Alessandro Matri ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha parlato del suo ritorno al Milan e dei suoi progetti per il futuro in maglia rossonera. Ecco le sue parole:
"Io vorrei restare e fare molto bene. Non voglio essere un problema, ma spero di essere utile: parlerò con il mister e con la società. Torno al Milan con grandissima voglia di fare bene, ma con meno pressioni. Ho ritrovato le mie certezze. Lui conosce la mia professionalità. Gli do la massima disponibilità, voglio conquistarlo sul campo. Mihajlovic è un tipo schietto, che dice le cose in faccia: bene così. Io sono un finalizzatore, ho bisogno del lavoro dei compagni e dei loro assist. Poi in area tocca a me: se faccio come due anni fa e tiro sempre fuori è un problema. Ma non sarà così...".
Sulla sua situazione attuale, l'ex juventino continua: "Sinceramente sono contento e non c’è ipocrisia nelle mie parole. Più giocatori forti arrivano, meglio è per le ambizioni del club. Io osservo con serenità sapendo che per vincere servono i campioni. Voglio rimanere al Milan, trascinare il Milan in Champions, segnare e giocare bene. Quando il Milan tornerà competitivo? Alla Juventus ho imparato che si può. Io arrivai a Torino nel gennaio 2010, chiudemmo il campionato al settimo posto, ma un anno dopo festeggiammo lo scudetto. Per riuscire nell’impresa ci deve essere grandissima disponibilità dei giocatori in ogni allenamento prima che in partita".
Infine torna sul suo primo arrivo in rossonero: "Nel 2013 mi ero creato troppe aspettative. Volevo fortemente tornare al Milan. Mi avevano cercato con insistenza, c’era Allegri, ero molto motivato. Purtroppo non ho iniziato bene, ho sbagliato la partita con il Bologna e un paio di gol. E più in generale non mi sono fatto trovare pronto in certe situazioni. Qual è l’errore più grave che ho commesso? Caricarmi di troppe responsabilità. Ci tenevo al Milan e ci tengo ancora moltissimo. Le critiche sono arrivate presto, lo striscione dei tifosi ‘Matri? No grazie’ non mi ha aiutato anche se non ero io l’obiettivo. Avrei dovuto viverla più serenamente. Errori nei miei confronti? In realtà non ci sono stati grossi errori. A Milano e Firenze ho trovato tecnici che mi hanno aspettato e fatto giocare. Ma senza buone prestazioni è normale finire in panchina. Per aiutarmi a sbloccarmi, il Milan mi ha mandato a Firenze. La Fiorentina mi ha accolto bene, ma anche lì non ho fatto faville... Forse qualche critica è stata eccessiva: la quotazione di 12 milioni mica era colpa mia. Ma poi è sempre il campo a parlare: e quell’anno io ho fatto l’assist per ogni tipo di critica. Bastava spingere a porta vuota."