Allenamento "vero" per chi non ha giocato al Dall'Ara, sgambata per i reduci di Bologna. Inizia l'avvicinamento al sabato di San Siro, la Roma, capolista, bussa alla porta dell'Inter, due lunghezze sotto. Si respira, anni dopo, aria tricolore, con lo Scudetto che torna a colorare la sfida più accesa del periodo post-calciopoli. Non è affare per due, perchè interessate osservano Fiorentina e Napoli, perché l'Inter, ad oggi, non ha credenziali per ambire a un ruolo che spetta invece ai giallorossi. Garcia ha il compito di "trascinare" il titolo a Roma, soprattutto ora che la Juve annaspa nel fango della ricostruzione, a Mancini si chiede l'Europa che conta, il resto è un sogno d'autunno.
Avvicinamento simile, nei numeri, diverso, nella sostanza. La Roma di A segna e colpisce, per crescita e personalità, l'Inter è rude, concreta, ma fatica, zoppica, è figlia di sparute soluzioni, rette su un castello difensivo dalle solide mura. Per chi guarda, non c'è partita, ma il campo è un'altra cosa e ogni incrocio ha storia che si distanzia dalle precedenti. Mancini sa che deve crescere, insieme al gruppo, per gioco e idee, Garcia sa che deve pugnalare l'Inter ora, per non ritrovarsi scomodi vicini più in là.
Senza Felipe Melo, le scelte più interessanti, in casa Inter, riguardano la mediana. Il rientro di Medel mette una toppa nella cerniera che difende la linea a quattro. Murillo si accasa, dopo la squalifica, al fianco di Miranda, sul fronte esterni è bagarre, consueta. Brozovic è elemento che per corsa e qualità non può mancare, si giunge quindi a un ballottaggio per la terza casella di mezzo, con Guarin che parte un passo avanti a Kondogbia. Fuori, perché in diffida, con il Bologna, il colombiano è un pretoriano del tecnico, l'uomo da schierare nelle notti di gala.
Jovetic veste i panni dell'inventore, Perisic è strappi e ripartenze, Icardi il terminale ultimo. Un gol facile facile, da due passi, può essere l'abbrivio per il ritorno in quota. All'Inter serve, tremendamente.