Al lavoro, in silenzio. Non c'è nemmeno contestazione, non c'è nulla. Alla Pinetina, qualche tifoso, pochi sorrisi. Mancini è il primo, a ruota il gruppo. Punizione pasquale, seduta intensa, ieri. L'entusiasmo iniziale si scioglie al cospetto del campo, i risultati non arrivano e gli assordanti fischi di San Siro sono la conseguenza naturale. Dal "vergognamoci" di Guarin alla supposta "rivoluzione" di Mancini, l'Inter è in fermento, interno. Con il Parma il punto più basso, a Milano, le ultime due delle classe impongono gioco e idee, l'Inter, nervosa, scomposta, rischia addirittura di crollare. L'Europa League dista 9-10 punti, la Champions 17, alle spalle risalgono e la quint'ultima piazza non è così lontana.
Mancano 9 giornate, ma l'attenzione è al prossimo anno, inevitabile. Resta da salvaguardare la faccia, già "sfregiata" dalle recenti uscite, poco altro. Dietro al differente approccio di Mancini, rispetto all'avvento, si cela un'accettazione della realtà. Anche lui, tecnico esperto, si sente tradito, dai suoi. Il suo impegno, a livello tecnico e psicologico, non basta, i progressi, a tratti visibili, si infrangono su barriere cristallizzate da tempo e la rosa, in diversi punti, non è all'altezza.
Mancini riflette, lo ha detto più volte, vuole vincere, in fretta. Quest'Inter non può farlo, non ha i mezzi per combattere con Juventus, Roma, Lazio, con tante altre squadre. Il prossimo anno, senza Europa, si presenta come perfetto banco di prova, ma serve un mercato faraonico e qui l'Inter incappa nel secondo paletto.
Senza le entrate, ingenti, provenienti dalle Coppe, con la Uefa attenta in materia di bilanci, come convincere campioni strapagati ad accettare una piazza in regressione? Il nome, la storia, l'Inter mette sul piatto fascino e tradizione, ma il passato sbiadisce di fronte al presente e Thohir, scuro in volto, pensa al da farsi. Inserire liquidità, questo sì, ma servono certezze, da Mancini e dal gruppo.
Qualche sacrificio, mirato. Una cessione, non di più, perché qualcosa di buono c'è, occasioni, un colpo o due. La speranza è nel decollo di alcuni prodotti interni, vedi Kovacic, nell'esplosione di campioni in divenire come Puscas e Bonazzoli, il prossimo anno alla Samp, nella crescita di giocatori come Brozovic. Per il resto, sogni. Yaya Touré, in primis, nomi che stuzzicano, ma avvolti da un punto interrogativo.
Mancini vuole vincere, l'Inter deve comprare, chi c'è deve battere un colpo. L'Inter del prossimo anno è in cantiere, mancano risposte, certe, l'unica verità è il fallimento odierno, certificato dal campo.