Preoccupazione, timore. L'Inter si risveglia il giorno dopo e l'alba non è accomodante. Il lunedì post Cesena è foriero di domande, dubbi. Mancini esce da San Siro a testa bassa, l'entusiasmo iniziale è ricordo lontano, anche la comunicazione assume toni differenti. In ogni sconfitta, Mancini si pone in testa al gruppo, predica calma e pazienza, evidenzia i "più" di un periodo troppo breve per tracciare bilanci. Dopo il Cesena, no. Solo un sentimento di delusione, frustrazione, per quanto visto, risultato e prestazione.
L'Inter non è Inter per 45 minuti, punita da un Cesena ordinato e nulla più, infilata per vie centrali, con una facilità disarmante. Andreolli e Ranocchia bucati da Defrel. Quando prende palla, Defrel, scatena il panico. Accelera e l'Inter traballa, San Siro trattiene il respiro. Una delle ultime della classe che con ordine mette in scacco l'Inter, che vorrebbe l'Europa principale subito. C'è qualcosa che non torna.
Il turnover è minimo, le bocciature evidenti. Importante risparmiare energie per quella che Ranocchia definisce "la partita della vita", giovedì col Wolfsburg, ancor di più mettere a segno un successo chiave per autostima e classifica. Ecco il perché dei pochi cambi. Brozovic e Podolski, dopo un buon impatto, stentano. Il rilancio di Dodò è obbligato, il campo da ragione a Mancini e alle continue rinunce all'ex Roma, balbettante.
Shaqiri garantisce più di Kovacic, molto di più. Un leggero problema muscolare toglie lo svizzero e sembra aprire la porta al croato. Accelerazioni, slalom, passaggi eleganti, la sensazione che il diamante sia di valore, che il talento non sia comune, resta purtroppo una sensazione, perché sulla partita non si allunga la mano di Kovacic.
La sorte difficilmente aiuta chi non si aiuta da sè. L'Inter del secondo tempo, con Podolski per Kuzmanovic, è rabbiosa, votata all'offesa, trova il pari subito, scuote il palo di Leali, attacca, a volte con poco senno. Tanti i palloni che transitano nell'area del Cesena, nessuno giusto per accendere le luci di San Siro. Gervasoni fischia, è 1-1. Resta la partita di volontà e classe di Icardi, resta la corsa di Palacio, resta la presenza di Handanovic, decisivo su Defrel in uscita, resta la ritrovata forza di Ranocchia, resta il moto perpetuo di Medel. L'Inter è questa, per l'Europa non basta.