Da Parma a Roma, passando per l’amata Bologna. Lo sguardo ‘vigile’ sul Dall’Ara e sull’Olimpico, ma il cuore proiettato a San Siro. Next stop: Milano, sponda nerazzurra. Uno di quei treni che passano poche volte nella vita, ma che sono davvero complicati da prendere. Stefano Pioli è l’allenatore più giusto nel momento più sbagliato e confuso della recente storia interista. L’uomo migliore per affrontare al meglio le nuvole di San Siro, sempre più stadio ‘mangiallenatori’. Le fondamenta sono instabili, l’ambiente vive di pulsioni emotive più che di scelte razionali; ma il tecnico ex Lazio e Bologna ha tutte le carte in regola per restituire un’anima a chi, la sua, l’ha appena venduta al diavolo.
Già, perché l’Inter, uscita vittoriosa dal derby d’Italia, sembrava a detta di tutti destinata ad aprire un ciclo, ma si è rivelata l’ennesimo fuoco di paglia; alimentato dalle vicissitudini interne che hanno spinto De Boer sull’orlo del precipizio. Sostanzialmente, l’uomo ‘che arriva’ e l’uomo ‘che va’ hanno caratteristiche affini: concentrazione, attenzione, dedizione al lavoro e forza di volontà. Il primo è all’alba della sua avventura, il secondo aveva il destino segnato da un pezzo, ma se n’è andato da gran signore. Per un De Boer che va via, arriva un Pioli con la valigia piena di consapevolezza, della situazione e delle proprie capacità. Di certo, per quest’ultimo le sfide e i miracoli sono all’ordine del giorno, chiedere a Lotito e Guaraldi per informazioni. Il rischio c’è, ma non lo scalfisce minimamente. Lui, che ha la gavetta nel sangue e non ha mai allenato una big, riesce a trasformare le pressioni in motivazioni e le attese in punti di forza.
Il 4-3-3, con cui ha portato la sua Lazio ai preliminari di Champions dopo sei anni di astinenza, è un marchio di fabbrica, ma attenzione! Stefano Pioli non è un’integralista, non ha i paraocchi, è un allenatore molto maniacale, che cura i dettagli e l’aspetto psicologico delle partite. Non ha un solo modulo di riferimento, ma predilige la duttilità negli uomini che lo seguono, chiedendo umiltà, sacrificio e dedizione alla causa. Tutte qualità che rendono il suo bagaglio davvero pesante, e che dovrà portare con sé sui campi di Appiano Gentile. Rispetto a De Boer avrà alcuni vantaggi pratici (conoscenza della lingua, esperienza nel campionato), nulla più. Forse attese e pressioni saranno leggermente inferiori, semplicemente perché la situazione è talmente critica che si può solo migliorare.
Gli alti e bassi dell’olandese saranno solo un ricordo, poiché la costanza e la concentrazione nell’arco dei novanta minuti sono uno dei requisiti fondamentali del gioco di Pioli. Pressing ragionato, intercambiabilità degli interpreti e ritmo elevato costituiscono la base sulla quale il tecnico ex Lazio proverà a restituire dignità ad un’Inter sconquassata. Servirà l’appoggio dei leader (tecnici e non) per ridare serenità ad un ambiente elettrizzato. La qualità non potrà di certo mancargli, visto l’organico di primissimo livello a disposizione. Dovrà essere bravo a motivare i vari Perisic, Brozovic, Miranda e perché no, concedere una seconda occasione a gente come Kondogbia, Jovetic e Gabigol, le cui qualità non sono messe in discussione.
Riavvolgendo il nastro dell’avventura laziale, colpisce la gestione (in particolare) degli esterni d'attacco e degli incursori di centrocampo, che hanno realmente fatto la fortuna delle sue ex squadre. Candreva (che ritroverà in quel di Milano), Felipe Anderson (esploso sotto la sua gestione) così come Keita e Parolo. Banega, Joao Mario, Perisic, Eder. La bilancia ‘tecnica’ è perfettamente in parità (senza dimenticare Mauro Icardi, paragonato al ‘sempre verde’ Klose e a bomber Djordjevic), ma la questione è un’altra. Non si discutono i piedi e le caratteristiche dei soggetti citati, ma la loro mentalità. Dovranno tornare a divertirsi e assaporare il gusto delle giocate semplici, senza accantonare gli spunti personali tipici delle loro individualità. Integrando ognuno di questi aspetti, il mix potrebbe essere davvero interessante ma le variabili (e la posta in gioco) sono troppo alte per trarre conclusioni in anticipo.
Manca, evidentemente, un giocatore come Biglia, regista e cerniera difensiva della Lazio di Pioli; ma il nuovo allenatore nerazzurro ha in rosa le carte giuste per sopperire a questa carenza tattica. Banega e Joao Mario sono sì due accentratori di gioco, ma il loro raggio d’azione è più avanzato rispetto a quello dell’argentino ex Anderlecht (almeno 10-15 metri). Ecco perchè servirà alzare la linea del pressing, recuperando il pallone nella trequarti avversaria e mettendo in condizione gli attaccanti di accorciare rapidamente verso la porta. Dunque, pressing 'ragionato', 4-3-3 'stretto' e tanta ma tanta umiltà. Sono queste le chiavi psico-tattiche con cui Pioli proverà a 'scardinare' la sua nuova Inter. Dopo tanto tempo, fortunatamente, la panchina interista non sarà in mano ad un 'accentratore mediatico' come Mancini o ad un 'personaggio' (come poteva essere Leonardo).
Le redini del nuovo corso saranno affidate a un uomo che fa del lavoro l'unico discriminante concreto tra la vittoria e la sconfitta. Mai una parola fuori posto, mai un comportamento sopra le righe (per intenderci, siparietti stile Sarri-Mancini) solo tanta voglia di far bene. A questo punto, rimescolate le carte in tavola, la società dovrà battere un colpo, dimostrando fiducia piena al nuovo allenatore, evitando di ripetere le recenti pessime figure. Serve una presa di coscienza, perchè la situazione rischia di degenerare clamorosamente. A Pioli la gestione del gruppo, alla società la gestione del resto, nella speranza di non accartocciare (per l'ennesima volta) l'intera stagione alla fine di ottobre.