Quattro giorni fa il caso era stato denunciato da Filippo Cardelli, difensore di 18 anni in forza alla primavera della Lazio, il quale aveva criticato l'evidente disparità di trattamento tra giocatori italiani e stranieri nelle giovanili (e non solo). Il difensore laziale era da poco rientrato da un infortunio, e non aveva ricevuto nessuna tutela dalla squadra, che lo aveva abbandonato al suo destino. Le sue parole al veleno avevano lasciato una scia di polemiche arrivata fino alle principali reti televisive tematiche, come Sportitalia, dove Luciano Moggi aveva difeso la decisione della Lazio di tagliare il difensore, a suo dire "scarso", ignorando però le parole dell'allenatore Andrea Bonatti, molto rammaricato della sua perdita e lamentatosi anche di chi dovrà sostituirlo, evidentemente non allo stesso livello di Cardelli secondo il mister.
Ieri è arrivato il secondo fuoco d'artificio a dare il secondo segnale di svolta e a far capire che il caso non è per nulla chiuso: al difensore laziale si è aggiunto l'attaccante e compagno di squadra Edoardo Collarino, trascinatore della Lazio '97 insieme ad Alessandro Rossi, che ha difeso il compagno appoggiando le sue parole e aggiungendo che il pensiero della squadra è unanime nell'appoggio al loro compagno di squadra, anche se molti non se la sono sentita di esprimersi apertamente per paura di ripercussioni in società. Anche l'attaccante laziale si è lamentato del modo in cui è stato gestito il suo infortunio: "sono rientrato a novembre, ho giocato qualche partita segnando due gol ma il mio infortunio non è stato gestito benissimo dallo staff tecnico, mettiamola così. A dicembre ho subìto una ricaduta della frattura del quinto metatarso perché sono rientrato quando non ero ancora completamente guarito. Poi il lungo stop e la seconda operazione a marzo, con una riabilitazione conclusa solo qualche settimana fa. Dopo un anno di infortunio e poche presenze magari sarei stato più contento se mi avessero proposto un anno da fuori quota come è stato fatto per Rokavec ad esempio”. Dichiarazioni che, soprattutto nel finale, fanno capire come sia diverso il trattamento tra italiani e stranieri nella Lazio.
Sono arrivate anche le parole di conforto degli ex compagni, come Francesco Manoni, ora in forza al Monterosi, in Serie D: "Se una persona vuole andare in palestra prima, ha il diritto di farlo. Invece nella maggior parte dei casi per la società è un peso mandarlo a usare le proprio attrezzature. Lui è arrivato al limite, far sfumare un sogno a diciotto anni è assolutamente negativa come cosa. Ancora più pesante è invece il commento di Leonardo Nolano: “La Lazio è organizzata malissimo a livello giovanile. Dopo aver fatto il ritiro con la Lazio Primavera in estate, la società mi aveva detto che mi avrebbe mandato in prestito perché non ci sarebbe stato spazio per me. Ma non si sono minimamente preoccupati di cercarmi una squadra, ho dovuto fare tutto da solo. Ora sono in prestito al Flaminia Civita Castellana. Io non me la prendo con i ragazzi che vengono da fuori, ma con la società che non valorizza gli italiani per dare spazio agli stranieri. Per loro, noi giovani italiani, siamo soltanto dei numeri”.
E' necessario interrogarsi su cosa spinga la Lazio, e in generale le squadre italiane, a questa esterofilia portata all'estremo. Si tratta di un fatto culturale? Di un interesse dovuto ai procuratori, che evidentemente vedono nei calciatori stranieri una fonte di guadagno più promettente? Di una convinzione prettamente sportiva secondo cui i calciatori italiani sono di livello inferiore? Non è dato saperlo, per ora è necessario soltanto seguire i risvolti della vicenda e vedere se tutto questo porterà a qualcosa di concreto. Per ora la federazione non è parsa interessata al caso.