Il ritorno di Mancini a Genova, un tuffo nel passato, dolci ricordi. Roberto Mancini torna nel suo stadio, indossa idealmente la casacca blucerchiata e rivive le imprese da giocatore. Talento sublime il Mancio, adorato, riverito, a Genova soprattutto. Un simbolo del calcio, un esteta. Samuel Eto'o, a Genova è invece giunto da poco, ma con il Mancio ha in comune il talento, la personalità, quella capacità, caratteristica di pochi eletti, di guidare i compagni. Lui, Eto'o, gli ultimi ricordi veri li ha in nerazzurro. Anche un duro come lui può essere "scalfito" dalla vista di quelle strisce nero-azzurre. Il Triplete, il sodalizio con Mourinho, la notte di Madrid, quell'esterno meraviglioso a Stamford Bridge, istantanee da "eroi" direbbe Josè. A unire i due fuoriclasse Sinisa Mihajlovic, che Eto'o comincia ad apprezzare, dopo lo scontro, violento, all'arrivo del camerunense. Mihajlovic, nome noto al Mancini giocatore e al Mancini allenatore. La storia dei due è fatta di amicizia e stima, Genova, Roma, sponda Lazio, Inter, un viaggio comune, tappe che si intrecciano. Mihajlovic è allenatore in ascesa, Mancini un tecnico navigato, forgiato da Italia e Inghilterra. Si ritrovano oggi, e davanti c'è Mihajlovic, addirittura catapultato in zona Europa, con Mancini, cavallo di ritorno all'Inter, costretto a inseguire un'improbabile rimonta.
Due stati d'animo differenti. Mihajlovic fatica a trattenere l'euforia del gruppo, l'eccessiva esaltazione è rischio concreto, per chi si trova a lottare per obiettivi enormi, non preventivati al via. Mancini deve invece rialzare l'autostima del gruppo. L'eliminazione dall'Europa League sancisce il fallimento della stagione corrente, ma il finale di stagione può essere indicativo per tanti motivi. Mancano undici giornate e l'aritmetica non condanna l'Inter. Il rettilineo finale può servire per tracciare le coordinate della prima vera Inter di Mancini, quella del prossimo anno, studiata a tavolino già dall'estate.
L'Inter non può permettersi tracolli, per evitare di dover ripartire, ancora una volta, da zero. L'impronta di Mancini è evidente, manca quel surplus mentale, tecnico, che solo lavoro e mercato possono offrire. Scelte anche dolorose, ma necessarie. In troppi faticano a imporsi, forse per un difetto di personalità, eccessivo timore, in tanti tecnicamente non sono da Inter, a qualcuno serve invece tempo, proprio quel che manca da queste parti. La scossa può giungere da partite sulla carta difficili, come quella di Marassi. Un click emotivo che cancelli il passato e inauguri un periodo diverso, più fortunato.
Questa è la speranza di Mancini, questa la speranza di un pubblico schierato con la squadra, aldilà dei fischi, giusti, post Wolfsburg. L'undici di campionato si differenzia in alcuni effettivi da quello sceso in campo giovedì. Il tecnico rilancia D'Ambrosio al posto di Campagnaro, mentre si va verso la conferma della coppia Juan - Ranocchia. A centrocampo di nuovo in scena Brozovic, con Medel e Guarin. Shaqiri migliora, con continuità, e Mancini pare orientato a lanciarlo nella mischia. L'alternativa è Kovacic, possibile staffetta tra i due. Podolski - bene nel finale col Cesena - a supporto di Icardi.
Mihajlovic conferma invece la Sampdoria ammirata nelle ultime uscite. Davanti a Viviano, De Silvestri, Silvestre, Romagnoli e Regini, a centrocampo la regia di Palombo e l'impatto fisico di Obiang e Acquah, davanti Eder, Eto'o e il possente Okaka. Muriel carta a partita in corso.