Fredy Guarin e l'Inter, divorzio in essere da tempo. Scelta ponderata, condivisibile, figlia di un percorso a strappi, momenti di pura estasi - il sinistro che punisce il Milan nel derby - e intervalli di assoluto silenzio. Dal luglio 2012 - mese di approdo a Milano via Porto - un enigma senza soluzione. Potenziale illimitato, fisico dominante, conclusione, impatto, attaccamento. Poi tanti piccoli punti di domanda, ingigantiti dall'incedere delle lancette. L'attesa - vana - di un salto di qualità, pensieri contrastanti, la volontà di credere in quei lampi isolati e la necessità di fermare un treno a fermate alterne. 

Pretoriano di Mancini, a lungo pronto a sacrificare tutto all'altare Guarin, fino ai mesi recenti. Maglia da titolare al via, poi un lento ritorno nel guscio. Comprimario, lui, a tratti capitano e condottiero. Minuti, spiccioli di campo, la decisione comune di salutare. 

La sensazione cinese, soldi a palate, un calcio diverso, un affare per l'Inter. Jiangsu, parole al vento, fiumi d'inchiostri cancellati dalla realtà dei fatti. Ora il puzzle si ricompone, meta asiatica, ancora una volta. Lo Shanghai Shenhua bussa alla porta di Thohir, in mano l'accordo col giocatore, 13 milioni per infrangere il "muro" di mercato. Sì scontato, Guarin guarda la Pinetina, si allena in solitaria dopo la non convocazione con il Carpi, ultimi istanti di Inter, stretta di mano con i compagni. 

Rimpianti.