Un risultato netto, mai in discussione, che ha segnato - ancora una volta - la profonda differenza che intercorre tra una grande squadra (la Juve) e una che lavora per tornare ad esserla (Inter). L'ottima prima parte di stagione dei nerazzurri rischia di sgretolarsi alla luce delle ultime, negative prestazioni che hanno fatto scivolare la banda Mancini a 6 punti dalla vetta del campionato, dopo essersi fatta rimontare 14 punti proprio dai bianconeri, rientrati prepotentemente nella lotta scudetto dopo un avvio a dir poco deficitario. Il 3-0 racconta pienamente delle difficoltà dell'Inter, quasi mai in partita e incapace di impensierire la retroguardia guidata dal portiere di scorta Neto (solo una parata plastica su colpo di tesa di Murillo). Un Morata versione deluxe, unito ad una prova di squadra complessivamente schiacciante ha fatto il resto. E, se i problemi offensivi dei nerazzuri sono oramai una costante - lo dimostrano i 26 gol fatti, 10° attacco della Serie A - è la difesa a preoccupare, con la difficoltà a trovare una coppia di terzini titolare e il binomio d'oro Miranda-Murillo che comincia a scricchiolare.

 

Qui vanno anche ricercate le reponsabilità di un allenatore, Mancini, che dopo 5 mesi non è ancora riuscito a far quadrare il cerchio, cambiando continuamente moduli e gicatori, incapace di dare una vera identità alla squadra. Sono parecchi gli appunti che si possono fare all'allenatore rispetto alle scelte di formazione di ieri sera: dall'inadeguato Nagatomo, autore dell'ennesimo errore in uscita in occasione del rigore Juve, al macchinosissimo centrocampo tutto muscoli niente geometrie, fino alla decisione di tenere fuori Icardi - capitano, bomber e uomo simbolo - nella partita più importante dell'unica altra competizione a cui partecipa l'Inter quest'anno. 

Nessuno può nascondere il grande lavoro fatto da Mancini nella prima parte di stagione, sopratutto sulla testa dei giocatori, ma il rischio è che tutto ciò rimanga un'opera incompiuta: quello di ieri sera è l'esempio lampante di quanto contino la giusta mentalità e il killer instinct a questi livelli. La Juve ha saputo rifilare al momento giusto una mazzata soprattutto psciologica ai suoi avversari, cosa che gli stessi neraazzurri non erano riusciti a fare nel match di San Siro ad ottobre,  quando i bianconeri - lontani parente dello squadrone che ha dominato gli ultimi quattro campionati - erano sull'orlo della crisi e una sconfitta avrebbe pesato moltissimo sulla psiche dei giocatori. Sappiamo invece com'è andata e i ragazzi di Allegri veleggiano ora verso la cima della classifica.

L'ambiente Inter, si sa, è un po' isterico, si passa dal grande entusiasmo al facile criticismo in un amen. Nessuno ad inizio stagione chiedeva lo scudetto, l'obiettivo rimane la Champions però, visto il periodo, serve una scossa, una risposta immediata per far si che tutto quello che di buono è stato - faticosamente - costruito in questi mesi non venga dimenticato. Da questo punto di vista il derby rappresenta la miglior  sfida possibile: tocca ora ai giocatori dare una prova di compattezza, maturità e coesione, necessaria a rialzare il morale e le quotazioni di una squadra attesa ad un mese di fuoco, decisivo per il prosieguo della stagione.