L'Inter di Ancona conferma il negativo trend estivo. Le gambe pesanti inibiscono azione e pensiero, quel che ne consegue è uno "spettacolo" di basso profilo, con interpreti goffi e azzoppati dalla preparazione. Un campanello d'allarme che risuona con maggior forza col passare delle ore, perché l'esordio in A è alle porte e l'Inter rischia di presentarsi al via senza alcun punto fermo.

Mancini spinge per avallare il 4-3-3, ma senza i giusti ritocchi l'organico attuale non può supportare il nuovo modulo. Occorre quindi affidarsi all'usato sicuro. Un trequartista e due punte di ruolo, tre uomini a protezione della reoguardia, una difesa a quattro rodata. Sulla carta, un undici di primo piano, in cui spiccano i colpi del mercato in essere, sul campo una sensazione di incertezza. L'Aek sbarca in Italia e mette in scacco l'Inter, quasi senza soffrire. 45 minuti di sbadigli, con Brozovic che non riesce ad isprirare Jovetic e Icardi. Uno squillo dell'argentino, poco più.

Kovacic, siede in panchina, riceve l'ovazione del pubblico, un chiaro schiaffo alle scelte di bilancio, per Mancini fischi assordanti. Le scelte del tecnico, questa volta, non sono sperimentali, in campo c'è il meglio dell'Inter attuale. A destra, occasione per il partente D'Ambrosio, in mediana spazio a Medel, Kondogbia e Gnoukouri. Il migliore, non la prima volta, è il giovane Assane. Personalità, senso del gioco, nessun timore reverenziale.

Spiccioli di Inter nel finale. Non arriva la rete, almeno si denota un pizzico di orgoglio. Manaj e Palacio, in campo nella ripresa, accendono i motori. Nella confusione generale, i nerazzurri si presentano più volte al tiro. Un batti e ribatti con diversi attori in scena, ma il velo che copre la porta di Anestis respinge l'assalto.  

Non è tempo di sentenze, ma qualche domanda sorge spontanea a pochi giorni dal debutto. Mancini chiede un ritocco per reparto, l'Inter mette sul piatto i soldi incassati dall'operazione Kovacic, può bastare per cancellare una diffusa sensazione di apatia?