L'applauso ritmato di San Siro scandisce l'incedere del tempo, sottolinea la buona prestazione dell'Inter. Il tabellone luminoso certifica l'ennesima affermazione, consolida la striscia recente. Bussa tre volte Pioli alla porta della Lazio, punge da ex il più giovane collega e avvicina, in modo perentorio, le posizioni di Coppa. Convince l'Inter, in ogni sua componente, per la prima volta da molto tempo. La "pioggia" di gol e spettacolo che invade il prato di San Siro nella ripresa è naturale conseguenza di approccio e interpretazione, il prodotto finale di un lavoro adeguato.
La formazione iniziale, specie nel mezzo, prende forma dalle assenze. Senza Medel, Joao Mario e Melo, Pioli butta nella mischia Banega e Kondogbia, è la notte del riscatto, senza pressione ulteriore dalla panchina, senza il rischio di premature bocciature. La predisposizione in fase di attacco funge anche da schermo difensivo, perché Perisic e Candreva accentrano il raggio d'azione, aprendo campo e spazi per Ansaldi e D'Ambrosio, liberi di occupare l'esterno, mettendo in scacco Felipe Anderson e Lulic. L'assalto ha una doppia valenza, abbassare il baricentro della Lazio e impedire a Inzaghi di sfruttare la sua batteria di qualità. Banega si pone sulla trequarti, ma spesso arretra per gestire palla, Kondogbia gioca sull'uno-due, più rapido, di pensiero e gesto. Brozovic corre ovunque, pressione e proposizione, è l'anello di congiunzione che consente a Banega e ad altri di omettere talvolta la fase di ripiegamento. Il recupero palla è così rapido, perché la Lazio, che ama impostare da dietro, non ha il tempo per sviluppare la manovra.
Come sempre in questi casi, ampio è il rischio, perché appena salta la prima cortina di ferro, si spalancano corsie in cui gente come Felipe Anderson può seminare il panico. Handanovic si oppone a Immobile, D'Ambrosio è salvifico sul 10. L'equilibrio della prima frazione è totale, l'Inter ha il pallino del gioco, predominanza territoriale che non sfocia in effettiva pericolosità, la Lazio ha l'egemonia delle occasioni, tre volte famelica nei pressi della porta nerazzurra.
In periodi alterni, di latente fiducia, è l'episodio a mutare le prospettive. Quello che sblocca l'Inter e decide la partita, in avvio di ripresa. Paga la scelta di Pioli, di attaccare la Lazio, sempre e comunque. Milinkovic mette il fisico, ma non riesce a gestire palla, Banega conquista - dopo qualche mugugno - San Siro. Delizioso il controllo, non un semplice stop, ma un tocco che indirizza la sfera in avanti. Guadagna un tempo di gioco e può battere a rete con spazio. Si alza la palla, sfiora la mano protesa di Marchetti, ma si infila. Il boato seguente scioglie l'Inter. Improvvisamente, la manovra si fa snella, l'orizzonte ampio. Il raddoppio è a stretto contatto e racconta del talento, senza eguali, di Icardi. De Vrij, fin lì titanico, vede sfilare l'attaccante nerazzurro, inerme. Icardi passa davanti e sfiora indirizzando sul palo lungo di testa. 2-0. In archivio la partita, mentre Kondogbia diventa gigante, recupera e imposta, si concede movimenti di gambe e bacino che eludono il ritorno biancoceleste e infiammano il popolo. Il punteggio sprona alla giocata, l'Inter risponde.
La reazione, flebile, della Lazio si staglia contro la coppia Miranda - Murillo, per una sera sul pezzo. Letture e coperture, d'anticipo. Keita scompiglia le carte, ma è più fumo che arrosto, Pioli, intelligente, toglie Ansaldi, ammonito, e chiama Nagatomo. Il 3-0 di Icardi al 66 è dal piazzato, schema che stordisce una Lazio da tempo contata all'angolo. Banega prende la standing ovation, Gabigol accende i riflettori al tramonto, sprint e doppio passo, rabona che un pubblico in cerca di "eroi" apprezza ed osanna. Serata di festa, punto di ripartenza, ora la sosta e il mercato, con qualche certezza in più.