Il senso del viaggio è la meta, il richiamo di quest'ultima e il suo fascino. Ma siamo pronti a scommettere che Roberto Mancini avrebbe preferito starsene tra le mura amiche di Appiano, o tra le alture di Brunico. Tradizionalmente, la meta estiva delle squadre di calcio è una località montana, dove "aprire i polmoni e anche il cervello", come diceva Oronzo Canà. Ma da qualche anno a questa parte, il richiamo dei dollari (e dei petroldollari) spinge i grandi club oltre le frontiere. USA, Cina, Indonesia, Australia. Sono queste le nuove potenze economiche mondiali che ambiscono ad un'apertura al mondo del pallone. I nerazzurri di Milano, ormai dal 2009, girano per gli Stati Uniti senza tregua, giocando partite-evento dal valore di milioni di euro. D'altronde è ormai chiaro, il business delle tournèe è qualcosa di mai visto prima. Ma la buccia di banana è dietro l'angolo. Già, perchè infortuni, figuracce e malumori di mercato sono all'ordine del giorno da quelle parti.
L'estate dell'Inter è stata tra le più travagliate degli ultimi anni e l'aria degli States non ha contribuito a calmare gli animi. Nel 2009 erano Mourinho e Ibra a separarsi, ora Mancini e Icardi (nonostante le smentite della società). Metà squadra oltre oceano, l'altra a sgobbare con la Primavera. Banega, Perisic, Murillo, Brozovic tra questi ultimi, pronti ad aggregarsi al resto della truppa sui campi di Appiano dal primo di agosto. 23 i convocati da Mancini per questa avventura tra Portland e New York (tra le altre). Pochini, se si osserva la qualità di questi ultimi. Molti giovani, poche alternative e coperta sempre più corta (come sottolineato anche dal tecnico). Quattro amichevoli svolte, contro avversari di livello (PSG e Bayern Monaco) e di comparsa (Real Salt Lake ed Estudiantes) ma non inferiori ad un'Inter mai veramente in palla. Si gioca per il gusto di giocare, e si è visto. A parte qualche lampo di Jovetic e la solita intraprendenza di Palacio, sono davvero poche le note positive della tournèe. Ultima fra queste, la rete del 1-4 contro i bavaresi di Ancelotti, ad opera di Mauro Icardi. L'argentino, capitano dell'Inter, è sempre tra i più chiacchierati, anche Oltreoceano. La sua moglie-agente, Wanda Nara, ha scatenato il finimondo tra adeguamento di contratto e richiesta di trasferimento (mai pervenuta ufficialmente negli uffici di Corso Vittorio Emanuele). Il bomber albiceleste è una delle pedine fondamentali da cui ripartire, Mancini lo sa e prega Suning e Thohir di non lasciarlo andare. 70 milioni. Pare sia questa l'ultima offerta del Napoli per il calciatore. I soldi non fanno la felicità, ma di fronte a certe cifre...
Lasciamo il 'gossip' e torniamo ad analizzare quello che le due settimane negli USA hanno effettivamente lasciato. Ecco, un bel niente. La preparazione estiva è forse il momento clou dell'annata calcistica: si pianificano carichi di lavoro e tattiche sul campo. Un assiduo lavoro, senza balzi in giro per il mondo, può solo giovare ad una squadra in cerca di identità come l'Inter. Certo, un anno fa la situazione era più o meno la stessa (eccezion fatta per il tormentone Icardi). Non sono il pareggio con l'Estudiantes o le sconfitte con Paris Saint Germain e Bayern a far scattare il campanello d'allarme. Mancini lo sa e la sua 'campana' sta suonando da quasi due mesi. Mercato, nuova proprietà, gestione degli impegni e del budget. Il tecnico di Jesi sta letteralmente fumando dalle orecchie per l'assenteismo (o meglio per il non ascolto) nei suoi confronti da parte di nuovi e vecchi dirigenti. Il mercato, è vero, non procede spedito (se si paragona a quello juventino) ma comunque ha regalato Banega e Ansaldi: due ottime pedine. Non si respira una buona aria. La vicenda Icardi potrebbe essere la chiave di tutto. Certamente non sarà il 4-1 col Bayern a segnare la crisi interista, ma forse rinunciare a qualche milioncino in più e aprire gli occhi sarebbe molto più lungimirante.