Aria di Trenza. Rodrigo Palacio avanza, prepotente, nelle gerarchie nerazzurre. Lavoro oscuro, applicazione, mai oltre le righe. Un esempio, per chi muove i primi passi sul verde, per chi insegue illusioni e false speranze. Nell'Inter che sale sull'ultimo treno di Coppa, alla prima di otto fermate, c'è Palacio, anni 34, da Bahia Blanca.
Le sedute d'allenamento confermano l'idea del tecnico, giusto lanciare giocatori freschi, esenti dalle fatiche nazionali, affidarsi a uomini rodati da due settimane di lavoro di campo. La candidatura di Rodrigo acquista così corpo, perché il lavoro di sacrificio dell'argentino consente a Mancini di presentare comunque quattro giocatori d'attacco. Difficile identificare il modulo: 4-3-3, 4-4-2, 4-2-3-1? Semplice quesito numerico, perché tutto il fronte offensivo ha qualità per ricoprire più ruoli, adattandosi in fase di ripiegamento. La presenza di Palacio spinge in panchina Ljajic, con l'argentino, a segno l'ultima volta con il Palermo e fuori per squalifica con la Roma, subito a ridosso di Icardi, con Eder e Perisic ai lati.
Proprio all'ex Samp Mancini chiede un passo avanti, in termini di consistenza sotto porta. Impatto relativo dal suo approdo a Milano, all'Inter, in questo scorcio conclusivo, servono i gol di Eder.
Scende Kondogbia. L'impressione è che il tecnico non intenda proporre almeno al via il rientrante transalpino, affidandosi al collaudato duo Brozovic - Medel. Il moto perpetuo del croato è fonte vitale per la squadra e spostare Brozo più avanti significa spaccare l'undici iniziale, togliere forza all'incedere del giocatore.
Nessuna novità nel settore di difesa, con Murillo - corteggiato dalle big d'Europa - ad affiancare Miranda - di ritorno dal faticoso doppio impegno con il Brasile - e D'Ambrosio - Nagatomo a proteggere le corsie. Handanovic tra i pali.