È sempre più “Inter-ic”. La squadra di Mancini, dopo undici giornate di campionato, è in testa alla classifica (al pari dei viola di Paulo Sousa) con 24 punti. I miracoli di Handanovic, l'estro di Ljajic e Jovetic, la corsa di Perisic e il dinamismo di Brozovic si sono rivelati ingredienti fondamentali per la scalata alla vetta, dopo l'ennesima stagione di transizione. Ad Appiano, pertanto, si parla sempre più slavo. La lingua del calcio. La lingua di campioni del calibro di Boban, Hagi, Savicevic e Mihajlovic. I Balcani, d'altronde, sono sempre stati una fucina di talenti indiscussi capaci di far cadere l'Europa ai loro piedi; nonostante i numerosi conflitti etnico-politici tribolino ancora quelle terre.

A riportare l'Inter tra le pretendenti allo scudetto ci hanno pensato loro. L'arrivo dei nuovi, infatti, ha portato entusiasmo e concretezza spazzando via gli strascichi dell'anno passato e restituendo certezze a chi c'era già. Le critiche mosse a Brozovic (definito da Zvone Boban come uno che sa fare tutto ma non eccelle in nulla) e i mal di pancia estivi di Handanovic rischiavano di buttar via le poche note liete di una stagione maledetta. Ma, a suon di prestazioni, i due si sono ripresi l'Inter. Il croato (sontuoso sabato sera contro la Roma) è sempre più pedina fondamentale di un centrocampo muscolare, l'unico in grado di svolgere al meglio le due fasi. Il portierone ha abbassato la saracinesca contro la squadra di Garcia (4 parate in 3 secondi!) confermandosi imbattibile tra le mura amiche, fatta eccezione per la debacle contro la Fiorentina.

Mancini, attraverso l'usato sicuro dei suoi -ic, ha creato una macchina da punti sia in casa che fuori. L'uomo che forse più di tutti incarna lo spirito dell'allenatore di Jesi è proprio Ivan Perisic, arrivato in estate in sostituzione di Shaqiri per la modica cifra di 18 milioni più bonus. Già, perchè l'ex Wolfsburg ha dimostrato da subito abnegazione e voglia di ripagare le attese. Dopo le perplessità iniziali, ha iniziato a macinare chilometri su quella fascia, realizzando anche 2 reti (contro Samp e Palermo). Esterno, trequartista o terzino per lui non fa differenza. La tempra delle sue origini si rispecchia anche in questo.

Ultimi, ma non per importanza, i due giocatori di maggior classe: uno (il montenegrino) vero faro di questa Inter pragmatica, l'altro(il serbo) un led a intermittenza che ancora aspetta di mostrare tutto il suo talento. Hanno caratteristiche simili, erano compagni nella Fiorentina di Montella, ma sono estremamente compatibili. Talenti purissimi: dribbling, visione di gioco, qualità e fantasia. Jovetic era arrivato come spalla di Icardi, tormentato dai problemi fisici che ne avevano inevitabilmente condizionato il rendimento a Manchester. Tuttavia, Stevan finora si è garantito una buona continuità di presenze (eccezion fatta per la gara con la Fiorentina, saltata a causa di un affaticamento muscolare) risultando spesso decisivo con le sue tre reti nelle prime due partite. Sprazzi di classe e talento anche per l'altro gioiello di casa Inter, Adem Ljajic, arrivato l'ultimo giorno di mercato e partito in sordina a causa di un fisiologico periodo di ambientamento. Le ultime prestazioni ne hanno rivalutato la posizione, portandolo a sacrificarsi per i compagni e dimostrando di non essere più un ragazzino di belle speranze ma un talento con voglia di affermarsi.

La compattezza e la solidità di una squadra costruita per vincere esaltano le caratteristiche di questi giocatori. Perché l'Inter, finora, è stata da 10 pieno. Che con il trattino in mezzo diventa 1-0, risultato di chi vince soffrendo, ma soffrendo si vincono i campionati (come ha dimostrato la Juve di Conte prima e Allegri poi). Manca la lode, ma per quella ci sarà tempo visto che per ora il gioco latita. La parola scudetto è ancora impronunciabile ma i tifosi ci sperano, Mancini pure e l'Inter-ic è pronta a sfidare le sue contendenti.