Questione di uomini, di scelte. Arriva un momento in cui chiudersi in un guscio non può essere la risposta, arriva un momento in cui occorre assumersi la responsabilità delle proprie azioni. Un punto di non ritorno. Spesso coincide con la fase di maggior disperazione, con i buoi ormai lontani e la contestazione pronta a traboccare in campo. Caso questo che si addice all'Inter, superficiale e dimessa di A. 

In una notte di Coppa, sinistramente simile a un mancato miracolo milanese di qualche anno fa, Mancini torna al timone e indica la via - questa volta giusta - ai suoi uomini. Dopo un inizio diffidente, anche chi guarda coglie sfumature sbiadite e si ri-avvicina - con lecita paura di mera illusione - alla squadra. Uno spettacolo - a poche ore di distanza - diametralmente opposto. 

Via al tutti dentro, dal 3-5-2 di trincea e pugnale al 4-3-3 di corsa e aggressione. Non è un'Inter che aspetta per ripartire, è un'Inter che morde per recuperare. A favorire l'assalto all'arma bianca una Juventus seconda versione, opaca come in avvio di stagione, senza fili conduttori, senza personalità in grado di fermare l'ondata di casa e dare tranquillità a seconde linee chiamate a guadagnarsi spazio. Non è un caso che balli la difesa del giovane Rugani, senza l'esperto Barzagli, non è un caso che l'inedita coppia Hernanes - Sturaro subisca l'impatto violento di Medel e Kondogbia. Un concorso di colpe, come sempre quando in un incontro c'è chi domina in senso assoluto e chi pare in campo per onor di firma. 

Un contrasto tra D'Ambrosio e Zaza (foto Inter.it)
Un contrasto tra D'Ambrosio e Zaza (foto Inter.it)

Sopperire alle difficoltà, con il coraggio, l'orgoglio. Distillare qua e là le piccole dosi di qualità presenti. Mancini non rinuncia, anzi pretende. Chi gioca assimila il senso, la voglia di rivincita. C'è Ljajic. Si muove tra le linee, tende all'esagerazione, in virtù di una capacità di palleggio superiore, c'è Perisic, che corre, dribbla, va su e giù, moto perpetuo, enigma senza soluzione per la corsia bianconera. Riparte dai nuovi l'Inter, dall'estate. Riparte dagli esclusi del fine settimana, non un caso. 

Brozovic si conferma tuttocampista, perché ha passo, visione, inserimento, ha tutto per diventare il punto di riferimento. Spaesato di recente, si carica assorbendo l'atmosfera milanese, è lui che spinge avanti i suoi, che li chiama fuori dalla barriera difensiva. Menzione anche per D'Ambrosio - l'accusato - un gigante centrale. 

L'esultanza di Brozovic (foto Inter.it)
L'esultanza di Brozovic (foto Inter.it)

Il finale è amaro, l'Inter non chiude quando può e crolla alla lotteria. Un legno, di Palacio, salva la Juve e ferma l'Inter. Giusto così, non tanto per quanto visto in campo, ma per quanto sprecato fin qui, prima di ieri sera. Partita che dice che creatura l'Inter può essere. Dipende da chi guida - Mancini - da chi scende in campo - i giocatori. Essere gruppo è la condizione essenziale, indicare linee guida precise, senza ribaltoni di timore e spavento, è viatico imprescindibile. Di uomini e di carattere, per una sera sul terreno, non in un romanzo, sporchi, stanchi e battuti. Può essere bello a volte. 

Il saluto a fine gara (foto Inter.it)
Il saluto a fine gara (foto Inter.it)