Un attacco perfetto a bruciare il difensore, una torsione a piazzare la palla alle spalle del portiere. Icardi strattona l'Inter, solleva di forza i compagni dal torpore di un pomeriggio difficile. Una zuccata da giocatore vero abbatte un ottimo Frosinone e chiude la mini-crisi post Torino. 

Difficile agguantare la Champions in questa stagione, sei i punti che dividono Roma e Inter, sei le tornate da percorrere. La mente di Icardi corre alla prossima stagione, l'argentino pregusta un ulteriore passo avanti per avvicinare le prime posizioni della classifica, per giocarsi, nuovamente, il tricolore. Nessun dubbio sul futuro, Icardi stringe a sè la maglia nerazzurra. 

"Spero che l’anno prossimo la squadra sarà ancora più competitiva. L’obiettivo dell’Inter non può mai essere parziale, solo il massimo: vincere lo scudetto e tornare in Champions. E io voglio vincere qui, il prima possibile".

Il giocatore pone poi a paragone Mancini e Mazzarri, differenti metodi, differenti personalità. Il passato da calciatore svolge un ruolo importante nel Mancini allenatore, un rapporto di sguardi, un'intesa rapida, fugace. Mazzarri è invece condottiero classico, duro, esigente. 

"Mancini non urla mai. È un allenatore ma vede la quotidianità con gli occhi del giocatore: non ha dimenticato quel che è stato. Ti capisce. Mazzarri aveva atteggiamenti più da allenatore classico e si arrabbiava di più".

Capitano, simbolo. La ricostruzione dell'Inter passa da Icardi, ruota attorno a un ragazzo-uomo chiamato a prendersi grandi responsabilità. La fascia è un'investitura, di società e tecnico, un segnale. Icardi vive il "peso" con tranquillità, abituato a una vita di esami e scelte importanti. Leader in grado di rapportarsi con il gruppo, di interloquire senza picchi di esagerazione. 

"Sono andato via di casa a 13 anni e stavo da solo a Barcellona. Ho sempre scelto di accompagnarmi ai più grandi. Tutto questo mi ha fatto maturare. Questa Inter è un gruppo di bravi ragazzi, non ho bisogno di fare il cattivo. Non ho mai sopportato i compagni che in campo urlano, mi innervosiscono e basta. Ha più efficacia una parola detta bene e con calma. Così faccio, ti prendo da parte e ti parlo. E poi conta quello che fai e sei. Gli altri ti guardano, l’esempio vale più delle parole".

La famiglia, perno su cui poggia l'Icardi giocatore. Una certezza che mette un freno agli eccessi, che rende meno pressante la realtà di campo, un rifugio in cui sbollire delusioni e fatiche. 

"Wanda mi ha cambiato la vita. È una delle donne più note d’Argentina, ma mi aiuta a fare il padre e il calciatore, a stare più concentrato sulla mia carriera. Da ragazzo ho fatto tutto quel che volevo, mi sono divertito e tolto tutti gli sfizi quando stavo a Barcellona. Poi ho deciso di cambiare modo di vivere, ho conosciuto lei e tutto è stato diverso. Mi piace la vita in famiglia, sono più sereno, mi rende più forte in campo".

Qualche critica, il dito puntato per un atteggiamento non sempre propenso al sacrificio. Icardi è attaccante d'area, finalizzatore, ma il lavoro di manovra è in crescita, l'impegno, di recente, evidente. Questo è l'ultimo passo per affermarsi nell'elite mondiale, bussare alla porta dei più grandi. 

"I gol li ho sempre fatti, sono un attaccante. Venti gol? Quest’anno sono già 14 e ho avuto un infortunio all’inizio che mi ha condizionato. L’anno passato ne ho segnati 22, la porta la prendo insomma".

In chiusura, uno schiaffo a una tendenza negativa. Icardi punisce verbalmente i simulatori. Il "tuffo" è in voga nell'attuale massima serie, un gesto poco nobile utile a trarre immeritato profitto. 

"A volte mi tirano la maglia, non cado e non mi danno il rigore anche se c’è. In questo non aiuto l’arbitro, non lo traggo in inganno ma non gli faccio nemmeno vedere il fallo. Non mi piace cascare per provare a prendere qualcosa. Contro di noi Belotti del Torino è stato furbo: ha realizzato che il pallone gli era sfuggito, ma ha notato l’incrocio di Nagatomo e si è buttato. Io quella cosa lì non la so fare".

Fonte Fc InterNews