatto con i milioni di tifosi rossoneri sparsi per il globo. Sempre più appassionati vedono il colombiano come un peso per la squadra, quasi un ostacolo. Situazione paradossale, calcolando che secondo le voci di mercato, appena sei mesi fa la società di via Aldo Rossi rifiutava venticinque milioni di euro offerti dal West Ham per il suo cartellino. Quindi la domanda è: questo Milan ha davvero ancora bisogno di Carlos Bacca? La risposta è tutt’altro che banale, ma possiamo provare a rimetterne insieme i fattori costitutivi.
Già dai tempi di Siviglia, il colombiano non è mai stato un giocatore di movimento. Centravanti classico, dotato di un gran fisico, di un buono spunto nel breve ma soprattutto di un senso del gol nettamente sopra alla media, che lo rende capace di ottimizzare il rapporto tra tiri in porta e reti segnate, tanto di destro quanto di sinistro o di testa, Bacca fa dell’area di rigore suo terreno di caccia. Non è nuovo quindi il commento che negli ultimi tempi è sfuggito di bocca un po’ a tutti, a partire dal mio caro amico Alessandro Cicchitti, che trovate su queste stesse pagine. In una delle nostre discussioni triangolari con un altro intenditore di calcio nonché amico comune, Andrea Ciaramellano (anche lui nella squadra Vavel), ci siamo trovati d’accordo sull’assioma “con Bacca, in campo, sembra sempre di giocare in dieci”. L’attaccante originario di Puerto Colombia è sempre stato questo, con i suoi pregi ed i suoi difetti, ma solo oggi lo troviamo sul banco degli imputati tanto al bar quanto nei salotti tv o sui giornali sportivi. Come mai?
Nella sua prima stagione al Milan, Carlos Bacca ha segnato venti gol in 43 partite tra campionato e coppa, in particolare uno ogni 179 minuti. Sostanzialmente, una firma ogni due match esatti, usufruendo di due tiri dal dischetto. In questo 2016/17, le reti sono 9 in poco più di millecinquecento minuti in campo, ovvero una ogni 168’. La frequenza sembrerebbe migliorata. Andando a calcolare il peso specifico, però, si nota come l’apporto del colombiano sia abbastanza diverso: nella scorsa stagione lo score personale contava una sola doppietta, nel 3-2 al Palermo, ma diverse reti decisive in partite ostiche, come le trasferte contro Lazio e Torino o i gol partita contro Fiorentina, Bologna e Sampdoria. Match duri, in cui i rossoneri quasi mai comadavano il gioco ma, affidandosi al numero 70, riuscivano a bucare il portiere avversario, spesso al primo tiro verso la porta in assoluto.
Quest’anno, la sinfonia sembra cambiata: dopo la splendida tripletta al Torino all’esordio ed il gol a tempo quasi scaduto contro la Sampdoria a Marassi, Bacca ha sperimentato un momento di siccità offensiva. Un rigore siglato a San Siro contro il Sassuolo (2 ottobre) è l’unico lampo degli ultimi tre mesi del 2016, che lo hanno visto anche vittima di un affaticamento muscolare. Già da prima dell’infortunio, però, Montella aveva sostenuto sempre più spesso la staffetta tra lui e Lapadula, bravissimo tra l’altro a mettersi in luce negli spezzoni di partita. A conti fatti, quest’anno Bacca ha completato integralmente solo tre partite, andando a bersaglio in sei presenze su 19.
Con l’ex-Siviglia tra i marcatori il Milan non ha mai perso, ma il discorso statistico sarebbe riduttivo se non accompagnato da quello tattico. Non è un mistero che Vincenzo Montella si sarebbe privato senza troppi patemi del suo centravanti titolare, soprattutto se in cambio di una cospicua contropartita economica, già la scorsa estate. Le varie ed eventuali che si nascondono tra le pieghe del calciomercato, però, hanno fatto sì che l’allenatore napoletano abbia dovuto iniziare la stagione con lo stesso terminale dei suoi predecessori Mihajlovic e Brocchi. Con innegabile forza di volontà, entrambe le parti hanno provato a far fruttare la convivenza al meglio, ma i risultati non sono stati di livello. Il gioco di Montella si è evoluto sempre dalla parte sbagliata rispetto a Bacca: ad inizio stagione, i rossoneri si presentavano in campo con attaggiamento abbastanza conservativo e votato al contropiede. Tutti (o quasi) dietro la palla, per poi recuperarla e distendersi in campo aperto. Tattica perfetta per la progressione di Bonaventura o per gli scatti fulminanti di un Niang in forma come quello visto fino ad un paio di mesi fa, meno per un attaccante non eccellente nel controllo palla, nella corsa sul lungo e soprattutto nell’uno contro uno. Non riuscendo a saltare l’uomo, il lavoro di Bacca in quei momenti si è limitato alle sponde per lanciare gli esterni (sperando di far fruttare poi le sue doti nel suo habitat naturale, l’area di rigore) oppure alla giocata d’esperienza per cercare di prendere un calcio di punizione a favore e far salire i compagni. In maniera simile, ora che i rossoneri hanno alzato il baricentro delle loro azioni e cercano di giocare in maniera più aperta e sfrontata, triangolando e allargando molto il campo con i terzini, il poco movimento del colombiano non apre spazi nella zona centrale, e toglie corridoi cruciali agli inserimenti dei centrocampisti. Bacca fatica a dialogare con precisione nello stretto, fattore che fa sì che sia a tutti gli effetti escluso dal possesso di palla, toccando pochissimi palloni ogni partita. Ultimamente, le cose sono aggravate data una condizione fisica non eccellente, che spesso lo mette in difficoltà anche sui traversoni o sui palloni sporchi che arrivano negli ultimi sedici metri, lì dove il suo istinto ed i suoi movimenti dovrebbero fare la differenza.
Insomma, Carlos Bacca non è e non sarà mai l’attaccante ideale per Vincenzo Montella. È una punta che sa fare la punta ed essere decisivo quando conta. Eppure, l’exploit (a dire il vero un po’ ridimensionato negli ultimi tempi) di Gianluca Lapadula, altro centravanti classico con meno guizzi ma più voglia di sacrificarsi per la squadra; i nuovi acquisti di Ocampos e Deulofeu, attaccanti mobili ed estremamente rapidi, capaci di interpretare anche il ruolo di falso nueve per aggiungere un uomo alla manovra favorendo gli inserimenti dei centrocampisti; ed il bisogno di sopperire in ogni zona di campo alla mancanza di dinamismo collegata all’infortunio di Jack Bonaventura, potrebbero contribuire a far nascere nella mente del tecnico rossonero nuove idee per la disposizione del suo attacco. Se poi Bacca dovesse ripresentare in futuro lo stesso atteggiamento insofferente di domenica pomeriggio, la bilancia del minutaggio penderebbe nettamente a suo sfavore. Perché il 70 è importante, ma non indispensabile. Soprattutto se bisogna dare una scossa all’ambiente. Una scossa diversa dagli insulti all’allenatore.